Elogio del bar

Creato il 12 novembre 2015 da Marcopress @gabbianone

L’enorme successo del post precedente – ringrazio i profeti che ne hanno colto la potenza diffondendolo inogniddove, l’immenso M.Z., che mi fa pure da avvocato difensore, e il semprepresente N.A., che sta viaggiando verso le 5mila nell’attimo in cui scrivo – conferma che il bar è luogo di cui possono parlare tutti, un po’ come il calcio. E, come sul calcio, qualsiasi vaccata può reggere.
Poi di calcio, e di bar, c’è chi possiede un database. E studia. E si applica. E non può sbagliare. Mai.
Ringraziando dei ringraziamenti di qualcuno della top ten – ho scroccato un’acqua, un paninetto, un calice di Merlot e un tostino, not so bad -, scusandomi con chi sta un po’ indietro, ma solo perché la versione “taglio” è una parte del suo tutto (il totale avrebbe meritato di più), e precisati i due unici criteri di scelta (le emozioni e il mio benessere), invito gli aficionados a entrare in un bar come si sale su un treno. Solo che sarà tutto più divertente.
Un incrocio di età.
Uno scambio di pensieri.
Parole.
Confidenze.
Omaggi.
Arrivederci, torno, tornate.

Qualche anno fa, a qualcuno è venuta l’idea di spruzzare della polvere di cacao nel cappuccino. Come se il cappuccino così com’era non bastasse più. L’idea si è diffusa rapidamente. Dopo poco tempo, quando abbiamo ordinato un cappuccino, il barista ha cominciato a chiederci: un po’ di cacao?, con una specie di saliera obesa in mano, già in posizione, e bastava un cenno di assenso per veder ruotare l’angolazione di pochissimo e una spruzzata di cacao sarebbe piovuta sulla schiuma del nostro cappuccino. Io ho sempre risposto: no, grazie. Mi piaceva il cappuccino così com’era (mi bastava, appunto). Ma è evidente che siamo stati in pochi a dire no, visto che questa storia della spruzzata di cacao è dilagata come un’epidemia vertiginosa. A tal punto che è diventata un automatismo. Se vai in un bar e chiedi il cappuccino, te lo fanno e ti spruzzano il cacao dentro. Senza più chiedertelo. Sei tu che devi dire che lo vuoi senza cacao. In poco tempo, l’evoluzione della polvere di cacao nel cappuccino è stata la seguente: prima non la mettevano; poi hanno cominciato a chiederti se potevano metterla; adesso devi essere tu a dire che non la vuoi. Sei costretto a stare in allerta fin dal primo momento, a non parlare più con nessuno fino a quando il cappuccino non sia stato servito senza cacao, come richiesto – altrimenti vale la legge del silenzio-assenso. Non puoi più fare colazione un po’ assonnato, perché ti ritrovi la polvere di cacao nel cappuccino.
Quando accade, me lo faccio sostituire; ma non basta.
Mi innervosisco, la giornata parte male; mi viene una tensione muscolare dovuta al sopruso che fatico a sciogliere nelle ore successive. Chiedo con aria truce se per caso avevo chiesto il cacao, perché non mi sembrava di averlo chiesto. E vorrei dire: siete andati troppo in fretta, non tenete conto di chi fa qualche resistenza. Non tenete conto di me.
Francesco Piccolo, La separazione del maschio