La Giudecca, questa lingua di piccole isole collegate tra di loro che si staglia tra il centro storico della città e la Laguna, è lenta e silenziosa; le persone al bar si godono l’ombra bevendo vino bianco, i cani passeggiano solitari su strade che conoscono a memoria, i gabbiani clienti abituali dei ristoranti vengono vicino ai tavoli a mangiare le molliche di pane dalle mani dei camerieri. La folla e il caos sono distanti, l’orizzonte accompagna lo sguardo lontano. Abitata sin dal IX secolo, edificata nel corso della storia da palazzi aristocratici, chiese, conventi e splendidi giardini, durante il XX secolo appariva come un sobborgo popolare caratterizzato dalla presenza d’industrie di medie dimensioni, quali il Molino Stucky (attualmente ristrutturato e sede di un esclusivo hotel), la fabbrica di tessuti Fortuny e alcuni cantieri navali, entrambi ancora in attività.
Poco distante dalla fermata del vaporetto “Zitelle”, nessuna se ne abbia male, si trova un palazzo dalle caratteristiche finestre ogivali che si trovano al primo piano; è la Casa dei Tre Oci, appunto. Progettata e realizzata nel 1913 dall’artista Mario de Maria, rappresenta un bell’esempio di arte veneziana d’inizio ’900: ristrutturata recentemente dopo la sua acquisizione da parte della Fondazione di Venezia, ha riaperto nel giugno 2011 inaugurando l’attività di promozione artistica con la mostra Modernikon -Arte contemporanea dalla Russia.
É interessante la sala dedicata alla partnership con il brand Jacob Cohen: il concept dell’attuale campagna pubblicitaria del marchio jeans si basa su due celebri scatti del fotografo (il piccolo terrier che salta da terra accanto al padrone – di cui vediamo solo i piedi – e l’immagine presa al Museo del Prado di Madrid – un gruppo di uomini che osserva il quadro de “La maja desnuda” di Goya e, accanto a loro, una donna che osserva “la maja vestida”). Queste immagini risalenti agli anni ’80 e ’90 sono state rivisitate e attualizzate da Erwitt, veicolando al meglio l’immagine dei jeans del marchio italiano.
La mostra è ben organizzata; entrando nella Casa dei Tre Oci si trova subito il bookshop che vende, oltre a pubblicazioni fotografiche molto belle, anche alcuni gadget tematizzati “Tre Oci”; le sale sono spaziose e ariose, permettono di gustarsi al meglio l’esposizione; dalle finestre che si affacciano sul retro del palazzo, si può ammirare un curatissimo giardino con bambù e ortensie e tetti rossi con comignoli allungati.
Questo gioiello architettonico d’inizio del secolo scorso si presta molto bene all’esposizione fotografica. Solo la vista del panorama, di Punta della Dogana e di Piazza San Marco in particolare e delle facciate dei palazzi che si rincorrono affacciandosi sul canale in generale, rapisce lo sguardo e distoglie l’attenzione. Al secondo piano la vista è bellissima, per un attimo silenzioso si ruba al caos e alla folla l’immagine della città lagunare.
Marta Cicolla