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CONTRO DENIGRATORI DELL’ITALIA
Stassi fra’ nembi torbida
Notte, e la neve il viatore inganna;
Fischiano i venti, e fiedono
Le quiete soglie della mia capanna.
Sorgiam: fra’ sassi ripidi
Face m’irradia nel temuto orrore;
Scuote nell’aer pallido
l’onnipossente face il patrio Amore.
Su questi lidi inospiti
Egli mi chiede il sospirato canto;
Dove la selva incurvasi
Meco discende, e si discioglie in pianto.
In questa valle, io d’ebano
Un’ara bruna all’alte Muse accesi,
E le ghirlande altissime
Di cipresso immortale intorno appesi.
Qui ‘l sacrificio a compiere
Ecco m’accingo fra le piante annose:
Scendete ai sacri cantici,
O d’Apolline Re vergini spose.
Del patrio amor la vindice
Domatrice de’ mostri alma faretra
Io qui depongo supplice,
E strali eterni la mia voce impetra.
Impuro labbro, o vergini
Muse, v’offende col protervo accento,
E dell’ingegno ausonico
Narra che il lampo eternatore è spento.
Immenso sdegno fremere
Or tutto sento nel profondo petto,
E a piè dell’are armoniche
Voi, sacre Muse, a vendicarvi aspetto.
Entro la notte gelida,
Che intorno cinge quel fatal sentiero,
Udrete l’alto sibilo
Ch’esce dall’arco dell’offeso arciero;
Mentre de’ lauri italici
Le sacre a vendicare ombre famose,
Voi scenderete ai cantici,
Voi d’Apolline Re vergini spose.
-Diodata Saluzzo-
dalla mia prigionia.
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