A volte evitare di fare è più importante di fare, soprattutto se così si evita di fare cose sbagliate (a maggior ragione se queste sono anche dannose).
Ed è proprio questo uno dei metodi più efficaci per giungere alla mèta.
Sapere cos’è esatto, cos’è giusto fare, è importante, ma sapere cos’è sbagliato, cos’è giusto non fare, lo è ancora di più.
Ovviamente, procedere “per eliminazione”, sgombrando cioè il campo delle possibilità da tutto quello che non serve, che è sbagliato, che è dannoso, presuppone essere in possesso di una capacità fondamentale: quella di saper riconoscere ciò che non serve, ciò che è sbagliato, ciò che è dannoso.
Un classico esempio di applicazione del metodo “per eliminazione” è fornito dal sudoku.
In questo gioco infatti il numero (compreso tra 1 e 9) da mettere in ciascuna casella bianca lo si individua procedendo per eliminazioni successive: il numero giusto, quello cioè consentito dalle regole del gioco, lo si ottiene eliminando tutti quelli che non possono essere giusti, sgombrando cioè il campo delle possibilità da ciò che è sbagliato, da ciò che non è consentito (a proposito, il sudoku è un gioco di logica e non di matematica, come molti credono).
A volte nella vita ci sono situazioni in cui non riusciamo a trovare le parole esatte per esprimere una determinata cosa che abbiamo in mente, ma ciò non vuol dire che non siamo in grado di dire ciò che quella cosa sicuramente non è.
Un altro degli esempi che meglio illustrano che cosa voglia dire procedere per eliminazione è costituito dalle opere di Michelangelo, che non a caso amava dichiararsi artista del levare, piuttosto che del mettere.
Per Michelangelo l’opera era il risultato finale di un processo di sottrazione (del marmo che imprigionava, nel blocco, il soggetto che l’artista aveva in mente).
Si racconta che a chi gli chiese come avesse fatto a scolpire il David, Michelangelo abbia risposto: Ho semplicemente tolto tutto ciò che non era il David.