Elizabeth Strout
Olive Kitteridge2008
Valutazione: * * * * * (5/5)
Chi meglio di una scrittrice come Jane Austen poteva dirlo: esistono libri che ti rapiscono, e "Olive Kitteridge" è uno di questi. Ho divorato le sue 383 pagine in due giorni. Vincitore del Premio Pulitzer nel 2009, "Olive Kitteridge" è originale già nella forma: si tratta di un romanzo strutturato in tredici racconti, più che capitoli. Ognuno di essi ha un proprio titolo e un proprio protagonista, ma tutti sono collegati l'un l'altro, tanto da rendere la variegata realtà della cittadina di Crosby, nel Maine, un microcosmo delle relazioni umane e dei sentimenti più naturali, specchio dell'umanità intera. Il titolo dell'opera è dato dal nome della vera protagonista del romanzo, che li racchiude un po' tutti. Al di là dei numerosi personaggi, tutti cittadini di Crosby, si distingue pian piano, in maniera sempre più evidente, la signora Olive, un'ormai anziana insegnante di matematica in pensione, conosciuta da tutti, sia per la piccola realtà nella quale abitano, sia perché nella sua carriera ha insegnato a molti di quei ragazzi ormai cresciuti. Direttamente o indirettamente, è lei che si fa spazio tra le numerose personali vicende. Olive non è affatto una donna sdolcinata - sebbene sensibile -, ma è diretta, a volte dura, immediata: "essenziale"; i suoi sentimenti, cioè, sono puri, naturali, da "campagnola" - come si definisce ella stessa. La sua imperfezione la rende assolutamente reale e spinge il lettore ad amarla ancora di più, ad amarne ogni difetto e ogni insegnamento. La capacità dell'autrice di creare i personaggi e di descriverli in tutta la loro naturalezza e varietà è sorprendente, tanto da farli apparire persone reali. L'accurata maestria nel descrivere scene e personaggi, e nel riportare l'imperfezione della realtà è perfetta. Le pagine scorrono velocemente grazie ad uno stile piacevole, fluido, discorsivo, capace di tradurre in parole qualsiasi tema, dalla solitudine alla delusione, dalla paura alla speranza. Non mi sento di aggiungere altro, perché è un libro che parla da sé.
Ventidue anni, pensò, mentre ascoltava lo squillo del telefono; molti lo avrebbero considerato un tempo molto lungo, ma per Angie il tempo era grande e rotondo come il cielo, e cercare di attribuirgli un senso era come tentare di dare senso alla musica e a Dio, o chiedersi perché l'oceano fosse tanto profondo.