La settimana scorsa, in un post provocatorio, alludevo al clima irreale che questo paese stava vivendo alla soglia di un appuntamento storico.
Veniamo per gradi agli eventi.
Venerdi 15 e sabato 16 (giugno 2012) mentre qui nelle grandi piazze si consumavano gli ultimi comizi-spettacolo, fatti appositamente per “mostrare muscoli” e programmi accattivanti (oramai anche il benessere sociale è soggetto al marketing, almeno nella sua fase programmatica) due fatti spiccavano su tutti. L’uno passato sotto il più totale silenzio e l’altro che invece era talmente assordante che, nelle ore serali degli ultimi comizi, è stato gentilmente chiesto di osservare una pausa per concedere anche ai greci di parlare.
Il primo fatto, tutto interno e riportato solo tempestivamente da alcuni quotidiani europei mentre qui è passato nel silenzio più assoluto, è stato la delibera e firma da parte del reggente governativo Pikrammenos (burocrate dello Stato da oggi tornato nell’abisso buio dove era stato pescato) di un mandato di acquisto per 13,5 milioni di euro per munizioni da carro armato. Munizioni provenienti da fabbriche olandesi, adatte all’uso sui carri acquistati in tempi recenti dalla Germania (ovviamente tutti acquisti spontanei e volontari). Nel frattempo la cittadinanza per accedere a qualsiasi farmaco deve pagarne il prezzo per intero in quanto i farmacisti non vendono più con il solo esborso del ticket. E ciò a patto che il farmaco sia reperibile perché orami molti, anche di comune utilizzo, sono completamente esauriti e non più forniti da case farmaceutiche straniere che non concedono più credito. Pur avendo avuto incarico dal Capo dello Stato di provvedere unicamente a svolgere un ruolo notarile e di rappresentanza, il pimpante vicario non si è voluto far scappare l’occasione di lasciare il segno. Una cosa sola ha fatto in questi 30 giorni ed una sola ne poteva fare. Quand’anche fosse stata una delibera necessaria per scadenza di termini (il governo precedente aveva di fatto già approvato l’acquisto il marzo scorso), aveva l’occasione di assurgere alle prime pagine dei giornali ed essere iscritto nei libri di storia per aver opposto fiero rifiuto vista la temporaneità del suo incarico e la natura della delibera del tutto contrastante con le esigenze del paese (che a quanto ci risulta non è in guerra dichiarata con chicchessia). E invece ha mancato la sua occasione di gloria asservendo una delibera che in questi frangenti considero infame.
Il secondo avvenimento è stato il roboante finale del martellamento intimidatorio e grottescamente terroristico che buona parte della stampa e dei media europei hanno prodotto o comunque, veicolato, nel tentativo di indirizzare le preferenze dell’elettorato, talvolta con fare veramente esagerato, come nel caso dell’intervento apparso sulla versione tedesca del Financial Times, che si è guadagnato la pubblica reprimenda per essersi dimostrato una palese ingerenza negli affari interni di uno stato. Opinione questa che da parte tedesca è stata rigettata in quanto di fatto la Grecia è, al momento, una loro colonia.
In questo clima ci siamo preparati all’evento domenicale dove circa 10 milioni di elettori avrebbero avuto la possibilità di andare ad esprimere il proprio parere in merito alla scelta di una compagine governativa che avrebbe dovuto traghettarli fuori dallo sfacelo terzomondista nel quale vive il paese.
Gli schieramenti politici, grossolanamente e servilmente etichettati dalla stampa europea come pro-euro ed anti-euro, di fatto erano suddivisi tra coloro che in modi più o meno pesanti avrebbero invocato la revisione dei due accordi siglati con l’Europa. In netta minoranza e relegabili di fatto alle due ali estreme del palinsesto politico del paese, il KKE, i comunisti di stampo prettamente sovietico e Chrysí Avgí, la compagine dichiaratamente filo-nazista, che invece, anche se con motivazioni diametralmente opposte, inneggiavano all’uscita dall’euro, dall’Europa e quindi al ritorno ad un ruolo di battitori liberi con propria moneta.
Le grandi differenze dunque consistevano nel tipo di modifiche che sarebbero state richieste dalle varie compagini o, quanto meno dalle più importanti tanto che, in questo senso, si venivano a delineare degli schieramenti trasversali: da un lato Nea Democratia (conservatori di destra) e il Pasok (centro sinistra) che chiedevano moderati interventi di “ritocco”, più che altro sui tempi di realizzazione del programma europeo sì da concedere così un poco di spazio alla ricrescita. Essendo i due partiti firmatari dei precedenti accordi non potevano evidentemente spingersi troppo nel rinnegare quanto firmato;
- dall’altro lato le altre compagini ovvero Siriza (sinistra radicale), Democratiki Aristerà (sinistra), Greci Indipendenti (centro destra) ed altre minori che poi non sono arrivate al quorum del 3% minimo richiesto per entrare in Parlamento, promulgatori invece di interventi molto più radicali tanto che, per amor di esemplificazione e spesso della consueta e studiata disonestà, i media europei hanno classificato come partiti “anti-euro” (disonestà perché sposando certe tesi politiche, la richiesta di rinegoziare i memorandum siglati era ed è sinonimo di rifiuto certo da parte della UE e quindi di conseguente uscita dall’Euro. Tale atteggiamento mediatico si chiama anche “disinformazione deliberata e preventiva”).
Con questo panorama disponibile quindi gli elettori si sono apprestati ad assolvere al diritto-dovere elettorale.
Fatto questo che, data la gravità delle condizioni del paese - su tutti sia esemplificativo il fatto che se non arriverà la prossima tranche di aiuti non potranno essere erogate pensioni e sussidi ai cittadini il mese prossimo di luglio - io avrei immaginato questa giornata come il dipanarsi di una coda lunga circa 10 milioni di individui che si dirama nei vari centri di voto per gridare, quasi fosse un’ultima occasione, il proprio volere attraverso il voto.
Ebbene, le votazioni sono avvenute ed il risultato più eclatante è che il 37,53% degli aventi diritto NON è andato a votare. Praticamente 3.735.015 cittadini NON sono andati alle urne, rappresentando così, quello degli Astenuti, il maggior partito politico di questo paese. La più alta percentuale di sempre per l’astensione. Rapportato al totale della popolazione (10.760.000 al luglio 2011), ben il 34,70% ha preferito altre soluzioni per l’utilizzo di quella domenica.
Vorrei fermarmi qui. E aspettare qualcuno che riesca a convincermi del fatto che:
- - la fisiologica presenza del fenomeno
- - la malattia
- - il soggiorno forzato all’estero
- - la disaffezione verso lo stato
- - la morte improvvisa
- - la mancanza di scelta politica
siano motivi sufficienti a giustificare una simile percentuale. E non invochiamo la solita scusa del “disamore verso la politica” che è una fregnaccia inventata da chi tutto vuol giustificare e da chi ha sempre - poi -un colpevole disponibile da gettare in pasto alla piazza.
Ben oltre un terzo della popolazione.
Qualcuno tra i rappresentanti di questo popolare partito in realtà l’ho già trovato, annidato anche tra le mie seppur limitate conoscenze. A loro, per quanto mi riguarda, è da oggi impedito lamentarsi, mettere in discussione le scelte altrui, criticare il governo e dare consigli politico-sociali a chicchessia fino alle prossime elezioni, a patto che vi partecipi. Questo credo sia il frutto - l’ennesimo non voluto - della “grassa democrazia” di cui ci siamo pasciuti fino a non molto tempo fa e, nel caso specifico di questo paese, forse anche la conferma di un genoma modificato da secoli di dipendenza che ormai porta evidentemente a pensare con una disarmante frequenza casistica che “comunque vada .. qualcuno toglierà le castagne dal fuoco”.
Con questo pesante fardello di parassitismo e qualunquismo il restante degli aventi diritto, seppure ignaro, si è recato dunque al voto producendo questo risultato: uno dei due partiti che hanno condotto il paese dalla caduta dei colonnelli ad oggi, Nea Democratia, è colui che ha raccolto il maggior numero di voti, ovvero il 29,66% del totale dei voti, pari al 18,52% del totale degli elettori. Ha di conseguenza ottenuto il bonus previsto dalla legge di 50 seggi che, unitamente ai 79 guadagnati lo porta in parlamento con 129 parlamentari. Non sono però sufficienti a governare, esercizio per il quale ne occorrono almeno 151 per cui il suo leader (Antonis Samaras) ha richiesto ed ottenuto l’alleanza del Pasok (l’altro partito con cui si sono alternati i governi degli ultimi 38 anni!!!) che ha invece con un 12,28% dei voti ottenuto 33 seggi. A loro si è unito l’altro piccolo partito di sinistra, Democratiki Aristerà, che con i suoi 17 parlamentari consentirà la formazione di un governo “forte” di ben 180 voti.
Tutti gli altri partiti, compreso Siriza che ben aveva ricevuto il 26,89% dei consensi, arrivando secondo per soli 170.565 voti in meno, eserciteranno il loro ruolo di oppositori avendo - almeno quelli interpellati dal futuro premier - rifiutato un presunto “governo di larghe intese” che, francamente avrebbe costituito la barzelletta nella barzelletta. Capire infatti come due partiti che da 38 anni sono in guerra politica aperta e senza esclusione di colpi, possano ritrovare un comune spirito di solidarietà per il cosiddetto “bene del paese”, credo che valichi ogni e qualsiasi vetta del trasformismo politico ma poiché ciò in un modo o in un altro avverrà, che serva di lezione a molti di coloro chesentono parlare di ideali politici. Oggetti questi, tra l’altro esistenti nei testi e nelle memorie dell’ars politica anche se oramai in avanzato processo di estinzione. Ma tant’è questa è l’unica strada che i risultati elettorali permettono di percorrere a meno che non si voglia procedere ad ulteriori elezioni cosa che non tanto l’Europa ma la decenza stessa ci impedirebbe.
Bene, l’altro risultato che si evince è che evidentemente l’alternativa proposta in primo luogo da Siriza (proposta che avrebbe innescato un duro braccio di ferro con certa Europa) non è risultata sufficientemente credibile e pertanto si è reputato scegliere il mal conosciuto a quello sconosciuto, anche se questo aspetto fortemente pesa il livello di astensione che sicuramente ha penalizzato maggiormente le tesi più “rivoluzionarie” che non quelle “conservatrici” in quanto queste ultime, più appartenenti ai “timorosi” che sono sicuramente accorsi a tentare di “arginare il caos”. Certo i due storici partiti quanto meno ben dovrebbero conoscere tutti i meccanismi che hanno portato alla situazione odierna essendone i principali artefici, così come è certo che entrambi, negli ultimi giorni prima del voto si sono aperti ad una revisione degli accordi che ad inizio della campagna elettorale neanche si sognavano. A questo si sono principalmente aggrappati gli elettori, riuscendo così anche a calmare l’animo per quel senso di colpa che in molti era stato indotto - senza dubbio alcuno -, dalla intimidatoria campagna europea.
Certo, lo spirito in tutta Europa dopo le recenti elezioni francesi ed il disastroso risultato della “cura” adottata con il malato greco (che ripetiamo NON governa autonomamente da oltre due anni ma anzi è sotto la stretta sorveglianza di una troika in sede stabile) è sufficientemente cambiato e pare adesso possibile che si possano adottare provvedimenti che tengano conto del fatto che se non si opera anche per far ripartire l’economia interna, poi è inutile chiedere pagamenti visto che le casse restano inevitabilmente vuote…. anche se questa strada sembra trovi ancora ostacoli da paesi che evidentemente della crisi non solo ne hanno risentito ma anzi, ci hanno guadagnato.
Altro non mettono in evidenza i risultati elettorali se non che si è trovato il prossimo capro espiatorio. Ben magra consolazione. Si è scelto probabilmente di non decidere ma solo di provare a diluire un destino che difficilmente potrà cambiare per come la popolazione si aspetta in tempi rapidi.
Non ho molta fiducia, indipendentemente dalle mie personali convinzioni, in questo governo fatto da due vecchi lupi che oggi si vogliono mostrare agnelli sacrificali al paese. Non ho fiducia in una Europa che ha voluto esercitare forti pressioni affinché uno degli artefici della rovina di questo paese venisse eletto, nell’intento evidentemente di poterci lucrare sopra ancora o, comunque, di deresponsabilizzarsi, attribuendo a mio avviso, molta più importanza alla vicenda greca di quanta in realtà ne abbia (anchecon il buon senso si arriva a capire come ad esempio una Spagna, nelle condizioni in cui è, potrebbe - cosa che certo non gli auguro – ritrovarsi in condizioni di dover fallire senza che la Grecia vi abbia niente a che vedere ….). Non ho molta fiducia infine in questo popolo che inizio a vedere, con animo profondamente amareggiato, contaminato da una percentuale di parassitismo che va al di là di ogni civile comprensione, che stravolge ogni e qualsiasi concetto di democrazia, che apre, anzi, la strada alle soluzioni forti.
Se e quando qualcosa succederà sarà comunque perché sia all’interno di questo paese che all’interno del consesso europeo, si sarà deciso di mutare atteggiamento e, conseguentemente, gli obiettivi.
Oggi il quadro della situazione, se non altro, è più chiaro. L’Europa che ha sostenuto questo voto e questi candidati dovrà conceder loro qualcosa perché gli stessi possano durare nel tempo senza essere scaraventati via in poche settimane dal popolo deluso e quindi, non ci andrà peggio. Né andrà peggio ad Italia, Spagna, Portogallo, per greche responsabilità perché se tutti i guru e vati europei hanno avuto ragione, con questo voto la Grecia,secondo i canoni del “sistema euro”, si incammina verso la ripresa e con essa tutti gli altri paesi dell’Euro e quindi l’Europa e quindi gli Stati Uniti e quindi anche la Cina e qualcun altro in odor di preoccupazione. Anzi la Grecia invita caldamente Italia, Spagna e Portogallo a non fallire perché altrimenti non solo potrebbero inficiarne la ricrescita ma, oltre tutto, dimostrerebbero di non aver capito nulla nemmeno sul facile terreno delle disgrazie altrui. La maggior parte dei media hanno intanto una volta di più dimostrato cosa sia l’indipendenza dell’informazione ed infine alla Grecia resterà, oltre all’incertezza circa la propria sorte a tutt’oggi nei fatti immutata, la consapevolezza di avere quasi il 40% del proprio popolo che preferisce non partecipare alle sorti del paese e quindi presumibilmente non contribuire alla ricrescita dello stesso laddove tale evenienza non coincida anche il proprio tornaconto. Gente che ha esercitato democraticamente il proprio diritto a non partecipare e che altrettanto democraticamente - per un ovvio meccanismo di causa-effetto – andrebbe privata dell’accesso ad ogni incarico e impiego pubblico fino a che non ottempererà al proprio dovere di Πολίτης (polites, cittadino), anche per rispetto nei confronti di coloro che assolvendo al diritto/dovere del voto si sono presi la responsabilità anche per loro.
C’è infine chi mi obietta che in mancanza di risultati eclatanti e rivoluzionari la giornata in realtà ben poco di storico abbia avuto. E qui sbaglia, preso oramai dall’abitudine tutta televisiva secondo la quale senza sangue, morti e rivoluzioni, non esiste evento.
Il fatto storico c’è stato eccome! Gli equilibri sono stati comunque stravolti all’interno del paese dove anche i più riottosi conservatori per ingraziarsi il voto sono dovuto venire a Canossa ed accettare di farsi interpreti di una negoziazione che di fatto sconfessa apertamente e duramente il loro operato anche recente. I rapporti di forza all’interno dell’Europa probabilmente subiranno delle variazioni. Certo la Grecia non potrà più oggi concedere in bianco la propria vita in pagamento come ha fatto fino ad adesso. A cosa è valso farlo fino ad oggi in fondo? E poi sono cambiati governi importanti come in Francia ed in Spagna stessa dove per quanto si sia tornati per l’ovvia alternanza della crisi, verso la destra, la stessa si mostra più accorta, più diffidente e meno disposta ad accogliere, seppur nella difficoltà, certi diktat dei quali qui invece, ne è stato fatto vergognoso abuso … ma anche per costoro sta, mi pare, cambiando leggermente il vento.
Vi sono pertanto tutti gli ingredienti necessari a fare di questa giornata elettorale una giornata da considerarsi spartiacque sia per il paese che, in parte (anche se molto francamente lo spirito europeista è talmente stanco e schifato oramai un poco dappertutto che quasi non varrebbe la pena menzionarla) anche per l’Europa.
Resta il nodo della indecorosa mancata partecipazione a questo evento. Ma qui ritorna il vecchio adagio di quando affermo sempre più convinto che “io sono la storia” volendo a questa affermazione dare tutto il sapore ed il gusto che trovo nel sentirmi attore partecipe di quanto mi circonda e non spettatore impotente. E questo nodo verrà in questo paese al pettine un giorno. E quel giorno presenterà un altro conto che, una volta saldato, farà della Grecia una matura democrazia.