Via La Marmora angolo Vico Martini fine 1970…il rubinetto …quanta gente si riforniva li …con bottiglioni e “Marigas”
Foto di Beppe Manzo
Troppo cloro, acqua vietata
Emergenza a Cagliari, Quartu e in 5 Comuni dell’hinterland – Vietato bere e cucinare per 12 giorni ma non c’è pericolo per la salute
Usatela per tutto, compresa la doccia, ma non per bere o cucinare. L’indicazione, perentoria, è contenuta in un’ordinanza firmata ieri in tutta fretta da sette sindaci del Cagliaritano (capoluogo compreso) e riguarda l’acqua che sgorga dai rubinetti. È inquinata, quell’acqua, e probabilmente lo sarà per quasi due settimane: fino al 24 febbraio, per la precisione, a meno che l’Enas (è il nome attuale dell’Ente autonomo del Flumendosa) non riesca a risolvere il problema più rapidamente. Per bere e per cucinare, dunque, non resta altra possibilità che la minerale in bottiglia, oppure i bidoni riempiti con l’acqua che esce dai rubinetti dei Comuni che non sono nella lista nera (provvisoria) diffusa da Abbanoa e dall’Asl di Cagliari.
I COMUNI Riguarda Cagliari, Quartu, Quartucciu, Selargius, Monserrato, Elmas e Maracalagonis , il divieto di dissetarsi e cucinare con l’acqua di rete entrato in vigore ieri mattina, dopo che le analisi chimiche compiute prima da Abbanoa e poi dall’Asl hanno accertato che il livello di cloriti è, anche se leggermente, superiore ai limiti massimi consentiti dalla legge. Nei territori di tutti gli altri Comuni, senza alcuna eccezione, l’acqua continua a essere perfettamente potabile e ogni voce che sostiene il contrario (qualcuna, circola da ieri pomeriggio) è semplicemente falsa.
IL PROBLEMA Perché nell’acqua c’è troppo cloro, al punto che non possiamo berla o cucinare? Non per errore, ma per scelta obbligata dal rispetto delle normative sanitarie. I sette Comuni – non uno di più, non uno di meno – in cui l’acqua non sarà potabile per una dozzina di giorni sono serviti da una condotta idrica che arriva dal bacino del Mulargia: su quella linea l’Enas sta eseguendo lavori urgenti, che richiedono molto tempo. I suoi tecnici sono all’opera nella centrale di Uvini, quindi la fornitura dal Mulargia è di fatto interrotta. A quel punto, lo stesso ente si è trovato di fronte due scelte: tenere centinaia di migliaia di persone con i rubinetti a secco per due settimane oppure fornire ad Abbanoa l’acqua da un altro bacino, quello del Cixerri, dove però la carica batterica è eccessivamente alta a causa della contaminazione da scarichi fognari. Dunque, così com’è, quell’acqua non può essere distribuita nella rete idrica, nemmeno se accompagnata da ordinanze che ne limitano l’uso.
LE ANALISI Per sterminare i batteri l’unica soluzione è utilizzare il cloro, come sempre si fa, ma stavolta in dosi più massicce. È esattamente ciò che Abbanoa ha fatto negli impianti di potabilizzazione, pur sapendo che il problema si sarebbe ribaltato: ora i livelli di contaminazione da batteri dell’acqua prelevata dal Cixerri sono rientrati nei valori di legge, però sono superiori ai limiti quelli dei cloriti. Poca roba: le analisi eseguite nelle scuole di via Palermo a Quartu, ad esempio, indicano un valore di cloriti pari a 1,04 milligrammi per litro, contro un limite di legge pari a 0,7. Ancora più bassi i valori dei prelievi fatti in via Ales a Quartucciu: 0,84, ma pur sempre sopra i limiti.
LE ORDINANZE Questi dati rilevati da Abbanoa (che immette nella rete l’acqua ricevuta dall’Enas) sono stati confermati dalle analisi dell’Asl, così la stessa Abbanoa ha fatto partire le segnalazioni ai Comuni serviti dal Mulargia, da dove l’acqua non può più arrivare per dodici giorni. La legge prevede che siano i sindaci a firmare le ordinanze, ma di fatto è un atto dovuto. Dunque, in quelle sette località l’acqua non si può bere e non può essere utilizzata per cucinare, ma tutto il resto si può fare, compresi doccia e lavaggio di frutta e verdura. Per gli amanti delle frasi fatte, «è vietato l’utilizzo dell’acqua per scopi alimentari», e tutto il resto è consentito. Compreso arrabbiarsi perché il divieto durerà a lungo.
Luigi Almiento