Elezioni in Spagna: Podemos e Ciudadanos spazzano via il bipartitismo

Da Rottasudovest
Le due principali città di Spagna, Madrid e Barcellona, avranno una guida femminile (a memoria, in quale altro Paese europeo le due principali città sono state amministrate da due donne?). I due nuovi movimenti, nati dal basso per protestare contro la politica, Podemos e Ciudadanos, hanno dichiarato immediatamente la disponibilità a negoziare con i grandi partiti sconfitti, secondo principi e promesse che hanno già entrambi dichiarato. La rivoluzione di Spagna è iniziata, ma il suo inizio non è nelle elezioni amministrative del 24 maggio 2015, che hanno spazzato via tutte le maggioranze assolute del PP e hanno dato i primi, timidi segnali di ripresa del PSOE.
L'inizio è nelle acampadas, che proprio a maggio, nel 2011, portarono all'onore delle cronache gli indignados. Da lì, da quelle istanze, da quelle richieste, dalle elaborazioni di quei giorni, è nato Podemos, che ha mano a mano preso forma di movimento popolare, che ha mantenuto intatta la propria indignación, che ha elaborato proposte di politica e di economia chiaramente di sinistra, mettendo in difficoltà il PSOE. Il leader di Podemos è un giovane intellettuale, il 36enne Pablo Iglesias, già professore universitario, conduttore di programmi televisivi e collaboratore di quotidiani di sinistra come Público: è lui il volto riconoscibile di un movimento formato soprattutto da giovani urbani, di cultura medio-alta, stanchi e disincantati dalla corruzione e dall'impunità dei vecchi partiti e disposti a scommettere sul nuovo, anche utopico, pur di dare una scossa alla Spagna. E' toccato a Iglesias dare una direzione a Podemos, stemperare le posizioni più radicali, captare simpatie e attenzione anche nell'elettorato più moderato, per rassicurarlo. Qualche giorno fa, in una delle ultime interviste della campagna elettorale, Iglesias si è smarcato da qualunque paragone con i grillini italiani. Ed è comprensibile.
Podemos non è un movimento personale, come è il Movimento 5 Stelle, in cui non si muove foglia che Grillo e Casaleggio non permettano. Soprattutto, Podemos aspira a cambiare la Spagna e aspira a farlo qui e adesso, senza aspettare il 100% (poi diventato 51%) dei voti. Non appena sono stati chiari i risultati elettorali, ieri sera, non appena è stato chiaro che a Madrid Esperanza Aguirre aveva sì vinto le elezioni a sindaco della capitale, ma aveva un solo seggio di vantaggio su Manuela Carmena, giudice emerito del Tribunal Supremo, candidata da Ahora Madrid, sostenuta da Podemos, è successo l'impensabile in analoghe circostanze in Italia: Podemos e PSOE hanno iniziato a parlare di un patto possibile, per governare insieme la più importante città spagnola.
Se, come sembra molto probabile, Podemos e il PSOE si metteranno d'accordo, Madrid e Barcellona saranno governate da Podemos. Manuela Carmena, possibile sindaco di Madrid, ha una carriera irreprensibile come giudice ai più alti livelli nazionali e internazionali; Ada Colau, il prossimo sindaco di Barcellona, il primo sindaco donna della città, è la signora della lotta contro gli sfratti, una delle donne più combattive e militanti che si siano viste in questi anni indignados, in cui migliaia di persone hanno perso la propria casa e hanno trovato protezione e aiuto nella Piattaforma contro gli sfratti guidata da Ada.
Due donne alla guida delle due città più importanti della Spagna. Due donne che hanno storie diverse, che provengono da culture e da generazioni diverse e che si sono ritrovate nella indignación, nella rabbia, nell'esigenza di dare una nuova direzione alla Spagna. Sono gli stessi sentimenti dai quali è nato, Ciudadanos, figlio politico di un'associazione catalana contro l'indipendentismo (ma non contro l'identità e l'autonomia catalani). E' guidato dal 35enne avvocato catalano Albert Rivera, entrato nella memoria collettiva per essersi fatto fotografare nudo nei suoi primi cartelloni elettorali, perché non aveva niente da nascondere.
Il rifiuto dell'indipendenza della Catalogna, la denuncia dei privilegi della casta, la lotta alla corruzione e all'impunità sono le principali caratteristiche di questo movimento moderato, che, pochi mesi fa, ha avuto l'intuizione giusta. Vista la grande crisi del PP, incapace di rispondere al ceto medio affogato nella crisi, e vista la crisi del PSOE, incapace di costruire un programma progressista attraente per l'elettorato moderato-progressista, Rivera ha visto l'enorme spazio che si apriva al centro per un movimento nuovo e immacolato come il suo e ha deciso di presentarsi alle elezioni in tutta la Spagna. Il primo risultato, in Andalusia, un paio di mesi fa, è stato incoraggiante. Ieri, alle regionali, la conferma: Ciudadanos è la quarta forza di Spagna e ha spazzato via UPyD, il partito moderato di Rosa Diez, che ha perso tutti i seggi che aveva. Anche Rivera ha fatto sapere subito che il suo partito non cercherà di governare nelle città in cui non ha vinto, quindi non ci saranno sindaci che non siano suoi per essere i più votati, ma è disposto a negoziare, senza mai rinunciare alle proprie condizioni e ai propri principi, con i partiti tradizionali, per garantire la governabilità.
Podemos e Ciudadanos chiedono una nuova politica, politici non coinvolti negli scandali di corruzione, la fine dell'austerità; a queste condizioni, sono pronti a trattare su programmi e contenuti.
La Spagna cambia volto, con prudenza, ma senza paura. Lo fa affidandosi non a comici in disarmo o a nullafacenti in cerca di identità, ma a professori universitari, a giovani professionisti, a gente che ha studiato, ha competenze, sa di cosa parla e cerca il cervello e non la pancia del proprio elettorato. Sul Canal 24 horas un sociologo spagnolo, adesso residente all'estero, sosteneva che quello che più lo sorprende, vivendo lontano dalla Spagna, è l'enorme maturità che l'elettorato spagnolo ha sempre mostrato in democracia. Vedendo la reazione prudente, pragmatica ed entusiasta di Pablo Iglesias e Alberto Rivera, e ricordando l'arroganza inconsistente di Beppe Grillo e l'atteggiamento becero di Matteo Salvini, sì, molto più maturi gli spagnoli, sia nell'incanalare la rabbia che nella scelta dei leaders da seguire.
Sarà interessante vedere, dai prossimi giorni in poi, le capacità di negoziato di Pablo Iglesias e di Albert Rivera e, soprattutto, le reazioni di Mariano Rajoy e di Pedro Sanchez, i leaders di PP e PSOE, colpiti in modo diverso dal rivoluzionario risultato elettorale. Per il PP è una batosta da 2,5 milioni di voti perduti, che si sono portati via tutte le maggioranze assolute delle città e delle Comunidades governate, costringendo ovunque a patti con Ciudadanos o, come a Madrid e a Valencia, all'opposizione, grazie a eventuali patti tra PSOE e Podemos. Per il PSOE è il primo segnale di ripresa, dopo le umilianti sconfitte degli ultimi anni: ha mantenuto le Asturie e riconquistato l'Estremadura, si è ripreso vari capoluoghi dell'Andalusia, potrebbe governare in molte città, grazie a possibili patti di governo con Podemos, e ha una certezza sottolineata da Sanchez, ieri sera: "La visione progressista della Spagna passa dal PSOE, noi siamo i leaders del cambio".
E se PP e PSOE (ma anche Bruxelles e Berlino, l'Unione Europea e la Germania!) non dovessero aver capito il messaggio, ci saranno le elezioni politiche, in autunno, a portare avanti la rivoluzione di Spagna.


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