ELYSIUM (Usa 2013)
Sono già passati quattro anni da quando il regista sudafricano-canadese Neill Blomkamp lasciava tutti a bocca aperta con District 9, semicapolavoro di fantascienza politica dai risvolti sociali per nulla scontati. Con Elysium siamo ancora più o meno da quelle parti, in quanto a pretese metaforiche del genere “vi parlo del futuro ma in realtà del nostro presente”, ma il risultato è decisamente meno brillante.
Il fatto è che questo film presenta il solito, grande difetto della maggior parte delle attuali pellicole di fantascienza, l’odiosa caratteristica di essere composto da venti minuti di racconto e un’ora e mezza di botte da orbi. Che francamente, ma magari sono prevenuto, trovo sempre tutte uguali e prevedibili, dal punto di vista sia coreografico che narrativo (alla fine il cattivo muore anche se in un primo momento sembrava imbattibile: cose così, un po’ scontate). Sia chiaro, non siamo ai livelli di un Oblivion o di un Pandorum, per quanto la vicenda alla fine non sia poi così diversa: Blomkamp è un regista con la R maiuscola, le sue cose le sa fare bene e via dicendo. Però, come dire, alla fine è sempre la solita solfa: c’è un futuro distopico in cui i ricchi stanno da una parte e i poveri dall’altra, un morto di fame che un tempo era un delinquente ma che in fondo è una brava persona (il solito Matt Damon), un politico senza scrupoli (Jodie Foster), un villain pazzo e violento (Sharlto Copley), una ragazza tanto buona quanto inutile (Alice Braga) e l’immancabile lieto fine. Dov’è la sorpresa? Dov’è il guizzo d’autore capace di lasciarti a bocca aperta? Dov’è l’anima del film? Difficile scovarla, in mezzo a tutti quei sofisticatissimi effetti speciali che, come tutti i sofisticatissimi effetti speciali da (almeno) Matrix a questa parte, lasciano decisamente il tempo che trovano. La caratterizzazione dei personaggi, poi, che rappresentava uno dei punti di forza del film precedente, qui sembra abbozzata a casaccio, in maniera svogliata e con fortissime dosi di luogo comune: più che personaggi, i protagonisti di questo film sembrano dei banalissimi “tipi umani”, privi di un qualsiasi spessore narrativo.
Se District 9, mutatis mutandis, era il Moon di Neill Blomkamp, Elysium è il suo Source Code meno riuscito.
Alberto Gallo