Vittorio Sgarbi passerà alla storia e questo è indubbio. Il ”capra-capra-capra” scorre nel linguaggio comune di tutti i giorni, cristallizzato nella memoria di tutti noi indelebilmente, volenti o nolenti. Non si fa mancare un’ occasione il Vate dell’ insulto e così, da copione, a “Radio Belva” (trasmissione di RETE 4 nata e, quasi simultaneamente, morta il primo giorno di messa in onda) ha arricchito la già ingente eredità a noi destinata con ulteriori chicche, tra cui impossibile non citare “ti piscio in testa”.
Il politicamente corretto è una piaga della società: nasconde le diversità, soffoca il dubbio, uccide l’indagine. Bisognerebbe prendere le distanze da chiunque si indigni per una parolaccia, dai fautori del progressismo sociale tramite il “diversamente” anteposto ad ogni parola ( diversamente vedente, diversamente abile, diversamente sessuale), da tutti quei politicamente corretti convinti di sconfiggere la discriminazione e le ingiustizie con un’ egalitè lessicale, dai violentatori della lingua italiana in nome di un melting pot in cui neanche credono.
Detto questo, non tutto ciò che è diverso da quanto sopra descritto è politicamente scorretto. C’è una terra di mezzo tra i due estremi che credo stia diventando patria del più recente conformismo: dire necessariamente qualcosa di sconveniente, condire le frasi con qualche insulto, lanciare qualche offesa fine a se stessa, tutti requisiti per dire qualsiasi cazzata ma col patentino dell’intellettuale indipendente e coraggioso. Manciate di becerismo da quattro soldi, che tuttalpiù possono far fare quattro risate, diventano simboli di un pensiero controcorrente, di riflessioni audaci contro l’opinione comune.
No, il politicamente scorretto è arte, ed è un’arte difficile. E’ la provocazione non fine a se stessa ma che conduce alla riflessione su ciò che per noi è dogma, è la frase fastidiosa che si insinua nei nostri pensieri, ci turba e allo stesso tempo ci attrae, se fa ridere non sfocia mai nell’umiliazione pubblica. Il politicamente scorretto svela con lucidità i perbenismi quotidiani di cui siamo assuefatti, mette a nudo le ipocrisie delle nostre coscienze.
Il provocatore, quello vero, non è la becera cassa di risonanza del mal di stomaco sociale, ma è colui che depone tra le nostre idee il malefico tarlo del dubbio.