Al suo posto Giovanni Toti, attuale direttore di Studio Aperto, che è stato nominato da Mediaset anche direttore responsabile del Tg4. Toti, approdato a Mediaset nel 1996 lavorando a Studio Aperto come redattore di cronaca, poi caposervizio e caporedattore del servizio politico, ha firmato i programmi settimanali della testata «Lucignolo» e «Live». Il 22 febbraio 2010 è stato nominato direttore del tg di Italia 1. “Ovviamente sono onorato che l’editore mi abbia rinnovato la sua fiducia affidandomi questo incarico importante. Al di là del convulso epilogo di queste ore, resta per chiunque faccia il giornalista, un onore raccogliere l’eredità di un grande della televisione com’é Emilio Fede” ha affermato Toti all’ANSA, il quale ha aggiunto: “Ringrazio l’editore, la redazione e il cdr che non un comunicato mi danno il benvenuto: sono tutti colleghi che conosco da anni, essendo cresciuto qua dentro, e con cui sono certo lavoreremo molto bene per rilanciare e rinnovare, come mi chiede l’editore, uno dei marchi storici di Mediaset, fondamentale per la nostra informazione. Già da stasera firmerò la mia prima edizione”. Mediaset, in un comunicato ufficiale, ha ringraziato Fede “per il lavoro svolto in tanti anni di collaborazione e per il contributo assicurato alla nascita dell’informazione del gruppo”, spiegando che la direzione del Tg4 è cambiata “in una logica di rinnovamento editoriale della testata, dopo una trattativa per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro non approdata a buon fine”. Di seguito la rassegna stampa dedicata al giornalista ormai ottantenne e al suo improvviso “licenziamento”.
La faziosità e gli scoop. Onore delle armi per l’one man show
(di Aldo Grasso – Corriere della Sera) Rien ne va plus, les jeux sont faits. La pallina si è fermata sullo zero, ma questa volta Emilio Fede non ha vinto nulla. Dal Casinò dell’Informazione è stato accompagnato fuori, in maniera inaspettata, «non consensuale», forse a causa della valigia svizzera piena di soldi, forse per Ruby Rubacuori, forse semplicemente per una questione di età. Onore delle armi, perché Fede, come ebbe a riconoscergli persino Sergio Cofferati, è uno spudoratamente onesto: «la sua è un’informazione di parte, ma è senza infingimenti. Altri sono faziosi, ma fingono di non esserlo». Da quando è sbarcato alla corte del Biscione, non ha mai fatto mistero del suo tifo, della sua venerazione, della sua partigianeria. Anzi, se esiste qualcosa che va oltre la faziosità, ebbene quello è sempre stato il suo terreno d’elezione. Tuttavia, non bisogna dimenticare che è stato protagonista del giornalismo televisivo. Era la notte fra il 16 e il 17 gennaio 1991 quando scoppiò la guerra del Golfo e fu proprio Fede, collegato con New York e con Silvia Kramar, a dare per primo in tv la notizia dei bombardamenti di Bagdad. Con il pionieristico tg di Mediaset (allora Fininvest) e con pochi mezzi ha sempre fatto informazione, da one man show. Ha piazzato diversi scoop, ha preso qualche toppa (quella delle bandierine elettorali), ma ha sempre dimostrato di esserci. Ha lanciato molti giornalisti (Timperi, Brosio, Capuozzo, Lombezzi, Fedeli), ha tenuto banco fino alla fine. Nato a Barcellona Pozzo di Gotto nel 1931, Fede inizia la carriera come redattore giudiziario, diventando poi cronista e inviato speciale. Dopo alcuni anni alla «Gazzetta del Popolo» di Torino (girava in spider, corteggiava Enza Sampò), entra in Rai nel 1954, prima come conduttore a contratto («Il circolo dei castori») e, dal 1961, come giornalista fisso del tg, dove si occupa di cronaca varia. Nel 1964 sposa Diana De Feo (ora senatrice, una vera santa per come ha saputo gestire il rapporto con il marito, il suo vizio per il gioco, le sue vere o presunte scappatelle), figlia dell’allora potentissimo vicepresidente della Rai Italo De Feo (di qui gli appellativi di «ammogliato speciale» e di «genero di prima necessità»). Realizza numerose inchieste per Tv7, tra cui quella famosa sulla bistecca gonfiata dagli estrogeni; quindi, per ben otto anni è inviato speciale in Africa (per certe note spese giudicate eccessive viene spiritosamente ribattezzato «Sciupone l’Africano»). Ricopre dapprima la carica di capo redattore, poi (dal 1976 all’81) di vicedirettore e di direttore «pro tempore» del Tg1 (in seguito all’allontanamento di Franco Colombo, coinvolto nelle liste della loggia segreta P2), che dirige dall’aprile 1981 all’agosto 1982. Nel 1983 conduce una trasmissione di intrattenimento, Test, con Enzo Spaltro, il primo «psicologo da spettacolo». Sotto la sua direzione, il Tg1 racconta la tragedia della morte di Alfredino Rampi, a Vermicino. Nel frattempo si candida alle elezioni politiche del 1979 nelle liste del Partito socialista democratico italiano (Psdi). Il rapporto con la Rai termina nel 1987 in seguito a un processo per gioco d’azzardo. Fede finisce a Rete A (una piccola tv locale della Peruzzo Periodici), dirige il notiziario e dichiara ai giornali di non voler mai più comparire in video. Ma Silvio Berlusconi lo chiama in Fininvest, conquistandosi la sua eterna riconoscenza, dove viene nominato nel 1989 direttore della struttura informativa Videonews e in seguito di «Studio aperto», il Tg di Italia 1. Come già detto, è il primo a dare l’annuncio dell’attacco americano su Bagdad e della cattura di due piloti italiani, riemergendo così da un cono d’ombra durato qualche anno. Nel 1992 diventa direttore del Tg4 e resta in carica fino a ieri. Ha scritto anche molti libri, tra cui «Samba dei ruffiani», con prefazione di Francesca Senette, allora sua pupilla. La sua totale dedizione e la sua ostentata devozione nei confronti di Silvio Berlusconi sono state spesso bersaglio di «Striscia la notizia», sulla cui scrivania si esibiva un cagnolino di nome Emilio Fido. Memorabili restano anche i suoi «fuori onda», siparietti ripresi regolarmente da «Striscia» in cui il direttore si abbandona a sfoghi collerici nei confronti dei suoi collaboratori. Ma non abbiamo mai capito se fossero veri o perfide interpretazioni consumate di proposito. Adesso non gli resta che farsi eleggere in Parlamento, l’ultimo refugium peccatorum.
Un combattente da sempre schierato in prima linea
(di Maurizio Caverzan – Il Giornale) Un giornalista, una testata. Era così, Emilio Fede: come quei centravanti che fanno reparto da soli. Lui faceva il tg da solo, con la sua faccia di gomma, anche in seguito ai lifting, e la sua faccia tosta. Quella che faceva imbufalire gli avversari politici, tanto che in Aprile Nanni Moretti s’irritava proprio vedendo il Tg4, un po’ notiziario e un po’ commedia dell’arte. Direttore, conduttore, caporedattore e selezionatore di collaboratori e collaboratrici. Ieri mattina Silvio Berlusconi l’aveva chiamato per esprimergli solidarietà a proposito dell’accusa di essersi presentato in una banca di Lugano con una valigetta contenente 2 milioni e mezzo di euro, respinta perché in odore di riciclaggio. Ma i rapporti con il Cavaliere si erano raffreddati da quando era trapelato che Fede aveva stornato una parte del denaro chiesto in prestito per Lele Mora. Da allora si aspettava il suo abbandono della direzione del Tg4, più volte annunciato e solo di recente confermato per giugno prossimo. Stentava a ritrovare una propria autorevolezza dopo che era finito nelle pieghe del processo Ruby, lui che l’aveva individuata e reclutata a un concorso di bellezza. Siciliano di Barcellona Pozzo di Gotto, dov’era nato nel giugno del 1931, Fede viene assunto in Rai nel ’61. Tre anni più tardi sposa Diana De Feo, figlia di Italo, allora vicepresidente della Tv di Stato, e tuttora sua moglie. A lungo inviato in Africa, quando ritorna in Italia a seguito di una malattia e, secondo le malelingue, anche a causa di un contenzioso relativo a spese di viaggio eccessive (di qui il soprannome di «Sciupone l’Africano»), entra nella redazione di Tv7. Nel ’76 diventa conduttore del Tg1 e 5 anni più tardi è nominato direttore. C’è lui al timone del primo telegiornale italiano quando, davanti a un’Italia attonita, si consuma in diretta la tragedia di Alfredino Rampi. Ma qualche anno dopo, in seguito a un processo per gioco d’azzardo (che lo vedrà assolto), il rapporto con la Rai s’interrompe. Dopo un purgatorio a ReteA, nell’89 approda alla Fininvest. Due anni più tardi, il 17 gennaio 1991, è il primo ad annunciare lo scoppio della Guerra del Golfo da Studio aperto. Così come fu il primo ad annunciare la liberazione dei piloti italiani Bellini e Cocciolone. Questo vizietto di battere spesso tutti sul tempo indispettiva la concorrenza. Dal ’94 dirigeva il Tg4, forse il telegiornale che nella storia della televisione si è maggiormente identificato con una sola persona.
Più che la incredibile storia del malloppo rifiutato in Svizzera, mi preoccupano i toni minatori di Emilio Fede
(di Mariano Sabatini – Tiscali.it) C’è qualcosa che mi puzza nella vicenda del presunto (presunto, è bene rimarcarlo) mancato deposito di due milioni e mezzo di euro in una banca svizzera da parte di Emilio Fede. Intanto mi viene da pensare che se non ci può fidare più nemmeno dei paradisi fiscali, sono davvero brutti tempi… Eppoi, che la cosa sia confermabile oppure no, che Fede sia innocente o meno, si tratta comunque di un gravissimo imbarbarimento dei costumi. A scanso di equivoci, riporto le dichiarazioni di smentita del giornalista, già coinvolto in altre losche vicende giudiziarie: “Si torna alla carica per mettermi in difficoltà e convicermi a lasciare la direzione del Tg4. Qualcuno ha inventato tutto questo, mi fa orrore e anche paura che si possa arrivare a inventare una cosa del genere (…) Sono di fronte a qualcuno che ha inventato la notizia con uno scopo, a me molto evidente. Non è possibile che io, avendo già i problemi che avevo, mi sarei presentato in giro per la Svizzera con una valigetta piena di contanti. E’ un falso organizzato. Qualcuno ha agito contro di me, per conto di qualche altro, si torna alla carica per mettermi in difficoltà e convincermi a lasciare la direzione del Tg4. E’ un falso che per me ha nome e cognome. (…) Mi stupisce che dei quotidiani abbiamo potuto fare questo, ne risponderanno tutti. E poi è drammatico e insieme vergognoso che dovendo scrivere una vicenda come questa nessuno abbia sentito io il dovere di farmi una telefonata e chiedermi se avevo qualcosa da dire”, ha concluso il direttore del Tg4. Martedì sera a La7 Geppi Cucciari, comica giustamente mannara, ha presentato la sua gran domanda delG’ day: “Una banca svizzera avrebbe rifiutato due milioni di euro da Emilio Fede perché di dubbia provenienza. La stupisce di più che gli svizzeri non abbiano creduto a Emilio o che ogni sera un milione di italiani creda ancora alle sue notizie?”. Ho applaudito interiormente (e con me il 94% di chi ha risposto al quesito) perché mi capita spesso di interrogarmi sugli spettatori di quello che non è mai stato un telegiornale, quanto piuttosto un varietà genere infotainment condotto da un gran paraguru del giornalismo nostrano. A prescindere dalle convinzioni politiche e dalle infatuazioni – più o meno monetizzabili – di Emilio (di troppa) Fede, il Tg4 condotto da lui, tra ire funeste per la gioia di Striscia la notizia, faccette, battute a meteorine e ospiti, ha poco o nulla che sia codificabile nell’ambito del giornalismo per come lo conosciamo. Insomma, cose che noi umani non avevamo mai visto e che, quando Emilio deciderà di passare il resto dei suoi giorni in un dorato monolocale a due passi da un casinò, non rivedremo. Sempre che non lo sostituiscano con Augusto Minzolini. A soli ottant’anni, splendidamente portati, mi sembra giusto che Emilio difenda il suo posto di lavoro: in epoca di riforme marca Fornero non si sa mai come si è messi con la pensione… Inoltre, se per esodarlo (orripilante neologismo in voga!) qualcuno avesse davvero pensato di incastrare Fede utilizzando la storia del malloppo respinto, oltre che un pessimo sceneggiatore sarebbe non meno censurabile di un eventuale “spallone”. Possibile che un professionista debba ridursi a questo per svoltare la carriera? Fede si difende, rettifica, rilascia interviste. E più che l’eventuale tentativo di evasione fiscale, su cui è scattata l’inchiesta della magistratura, mi stupiscono i toni minatori cui ricorre il giornalista. Ricamando una toppa peggiore del buco, parla di scheletri nell’armadio, di amanti, di frequentazione con transessuali… e contestualmente invita i suoi nemici a fare attenzione, a stare in guardia, a guardarsi le spalle. Manco in una spy story. Roba da brividi.