Oggi si celebra la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. A mio parere un po' troppo vicina alla Giornata internazionale dell'uomo, che si è celebrata lo scorso 19 novembre. A chi fosse sfuggito, quest'ultima ricorrenza, importata a caso da un'usanza di Trinidad e Tobago, ha il compito di rivendicare l'importanza di essere uomo in un mondo come il nostro. Una sorta di Festa della donna al maschile. Probabilmente a Trinidad e Tobago le cose stanno in maniera diversa rispetto al nostro piccolo mondo occidentale. Almeno me lo auguro. In ogni caso diversi media hanno dato eco a questa festa, di cui non se ne sentiva la necessità. Almeno non in misura maggiore della necessità di avere una festa del triciclo, o dei pesci rossi, o delle ostriche da allevamento. Certo, ogni categoria ha i suoi problemi, ma ad un certo punto dobbiamo pure fare delle scelte, no? Non si può mica essere sempre in festa.Per fortuna, almeno per quest'anno, la risonanza di questa giornata non ha avuto la forza di oscurare la celebrazione di oggi. Per fortuna c'è ancora chi ritiene che la violenza sulle donne sia un problema più grave dei diritti dell'uomo (con la u minuscola). Ovviamente il grosso delle celebrazioni e degli interventi consisteranno nell'evidenziare usi e abusi che in molti angoli del mondo si fanno delle donne. Molti di questi angoli di mondo sono lontani dal nostro. Io non ho dovuto subire mutilazioni genitali. Mia madre non ha dovuto abortire perché aspettava una femmina. Non mi è stato negato il diritto allo studio. Ho il diritto di voto. Non devo indossare nessun abito che copra i capelli, che copra il viso o che mi copra tutta. Non mi devo nascondere. Non rischio la lapidazione. Sono libera di condurre la mia vita come può fare un uomo. Eppure. Eppure cosa? Niente, eppure le cose non funzionano lo stesso. Eppure la Giornata contro le violenze sulle donne ha un senso anche in Italia. Mi piacerebbe poter dire di questa ricorrenza le stesse cose che ho detto per la festa dell'uomo. Mi piacerebbe poter dire: "Cheppalle ste feste: sono la solita operazione commerciale...che bisogno c'era di fare tanto casino su queste cose...ti pare che le donne hanno pure bisogno di una loro ricorrenza, nonostante la bella vita che fanno...pensiamo piuttosto agli animali abbandonati sulle autostrade". Sì, mi piacerebbe. Ma di cose ancora da sistemare ce ne sono molte, tanto che, da metà settembre a oggi ho potuto scriverci su 72 post. E tutti su argomenti sui quali era possibile anche riderci su. Voglio dire: non ho mai parlato di stupri, di omicidi, di violenza. Altrimenti i post sarebbero stati molti di più. 72 post sui piccoli dettagli quotidiani che rendono grande la disparità tra uomini e donne. I dettagli sono importanti però, perché spesso da lì inizia a crearsi un baratro poi difficilmente sanabile.
Ecco, c'è un altro dettaglio di cui vorrei parlare, in linea con la filosofia minimal di questo blog. E lo apprendo da Repubblica proprio nell'articolo sulla Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Il dettaglio è il luogo comune in cui molti distratti incappano, secondo il quale, in una società in continuo progresso, nel benessere economico, nell'alto grado di istruzione, in un tessuto sociale che favorisce l'emancipazione delle donne, si crei una sorta di immunità dalle violenze, una specie di campana di vetro che ci protegge dalla barbarie tipica di altre culture o di altri angoli di mondo. Qualche distratto pensa che gli stupri li fanno gli immigrati (con l'espressione "Stuprano le nostre donne", che mi suona tanto come "Il lupo si è mangiato le mie galline"), per esempio. Bene, in questo articolo ci sono i dati, nero su bianco, che ci raccontano il contrario. Che, senza andare molto lontano nelle differenze tra mondi lontani, ma restando anche soltanto nel confronto tra Nord e Sud Italia, la percentuale più alta di violenze contro le donne avvengono soprattutto al Nord. In maniera direttamente proporzionale alla spinta all'emancipazione femminile. Questo non giustifica la situazione al Sud, ovviamente. Anzi. Sembra che lì le cose siano diverse proprio perché le donne non hanno ancora raggiunto gli stessi livelli di libertà di comportamento. Quando li raggiungeranno, le percentuali saranno identiche. Prevengo i soliti polemici, specificando che non parlo dei soliti stereotipi romanzati di Nord e Sud, ma dei famosi dettagli. Per esempio il dettaglio di pensare di poter lavorare a tempo pieno, non stirare le camicie al marito e uscire con gli amici. Chiarito questo, le donne picchiate, maltrattate, molestate, umiliate, uccise, sono nella maggior parte vittime di uomini italiani. Istruiti. Benestanti. Ma non uomini sconosciuti: sono gli stessi mariti, compagni, fidanzati, ex fidanzati o parenti. In sintesi, "La violenza si scatena quasi sempre quando le donne cercano di sottrarsi al tradizionale ruolo di sottomissione, quando vogliono porre fine a un rapporto, o quando vogliono la separazione". Le donne del Nord, "quando dicono 'No' alla subalternità" la pagano cara. E allora, non sarebbe forse meglio contrattarla in anticipo questa subalternità? Non sarebbe forse meglio chiarire subito chi farà cosa, come e quando in famiglia? Non sarebbe meglio conoscere in anticipo tutti quegli insignificanti dettagli che discriminano? A questo punto, mi viene anche spontaneo incrociare questi dati con quelli relativi allo svolgimento delle faccende domestiche in Italia. Ne avevo parlato nel post "Family life". I dati più confortanti (anche se lontani dalla perfezione) sulla paritaria suddivisione dei compiti domestici venivano proprio dal Nord Italia, dove la donna lavora, è laureata e benestante. Insomma, il target perfetto per subire le violenze da uomini che, evidentemente, non sono per niente contenti di tutta questa parità.
Una volta, le donne erano spesso "cornute e mazziate", oggi, grazie al progresso della società civile, possono essere "emancipate e mazziate". Ecco, direi che c'è bisogno ancora per un po' della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
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