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Elezioni in Spagna: vince Rajoy, ma c’è il rischio di non governabilità. “Podemos” è il terzo partito

Creato il 21 dicembre 2015 da Stivalepensante @StivalePensante

Dopo lo spoglio del 100% delle schede, il Pp del premier Mariano Rajoy vince le politiche spagnole, mentre si delinea un Parlamento frammentato in cui sarà difficile trovare una maggioranza. Podemos, terzo partito a livello nazionale, è il primo in Catalunya e nel Paesi Baschi: “E’ nata una nuova Spagna”. Il nuovo parlamento spagnolo si costituirà il 13 gennaio.

(Foto ©  EPA/LUCA PIERGIOVANNI)

(Foto © EPA/LUCA PIERGIOVANNI)

Rajoy e il Pp perdono la maggioranza assoluta in parlamento, con il 28,72% e 123 deputati su 350. Il Psoe di Pedro Sanchez arriva secondo con il 22,01% e 90 seggi, davanti a Podemos, 20,65% e 69 deputati, ed a Ciudadanos, 13,93 e 40 seggi. Per il Psoe è il peggiore risultato dalla fine del franchismo, per il Pp dal 1982. Izquierda Unida ottiene due seggi, e i vari partiti nazionalisti, che potrebbero rivelarsi decisivi per la laboriosa formazione di una maggioranza di governo, 26 (9 la sinistra repubblicana catalana, 8 la lista Dl del presidente secessionista catalano Artur Mas, 6 il partito nazionalista basco Pnv, 2 gli indipendentisti baschi di Bildu, 1 i nazionalisti delle Canarie).

Podemos, paese ha deciso cambio sistema. Alle politiche di ieri la Spagna ha deciso “un cambio di sistema” ha affermato Pablo Iglesias. Il leader di Podemos ha detto che “è nata una nuova Spagna”, sottolineando come il Psoe abbia ottenuto ieri il “peggiore risultato elettorale” dalla fine della dittatura franchista. Quello del Pp, ha aggiunto, è il peggiore dal 1982. Podemos, ha detto il numero due del partito Inigo Errejon, “sarà lo strumento politico fondamentale perché in Spagna si chiuda la porta alla corruzione e alla diseguaglianza”.

Sanchez, spetta a Rajoy tentare un governo. Il leader socialista spagnolo Pedro Sanchez, arrivato secondo, ha affermato che spetta ora al premier Mariano Rajoy, leader del Partido Popular, primo nelle urne, tentare di formare il nuovo governo. Sanchez si è congratulato con Rajoy per il risultato elettorale.

Il voto “storico” della Spagna, che alle politiche di ieri ha detto addio al sistema del bipartitismo al potere dalla morte del dittatore Franco, dando una vittoria fragile al premier Mariano Rajoy, rende a forte rischio la governabilità del paese. Il Partido Popular ha perso la maggioranza assoluta di 186 deputati conquistata nel 2011. Sulla base dei primi dati, la Spagna potrebbe dovere rinunciare definitivamente non solo alla comodità del bipartitismo – vince il Pp o il Psoe – che ha governato il paese dal ritorno della democrazia 40 anni fa, ma anche alla sua leggendaria stabilità politica entrando in scenari “all’italiana”. I risultati delineano infatti un quadro di difficile governabilità. Nessun partito ottiene la maggioranza assoluta.

E il risultato in seggi del Pp rende difficile un governo minoritario di Rajoy. O allora si dovrebbe fare ricorso a una qualche improbabile stampella di qualche deputato di piccoli partiti nazionalisti. Questa situazione complicata rischia di dare un ruolo senza precedenti al giovane re Felipe VI, che potrebbe dover mediare per nuove alchimie che consentano di evitare un ritorno anticipato alle urne. Una ipotesi che preoccupa gli ambienti finanziari, in un paese ancora in convalescente uscita dal tunnel della crisi più profonda dell’ultimo mezzo secolo. L’unica coalizione che matematicamente garantirebbe i 176 seggi è una “grosse-koalition” alla tedesca fra Pp e Psoe, già da tempo ipotizzata per garantire la stabilità del paese dall’ex-premier socialista Felipe Gonzalez. Lo stesso Rajoy venerdì per la prima volta non ha escluso categoricamente questa ipotesi.

Il nuovo parlamento spagnolo eletto ieri si costituirà formalmente il 13 gennaio prossimo, 20 giorni dopo che i risultati delle elezioni saranno stati resi noti ufficialmente, cioè mercoledì prossimo. L’investitura del nuovo presidente del governo, designato dal re, tradizionalmente interviene circa due settimane dopo la formazione del Congresso e del Senato. Le date più probabili, secondo la tv pubblica Tve, sarebbero fra il 25 e il 29 gennaio, salvo particolari difficoltà nella costituzione della nuova maggioranza. (ANSA)


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