Emanuele Manco: I Daimon di Pandora

Creato il 06 giugno 2014 da Martinaframmartino

Di Emanuele Manco avevo già letto il racconto Per sempre giovani, contenuto nell’antologia 365 racconti sulla fine del Mondo. Non solo, sul suo sito (http://www.emanuelemanco.it/) ci sono i link a diversi racconti che ha scritto e pubblicato negli anni scorsi. Sono tutti testi brevi e si leggono in pochissimo tempo. Io mi sono divertita a farlo, e non credo che sia solo il fatto che Emanuele è un mio amico a farmi scrivere queste parole.
Un po’ ci sono i rimandi, è ovvio che leggere La Falce e il Martello sul sole non può non far pensare all’Uomo nell’alto castello di Philip K. Dick, anche se né io né Emanuele abbiamo la pretesa di paragonare il suo testo a quello di Dick. Ed Emanuele, non dimentichiamolo, è colui che mi ha spinta a leggere Wanted di Lavie Tidhar (e questo è il mio commento: librolandia.wordpress.com/wanted/).
Il racconto che mi è piaciuto di più è anche il più lungo, Il meccanico quantistico. Non è che io abbia chissà quali conoscenze di matematica, anche se al Liceo me la cavavo bene, ma una certa familiarità con la materia ce l’ho. Non per nulla ho un fratello laureato in fisica, il cui passatempo mentre preparava gli esami era scrivere poesie insieme agli amici intitolate Quanti raggi cosmici stasera o roba del genere. E da un bel po’ il cucciolo di famiglia è il gatto di Schrödinger, con il quale siamo giunti a un accordo: quando vuole che gli porti da mangiare deve solo uscire dalla scatola. Così io non sono troppo impegnata e riesco a occuparmi di tutte le altre cose che devo fare, tipo leggere i malloppazzi di Robert Jordan il quale, quando gli ho chiesto come poteva un fisico essere approdato alla narrativa fantasy, mi ha risposto che una mente che riesce a capire e accettare il gatto di Schrödinger è una mente perfetta per il genere fantasy.
Il gatto, Emanuele, mio fratello, Jordan e io a quanto pare andiamo tutti d’accordo, e quel racconto mi ha fatta ridere. In quei racconti ho trovato un pizzico di fantascienza, fantasy, horror o anche di mitologia e una situazione concreta, banale se non fosse che nella realtà che lui narra c’è qualcosa che non è presente nella realtà che conosciamo noi.
Nessuno di questi testi è un capolavoro, ma tutti sono piacevoli da leggere. Certo, non tutti hanno in casa gatti che vivono sempre dentro una scatola o sono amici dei miei amici, quindi perché dovreste leggere I Daimon di Pandora?
Cominciamo dall’autore. Emanuele Manco è il curatore di FantasyMagazine, e per questa sua attività quest’anno ha vinto il Premio Italia (www.fantasymagazine.it/premio-italia-en-plein-per-delos/). Premio a mio giudizio più che meritato. Non solo non si è mai offeso per le critiche che ho mosso alla sua prima recensione, quando ancora non ci conoscevamo e lui era appena entrato in redazione, ma le ha pure usate in modo costruttivo. Dal canto mio io credo di aver imparato a comportarmi un po’ meno da schiacciasassi, e il nostro rapporto ne ha guadagnato parecchio.

Ma avete idea di quanto lavoro faccia quest’uomo? Voglio dire, io fatico a star dietro alla sezione recensioni (una o due recensioni alla settimana) e a scrivere il mio bravo articolo alla settimana, e lui scrive quattro o cinque volte tanto quel che scrivo io e cura pure tutto il giornale. Va bene, sul blog sono più assidua io, ma FantasyMagazine è una cosa più seria. Lì per esempio non mi permetterei mai di scrivere come faccio qui, parlando della mia vita, rivolgendomi direttamente ai lettori e saltando allegramente di palo in frasca. In più Emanuele cura anche Effemme, di cui dovrebbe uscire a breve il nono numero.
Siccome non aveva abbastanza impegni ha dato il via alla serie Urban Fantasy Heroes. Ha scritto il primo racconto e ora si occupa della revisione dei testi che gli sono arrivati e che, se li ritiene adatti, continueranno la storia. Che voglia! Qualche volta (non sempre) io ho fatto parte della giuria che ha scelto il racconto per Effemme, e l’ho sempre trovato un impegno molto pesante. Può anche capitare di leggere dei bei testi, ma i bei testi hanno la brutta abitudine di essere la minoranza.
I Daimon di Pandora mi ha fatto ridere. C’è Emanuele in quel testo, e per chi lo conosce questo è più che evidente. Il modo di chiamare il programma che non vuole funzionare, il bucolocale (lui ci ha abitato davvero, anche se io non l’ho mai visto), il lavoro temporaneo in un call center, la descrizione di Milano. Per i non milanesi segnalo che Luini, citato di sfuggita come ubicato in via Santa Radegonda, è il forno che fa i panzerotti più famosi di Milano. Ogni vero milanese ha fatto tappa lì almeno una volta nella vita. Anche più di una, quando si bigiava la scuola con la scusa della manifestazione e poi non si andava in manifestazione. Quanto al Jinn, io non posso non pensare al Bartimeus di Jonathan Stroud. A proposito Ema, hai letto la trilogia di Stroud? Se non l’hai ancora letto fallo, è divertentissima. E lo stesso consiglio vale anche per tutti i miei lettori che non si chiamano Emanuele.
La storia è breve e si legge in un attimo. Ha un buon ritmo, non si perde in dettagli inutili e per chi conosce i luoghi dà un piacevole senso di familiarità che rende tutto più concreto. Poi io non capisco un accidente di informatica perciò ci sono commenti che non sono in grado di capire, ma questa mia deficienza (di conoscenze, cosa avevate capito?) non mi ha impedito di seguire la storia e di apprezzare tutto il resto. Non un capolavoro, e anche il suo autore lo sa, ma un modo piacevole per rilassarsi un po’ e sorridere di questo nostro modo a volte troppo serio.

Vi ricordo anche il link per leggere il primo capitolo: http://www.fantasymagazine.it/anteprime/21148/urban-fantasy-heroes-i-daimon-di-pandora/



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