Elliott Erwitt – Personal Best; lo sguardo del fotografo sulla Laguna di Venezia

Da Ilnazionale @ilNazionale

19 GIUGNO – Tri Oci, tre occhi che, dall’Isola della Giudecca, scrutano e osservano il passaggio di vaporetti, yacht privati e navi da crociera nel canale omonimo e, oltrepassandolo, raggiungono Piazza San Marco con il campanile svettante e la cupola della Basilica che risalta alla luce del sole, come sempre gremita di turisti.

La Giudecca, questa lingua di piccole isole collegate tra di loro che si staglia tra il centro storico della città e la Laguna, è lenta e silenziosa; le persone al bar si godono l’ombra bevendo vino bianco, i cani passeggiano solitari su strade che conoscono a memoria, i gabbiani clienti abituali dei ristoranti vengono vicino ai tavoli a mangiare le molliche di pane dalle mani dei camerieri. La folla e il caos sono distanti, l’orizzonte accompagna lo sguardo lontano.  Abitata sin dal IX secolo, edificata nel corso della storia da palazzi aristocratici, chiese, conventi e splendidi giardini, durante il XX secolo appariva come un sobborgo popolare caratterizzato dalla presenza d’industrie di medie dimensioni, quali il Molino Stucky (attualmente ristrutturato e sede di un esclusivo hotel), la fabbrica di tessuti Fortuny e alcuni cantieri navali, entrambi ancora in attività.

Poco distante dalla fermata del vaporetto “Zitelle”, nessuna se ne abbia male, si trova un palazzo dalle caratteristiche finestre ogivali che si trovano al primo piano; è la Casa dei Tre Oci, appunto. Progettata e realizzata nel 1913 dall’artista Mario de Maria, rappresenta un bell’esempio di arte veneziana d’inizio ’900: ristrutturata recentemente dopo la sua acquisizione da parte della Fondazione di Venezia, ha riaperto nel giugno 2011 inaugurando l’attività di promozione artistica con la mostra Modernikon -Arte contemporanea dalla Russia.

Dal 30 marzo di quest’anno ospita il meglio dell’opera artistica di Elliott Erwitt condensato in 140 scatti in bianco e nero, scelti tra i più emozionanti e significativi. Fotografo membro della leggendaria agenzia Magnum (fondata nel 1947 da alcuni fotografi tra cui Henri Cartier – Bresson) Erwitt, dalla seconda metà degli anni ’40 ha immortalato volti, situazioni ed emozioni di un mondo, quello moderno, appena trascorso, di un’epoca vissuta tramite la narrazione di ogni mezzo di comunicazione ma che, a quanto pare, più di tutti ha prestato il volto alla fotografia e che, attraverso l’occhio di Erwitt ha ritrovato l’umanità che in tante occasioni sembrava persa.

Ci sono personaggi noti, nella galleria fotografica: c’è Marilyn Monroe rilassata mentre legge un libro, c’è Ernesto Guevara fiero e sicuro, c’è Jacqueline Kennedy che piangendo assiste al funerale del marito con la bandiera degli Stati Uniti piegata e tenuta in mano e c’è l’attuale coppia presidenziale della nazione americana, Barack e Michelle Obama, sorridente e vincente di fronte a un muro di macchine fotografiche e cellulari che imprimono l’attimo storico. C’è la Guerra Fredda nello scatto che ritrae Nixon a confronto con Kruscev, c’è la povertà, la disperazione, la vita quotidiana fatta di sorrisi, ritratti familiari, lavoro, matrimoni, concorsi, passeggiate agli Champs Elysée; c’è la guerra e c’è l’amore tra adulti, tra genitori e bambini.  Ci sono uomini e animali, ci sono i cani ritratti all’altezza dei marciapiedi, accanto ai loro padroni, di cui vediamo solo i piedi; sono entrambi allo stesso livello. Ci sono i panorami e le grandi città, l’America e l’Europa, il Monte Fuji, Roma,Venezia e la tragicità di Auschwitz.

Questo mondo in bianco e nero ci ricorda la storia appena trascorsa, osservata attraverso una lente sfaccettata che ci mostra ogni singolo aspetto dell’umanità, che ci strappa un sorriso, che ci colpisce, che ci fa riflettere e ci fa pensare ai rapporti tra le persone, ai diversi punti di vista, alle varie interpretazioni che di una situazione possiamo cogliere. Erwitt sembra essere sempre presente nell’attimo perfetto per immortalare uno scatto, a volte sembra imprimere la propria visione a una scena del tutto spontanea, sembra trovare nella quotidianità elementi e particolari che riescono a colpire la nostra attenzione, a suscitare in noi una riflessione. Non solo reporter quindi, ma anche artista che riesce a creare un’empatia tra se stesso e la realtà e, di conseguenza, tra i suoi scatti e il pubblico.

É interessante la sala dedicata alla partnership con il brand Jacob Cohen: il concept dell’attuale campagna pubblicitaria del marchio jeans si basa su due celebri scatti del fotografo (il piccolo terrier che salta da terra accanto al padrone – di cui vediamo solo i piedi – e l’immagine presa al Museo del Prado di Madrid – un gruppo di uomini che osserva il quadro de “La maja desnuda” di Goya e, accanto a loro, una donna che osserva “la maja vestida”). Queste immagini risalenti agli anni ’80 e ’90 sono state rivisitate e attualizzate da Erwitt, veicolando al meglio l’immagine dei jeans del marchio italiano.

La mostra è ben organizzata; entrando nella Casa dei Tre Oci si trova subito il bookshop che vende, oltre a pubblicazioni fotografiche molto belle, anche alcuni gadget tematizzati “Tre Oci”; le sale sono spaziose e ariose, permettono di gustarsi al meglio l’esposizione; dalle finestre che si affacciano sul retro del palazzo, si può ammirare un curatissimo giardino con bambù e ortensie e tetti rossi con comignoli allungati.

Questo gioiello architettonico d’inizio del secolo scorso si presta molto bene all’esposizione fotografica. Solo la vista del panorama, di Punta della Dogana e di Piazza San Marco in particolare e delle facciate dei palazzi che si rincorrono affacciandosi sul canale in generale, rapisce lo sguardo e distoglie l’attenzione. Al secondo piano la vista è bellissima, per un attimo silenzioso si ruba al caos e alla folla l’immagine della città lagunare.

Marta Cicolla


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