23 gennaio 2014 di Redazione
di Nicolino Sticchi
Le preoccupazioni che, nel Salento ed in particolare in alcune aree della Provincia di Lecce, il tasso di mortalità per neoplasie polmonari sia superiore a quello di altre realtà pugliesi, ha portato alcuni amministratori locali, regionali e provinciali ad adottare: protocolli d’intesa, come ad esempio quello disposto dal Sindaco di Sogliano Cavour, con finalità di ricerca delle cause dei tanti morti per tumore nella zona di Galatina; provvedimenti, come quello del Consiglio regionale che approva un ordine del giorno che impegna la Giunta ad escludere il conferimento per recupero energetico del CDR (combustibile da rifiuti) e del CSS (combustibile solido secondario) presso gli impianti esistenti (cementifici e centrali termoelettriche) non a ciò originariamente ed espressamente dedicati ed autorizzati; iniziative, come l’azione legale avviata dalla Provincia nei confronti di Cerano (Brindisi) e Ilva (Taranto) per l’inquinamento subito.
Provvedimenti sicuramente lodevoli per le loro finalità, ma non immediatamente utili a sapere se, giorno dopo giorno, gli impianti a elevato rischio di inquinamento ambientale presenti sul territorio come: Colacem, Biosud, Zincherie Adriatiche, Cerano, Ilva, discariche di RSU, impianti di trattamento rifiuti urbani, di recupero energetico (biomasse), o di altra natura, stanno inquinando o meno. Sino a quando i controlli ambientali saranno sporadici e gli Enti preposti alla vigilanza ambientale e alla tutela della salute (Regione, Provincia, Comuni, ARPA) non appronteranno e affronteranno, concordemente con le aziende, un piano di interventi mirati, quali: il campionamento in continuo di microinquinanti (diossine, Furani), PCB, COT ed altri composti) e l’installazione su alcune aree di deposimetri per le emissioni diffuse, che consentono di definire la tracciabilità degli inquinanti, non sapremo mai di chi è la responsabilità e se i materiali di combustione adoperati dall’azienda corrispondono effettivamente alle caratteristiche di quelli autorizzati.
Se i dati raccolti, elaborati e resi comprensibili da personale esperto della Provincia fossero poi resi pubblici mediante un portale ambientale, allo scopo di rendere trasparente tutta l’attività degli impianti a elevata situazione di criticità ambientale, si renderebbe un servizio utile ai cittadini, che hanno il diritto di sapere se l’aria che respirano è inquinata o meno e di conoscere ciò che avviene sul proprio territorio. Inoltre si offrirebbe un servizio utile anche alle Aziende “sane”, che nulla hanno da nascondere e che invece, a volte, vengono ingiustamente inglobate tra quelle definite “maglia nera”.
Ad oggi, purtroppo, nulla è stato fatto in merito, nonostante le varie sollecitazioni pervenute alla Provincia, anzi è stato disatteso quanto predisposto dall’Amministrazione Pellegrino in merito al campionamento in continuo dei microinquinanti, per la cui attuazione del programma erano state anche reperite le risorse finanziarie e c’era l’assenso delle aziende interessate e la loro disponibilità a compartecipare alle spese.
Inoltre è necessario che le valide e puntuali prescrizioni indicate nei processi autorizzativi siano costantemente verificate nell’applicazione, per evitare che siano silenziosamente disattese. Riguardo poi alla possibilità di utilizzo del CSS presso i cementifici, come previsto dal Ministero dell’ambiente con decreto 14 febbraio 2013, n.22, la ditta Colacem di Galatina oggi non può usufruire di detta opportunità, perché priva di autorizzazione, pur avendone nel 2010 avanzato richiesta alla Provincia di riattivazione del coincenerimento di CDR (combustibile derivato da rifiuti). Questo decreto però apre le porte ad un utilizzo più facile dei rifiuti presso i cementifici ed altri impianti industriali, in quanto, con una modifica apportata al decreto legislativo 152/2006 (Norme in materia ambientale), il rifiuto secco CDR, diventato CSS (combustibile solido secondario), prima di competenza regionale, passa di competenza statale.
Il Governo, con i provvedimenti adottati, ha manifestato chiaramente la volontà di andare nella direzione di un uso diffuso del CSS, apportando come giustificazione la necessità di fare fronte all’emergenza rifiuti. Emergenza che non è da escludere in Puglia, visto che la raccolta differenziata si attesta ancora intorno al 20%, le discariche di rifiuti sul territorio salentino sono a capacità molto limitata, gli impianti di compostaggio sono una chimera. Continuando così, le porte per un utilizzo del CSS presso il cementifico di Galatina potrebbero aprirsi facilmente e a nulla servirà il mandato affidato dal Consiglio regionale alla Giunta di impedire la co-combustione in detto impianto. E’ urgente allora che gli Enti preposti alla vigilanza ambientale accertino se l’impianto di Cavallino, adibito oggi alla produzione del CDR e domani a quella del CSS, è dotato di certificazione di qualità ambientale conforme alla normativa tecnica “UNI En 15359”, visto che il derivato dai rifiuti deve rispettare determinati parametri, riconosciuti strategici per importanza ambientale, tecnologica e prestazionale. Come pure è urgente verificare, ai fini della tutela dell’ambiente e della salute, se i processi lavorativi e di abbattimento delle emissioni dell’impianto “Colacem” rispondono alle decisioni 2013/163/UE inerenti le migliori tecniche disponibili (BAT) per il cemento, ai sensi della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle emissioni industriali, considerato che i cementifici, pur essendo impianti industriali altamente inquinanti, con o senza l’uso dei rifiuti come combustibile, godono per le emissioni di limiti di legge più permissivi e soggetti a deroghe.