Sempre che si tratti, è ovvio, di editori intelligenti, coraggiosi, innovativi. Che amano il loro lavoro, che sanno che i libri non sono solo dei prodotti da piazzare. Che difendono la loro impresa – uso questo termine per richiamare sia gli obblighi dell'economia che il senso dell'avventura – sicuri che in primo luogo si tratta di difendere un'identità.
I libri della Sellerio erano in realtà i libri di Elvira Sellerio. E oggi mi manca Elvira Sellerio, una donna che non ho mai incontrato di persona, ma che credo di aver conosciuto attraverso le sue scelte editoriali.
Proprio domenica scorsa, una domenica piacevolmente oziosa, ho indugiato a lungo su tutti i libri della Sellerio che anno dopo anno ho acquistato (sono fatto così, nella mia libreria i titoli sono ordinati per casa editrice). In particolare di quella fantastica, immensa, imprescindibile collana che è La memoria: quei piccoli grandi libriccini che sono una macchia di blu, con la carta vergata e la riproduzione di una pittura al centro della sovraccoperta. Una gioia solo a guardarli.
E quello che c'è dentro poi, perché non è solo eleganza. Spesso con loro in libreria sono andato sulla fiducia, confidando sulla scoperta: un marchio di qualità.
Ed è in questo modo che nella mia vita sono entrati Gesualdo Bufalino e Andrea Camilleri, due nomi per andare sul sicuro, perché poi non si contano i viaggi che ho fatto grazie a queste pagine: sono stato alle Azzorre con Antonio Tabucchi e a Sarajevo con Adriano Sofri, sulla strada di Sintra con due autori portoghesi che mi sa oggi non dicono niente a nessuno e nell'antica Grecia con Aristotele che si improvvisa detective.
Domenica guardavo quell'esplosione di blu, due scaffali pieni. E mi sono detto: per loro devo trovare altro posto.
E anche questo è un modo per essere grati.