“Elisabetta. La regina che sposò la patria” – Riyoko Ikeda, Erika Miyamoto

Creato il 17 ottobre 2011 da Temperamente

Serializzato sulle pagine della rivista «Shukan Josei» e raccolto in un unico tankoubon con il titolo originaleErizabesu – Kuni to kekkon shita jyoou, nel 2006 Elisabetta è proposto presso il pubblico italiano da Yamato edizioni nella collana Grandi personaggi storici a fumetti.

I nomi delle due autrici sono una garanzia di successo: Riyoko Ikeda è celebrata in tutto il mondo perBerusaiyu no bara (meglio noto in Italia come Lady Oscar); Erika Miyamoto è degna erede della prima, dalla quale ha rubato lo stile gotico tipico degli anni Settanta, ma modernizzato e reso più pulito e semplice.

Lo spunto dato alla trama del manga è stato un successo cinematografico planetario del 1998, Elizabeth, primo capitolo di una trilogia del regista indiano Shekhar Kapur, con Cate Blanchett nel ruolo della sovrana Elisabetta I.

Il prodotto appare ben confezionato: il formato è poco più grande rispetto a quello tipico dei manga; la copertina riporta in scala di grigi l’immagine della sovraccoperta a colori; la rilegatura non è quella scadente comune ai fumetti nipponici prodotti in serie, che costringe ad aprire il volume a 360° e porta al distacco delle pagine; la carta è bianchissima e di ottima qualità. Forse il prezzo inibisce l’acquisto, ma la fattura potrebbe giustificare quell’ ‘euro 15,00’ stampato in quarta di copertina.

Le donne protagoniste sono le tipiche ikediane passionali e dall’eterno conflitto interiore tra passione/amore e il dovere.

Tuttavia Elisabetta. La regina che sposò la patria, non riesce a incontrare il mio favore di lettrice, né dal punto di vista contenutistico né da quello grafico.

Si è detto che questo manga non ha velleità di ricostruzione storica, non attenendosi ai fatti narrati nelle cronache e neppure pedissequamente alla trama del film di Kapur (qui assistiamo alla ‘cacciata’ di Caterina di Aragona e a parte dell’infanzia di Elisabetta). Per questo motivo verrebbe da domandarsi lo scopo del didascalico e a volte comico schema dei personaggi nella prima pagina del volume (la freccia che collega Maria I Tudor ed Elisabetta I riportante la dicitura ‘odio’ è penosamente riduttiva). Le autrici si sprecano, poi, in decine di note talmente dettagliate da essere in certi punti storicamente errate e allora il lettore – già stremato da fiumi di lacrime, coiti, sbrilluccichii, cori (o strani rumori di fondo?), urletti isterici, cornici floreali, sentimentalismo traboccante e  un’espressività marmorea di personaggi (tutto in perfetto stile shōjo) – torna a domandarsi se la Ikeda e la Miyamoto abbiano avuto sul serio la presunzione di dare un’impronta didattica alla loro opera.

L’apoteosi delle inesattezze storiche si raggiunge quando un’inquadratura su Piazza San Pietro a Roma – con una datazione ben precisa (1559) fornita da una delle note di cui sopra – mostra Via della Conciliazione (che, è noto, fu creata nel 1936) e l’Obelisco Vaticano (che venne posto nella piazza antistante la Basilica solo il 10 settembre1586).

Di seguito alcune chicche che mi hanno strappato non poche risate. Un Enrico VIII bellissimo, magro e bruno vestito come la fodera di un divano; la sfortunata Anna Bolena inspiegabilmente bionda; il cambio di pettinatura di Elisabetta, che dopo l’incoronazione passa dal parrucchiere e da liscia sfoggia d’improvviso una vistosa capigliatura riccia.

Elisabetta. La regina che sposò la patria è un manga che vanta sì due autrici di classe, ma che andrebbe tenuto ben separato dai fumetti di genere biografico, in cui viene compiuta una precisa ricerca iconografica e storica che qui evidentemente è mancata.

Consigliato a un pubblico poco interessato ai dettagli (e alla Storia), che vuol leggere solo belle storie d’amore e non riconosce altro genere fumettistico oltre al manga.

Angela Pansini

Riyoko Ikeda (storia originale, sceneggiatura, storyboard), Erika Miyamoto (disegni), Elisabetta. La regina che sposò la patria, Yamato edizioni, 208 pp., € 15,00


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