Elezioni in Spagna: le condizioni di Podemos e Ciudadanos per gli accordi di governo
Da RottasudovestLa situazione spagnola ricorda i brevi giorni in cui l'irruzione del M5S aveva fatto sperare in una coalizione di centro-sinistra che isolasse Forza Italia e la destra e permettesse l'avvio delle riforme necessaria al Paese, da un'ottica progressista e non centrista, come è adesso. La differenza da quei giorni è che Podemos e Ciudadanos non hanno atteggiamenti di altezzosa superiorità e hanno decisamente intenzione di 'sporcarsi le mani'. Sia Pablo Iglesias che Albert Rivera, i leaders delle due formazioni, entrambi intorno ai 35 anni, hanno annunciato immediatamente le condizioni per iniziare il dialogo con PP e PSOE e per garantire la governabilità delle città e delle regioni spagnole.
Podemos, spiega El Pais, ha un obiettivo primario: espellere il PP dalle istituzioni. Un obiettivo condivisibile o meno, ma chiarissimo. Per Podemos PP e PSOE non sono la stessa cosa: il PP è il responsabile dell'impoverimento del Paese, avendo seguito pedissequamente le imposizioni di Bruxelles per il superamento della crisi economica, senza alcuna sensibilità sociale. Ed è responsabile dell'indifferenza con cui ha accolto i casi di corruzione che coinvolgono i suoi vertici e hanno decapitato la dirigenza del Partito a Valencia e alle Baleari: non una presa di posizione dura e intransigente contro i leaders corrotti, come Rodrigo Rato, non una legge che imponga trasparenza e pene durissime contro i corrotti e i corruttori. Niente. Non che Podemos sia tenero con il PSOE: Susana Diez, vincitrice delle elezioni in Andalusia, un paio di mesi fa, è ancora in attesa di insediamento, perché non chiede le dimissioni degli ex presidenti Manuel Chaves e José Antonio Griñán. coinvolti in casi di corruzione, così come esige la formazione di Pablo Iglesias per darle il via libera.
Due sono le condizioni imposte al PSOE per iniziare il dialogo: tolleranza zero contro la corruzione nelle città e nelle regioni che governeranno insieme, l'abbandono delle politiche di tagli, in favore della ridistribuzione della ricchezza e la fine degli sfratti nelle varie istituzioni che governeranno insieme. Condizioni difficili e problematiche? Per niente, nella Spagna indignada, che vede come fumo negli occhi la corruzione, l'indifferenza per il dramma di chi è stato impoverito dalla crisi e ha perso o sta perdendo la casa. La Spagna di Podemos è quella reale, non quella raccontata da Bruxelles o da Mariano Rajoy: non è affatto uscita dalla crisi economica.
Anche Ciudadanos, che è su posizioni più moderate, liberali in economia e progressiste nel sociale, pone condizioni per iniziare il dialogo con il PP e con il PSOE. Chiede un patto anticorruzione, che preveda primarie obbligatorie (di qui le difficoltà con il PP, che le rifiuta), una rigenerazione democratica, con liste aperte e limitazione degli incarichi, misure di coesione sociale, con una linea di finanziamento per le PMI e una riduzione dell'IRPEF. Accettabile, non accettabile? Di nuovo, sono misure che la classe media e indignada considera il minimo indispensabile.
Il PSOE sembra essere più disponibile alle esigenze delle nuove formazioni di quanto sembra esserlo il PP. Ma è anche vero che diverso è il risultato elettorale dei due partiti storici. Il PP è ancora sotto choc, perché ha perso il Governo di tutte le città e di tutte le regioni, che potrà avere solo se ricorre ad accordi, e, allo stesso tempo, è il partito più votato del Paese. A quest'ultimo dato si attacca, come un'ancora, per sottolineare che in fondo non ha sbagliato niente e che la direzione della sua gestione della crisi è stata quella giusta; nel partito, che deve ancora riunire i propri vertici per analizzare i risultati, sono poche le voci che chiedono un cambio e maggiore intransigenza verso la corruzione; lo stesso Rajoy, visto il risultato, si considera ancora il miglior candidato per le elezioni generali del prossimo autunno.
Il PSOE, che ha mantenuto le Asturie e ha riconquistato l'Estremadura e che ha recuperato numerosi capoluoghi dell'Andalusia e potrà arrivare a governare/sostenere governi delle principali città e regioni grazie agli accordi con Podemos, si trova a gestire la prima timida ripresa di fiducia degli elettori, dopo i disastri seguiti alla grande crisi post-Zapatero. Pedro Sanchez ha 40 anni, è quasi coetaneo di Pablo Iglesias e Albert Rivera, appartiene alla loro generazione, è il primo leader espresso dall'esigenza di cambio della società spagnole: trovare sponde che parlano di lotta alla corruzione, di maggiore trasparenza, di misure sociali per i più deboli, di primarie politiche, lo fa sentire come un pesce in acqua perché sono le stesse richieste del suo elettorato.
Le alleanze saranno più facili per Sanchez che per Rajoy, espressione della Spagna che le elezioni del 24M stanno cercando di espellere una volta per tutte. Il Paese vuole ed esige una nuova Transición: la Monarchia ha rinnovato la sua testa, il PSOE anche, l'elettorato si è espresso in modo chiaro, dando l'ago della bilancia ai giovanissimi Iglesias e Rivera. Manca solo il tassello del PP.
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