Emilio Tadini: La passione secondo Matteo

Creato il 23 giugno 2011 da Francescotadini @francescotadini

Elio Vittorini, con Il Politecnico, pubblicò nel settembre del 1947 il primo poemetto di Emilio Tadini: La passione secondo Matteo.

Una Commissione formata da Eugenio Montale, Carlo Muscetta e Sergio Solmi gli attribuì – ex aequo con une raccolta di liriche di Antonio Rinaldi – il premio di poesia Renato Serra.

Qui pubblichiamo il poemetto, invitandovi a visitare A QUESTO LINK il sito dell’Archivio Opere di Emilio Tadini, curato da Francesco Tadini e Melina Scalise. L’archivio sta per mettere a disposizione, con un’opera di non breve digitalizzazione, non solo l’elenco delle opere archiviate, ma anche un notevole numero di inediti: dipinti, disegni, tecniche miste, testi. Siamo convinti che potrà essere d’aiuto non solo agli studiosi d’arte contemporanea, ma anche a chi abbia la curiosità di “entrare nello studio” e nel lavoro quotidiano di un grande artista: nel metodo e nel “disordine creativo” che, congiunti, ne fanno la forza e, a lungo andare, la consistenza.

A dividere questa breve introduzione dal testo della Passione secondo Matteo di Emilio Tadini abbiamo scelto un ritratto che gli fece un grande amico, oltre che notevole fotografo, Ugo Mulas:

La passione secondo Matteo, di Emilio Tadini

Dov’è adesso Cristo dov’è a rompere

il cuore dei ricchi gli esitanti

ed imbiancati sepolcri, ad abbracciare la gente

piena di attesa e di speranza i poveri

dai grandi occhi? Forse sulla riva di un lago forse

corre sulla montagna si disseta

in fretta ai pozzi bianchi inseguito e cercato

come un rivoluzionario

scava paesi e intere regioni

con le parole che lascia le parole

di vetro e d’oro le parole logiche.

Ma il calendario è già tutto passato

nelle mani dell’angelo e i morti

cominciano a tremare nelle tombe:

su tutta la Palestina cade la Pasqua e la demenza.

Gesù cammina verso Gerusalemme

e il presente dolore

verso le spade contate e la sicura amarrezza

verso le fredde colonne

della paura immobile che s’avvicina

come un miraggio desertico come un branco d’oasi

dentro la sera. I suoi piedi sono leggeri e profumati

come quelli di un cervo spaventato

(dovevate lasciare che il profumo si versasse

senza parlare, egli è ancora con voi

per poco, e poi non sarà, più con voi

(dovevate tacere quando si rompeva l’alabastro

senza pensare nemmeno ai poveri non dovevate

dire niente perché il profumo

era per la sua sepoltura).

Gesù ormai è in mezzo alle case

e Giuda ha già parlato all’orecchio del sacerdote,

è giunta la sera che Cristo conosce

mentre gli undici compagni guardano senza sapere

non hanno capito le sue parole e sono pieni

di peccato e di ignoranza sono attenti

come undici bambini ma non hanno capito

le sue parole. Perché si sente nell’aria della notte

il passo di tutti coloro che vengono a Gerusalemme

perché dalle case lontane nella campagna

vengono uomini donne e bambini con i loro

cani con gli alberi secchi e il pane?

Non vengono soltanto per la Pasqua questa sera

è così dura e differente è così pronta

per quello che deve accadere, senza vento

è sorta la luna questa notte

è così strana.

Perché non gridano i cani? Sulle finestre

non c’è nessun rumore e la cella è quasi finita,

egli dice le sue parole tremanti

e gli undici compagni si stupiscono e si agitano

come bambini senza sapere niente,

le sue parole sono proprio come lacrime

sono malinconiche e piene di rimpianto

per la notte così silenziosa per la luna

e la campagna per i compagni ignoranti e spaventati

come undici alberi nel buio.

Poi egli rompe il pane e lo dà ai suoi turbati

commensali, pane e sangue rotolano dolcemente

sul pavimento e sui muri della sala

carne e vino si mescolano al silenzio.

Essi prendono e mangiano la sua carne prendono

e bevono il suo sangue, tutta la consolazione

è consumata, ora bisogna che egli esca.

Ora è solo.

Quegli ulivi aspettano da anni

la luna è così leggera

che smorza il rumore dei passi

il cielo è curvo e ansioso dietro ogni pianta

qui c’è solo silenzio ed attesa

sull’erba si può stendersi e dormire

perché la notte è così dolce che passa come un fiume

ma senza rumore. Cristo è solo

a lottare contro la roccia

la carne sta diventando un regno

enorme di un colore iridescente

tra gli ulivi corrono bestie accese

silenziose come i tetti pieni di luna e di dormienti,

su ogni ramo c’è un rosso uccello che si contorce

ed egli soffre come un uomo che ha fame e sete

come un uomo pieno di ferite e di vento

come un uomo solo.

Ma lascia che gli undici compagni

dormano stanchi come se fosse una notte da dormire

lascia che tengano chiusi g1i occhi

e i volti abbandonati sull’erba.

Non li sveglia la notte è silenziosa la luna

è bianca la lotta è consumata.

La sua anima è triste fino alla morte.

Dalla parte della città arrivano voci

e gatti inferociti arrivano persone

con la faccia piena di sangue

trascinandosi dietro catene e mostri senza gambe.

Gesù l’aveva detto che era l’ora

e mentre adesso gli undici si stirano nel fresco della notte

arrivano dalla parte di Gerusalemme fuoco e grida

arriva gente protesa e frettolosa,

vengono con le spade e con le corde di ferro

a incendiare le foglie più basse degli ulivi.

Due labbra tremanti e indispensabili

scatenano l’inferno

un inferno soffocato e posato sull’erba

come un globo di rosso cotone acceso

un inferno con rumore di ferro e di passi

un instabile inferno. Chi è stato a tagliare l’orecchio

del servo? (Non dovevate muovervi soltanto guardare

non dovevate dire neppure una parola

perché bisogna che tutto si compia

bisogna che tutto il tempo e il dolore

passino esattamente

bisogna che il sole muoia sfrigolando dove comincia il male

che il mare sorga con i canti dell’aurora).

Come scappano gli incendi sull’orizzonte

sono tanto lontani che non si vedono più

questa notte è taciturna,

il vento lucida Gerusalemme e il Golgota.

Nella casa ci sono i sacerdoti

enormemente contenti ma gravi

e inquieti come gialle bruciature

sulla carne di un uomo, fuori nel cortile

c’è ancora la luna e il silenzio ci sono

fulmini trattenuti a stento dalla mano

dei bambini e soldati tutti bianchi.

Dopo, Cristo verrà sulle nuvole del cielo,

lo ha detto lui dentro la casa

i sacerdoti saltano come topi impazziti

finalmente gli dànno pugni e schiaffi

sputano sulla sua faccia, la luna si copre,

e Pietro ha detto di no tre volte

canta il gallo nella primissima mattina

il gallo canta come un vetro nell’acqua

c’è un gallo fuori metallico e implacabile

un gallo appollaiato non si sa dove

ma lo si sente cantare dovunque

è la tromba di un giudizio questo gallo

terribile come il sangue congelato

è un gallo freddo come l’argento

come quest’alba.

Pietro adesso si ricorda

ed esce fuori e piange amaramente.

C’è ancora il sole? Nella mattina c’è un uomo

impiccato, i contadini hanno posato la vanga

e guardano il cielo per cercare il temporale,

i carrettieri legano i cavalli davanti alle finestre:

soltanto pochi uomini stanno in mezzo a un campo

a lavorare, seppelliscono monete e mosche

nel campo del vasaio seppelliscono le mani di Giuda.

Gesù è davanti a Pilato   .

Pilato è vestito come uno stupido vigliacco

ha sulla fronte i giochi dei bambini più solitari

le sue mani sono molli e nascoste,

intorno a lui stanno sacerdoti e soldati

distesi ai suoi piedi sonnecchiano i ricchi mercanti

e tutti guardano Cristo

Cristo è taciturno come il mare

la genie sceglie Barabba.

Pilato vuole che tutto sia finito, si lava le mani,

ma nel catino non c’è niente si lava le mani come un pazzo

nell’aria, i soldati prendono le lance,

(L’avete detto, il suo sangue affogherà i vostri figli

non ci sono abbastanza alberi per impiccarvi tutti

ma il tempo è lungo quanti taglieranno

la pietra dei vostri sepolcri).

Com’è rosso il suo mantello.

E tutto accade

come doveva accadere, g]i. buttano sulla schiena

vasi di dolore, rompono le sue ciglia

con le fruste, ridono come se fosse un sogno

con la medesima assenza.

Condannato Gesù è ora di andare,

adesso la strada è piena di sole e di polvere

e proprio adesso bisogna andare

bisogna andare con trombe e tamburi

che battono le ore al posto delle campane,

i cani vengono dietro scalpitando come lupi

i sacerdoti si accarezzano l’un l’altro le mani

e chiudono tutte le porte con gesto premuroso,

il sole affluisce da ogni strada   .

lo porta la gente con sé ed i paesi

restano dentro al buio, la croce è sulle sue spalle

e l’uomo che aiuta a portarla è stato costretto.

Gesù soffre proprio come un uomo.

e sente nelle orecchie un rumore come di ondate,

quante volte è caduto, sulla faccia ha polvere e giardini,

tutta Gerusalemme si muove lentamente

tutti vanno sul Golgota

per vedere l’esecuzione.

Soltanto pochi sanno di quale sentenza.

Cristo è inchiodato sul legno di tutto il mondo

con la buona compagnia dei due ladri

compagnia buona c piena di silenzio

compagnia di uomini picchiati e gementi.

Sacerdoti e mercanti ballano sotto la croce

ma il sole si copre e il cielo diventa di rame affumicato

i vestiti di Cristo sono ai piedi della croce

come imploranti fiori, il soldato

prende la spada e comincia a stracciarli.

Le labbra di Cristo bruciano come il carbone

e dal basso gli buttano aceto e sassi.

forse questa è la fine Cristo urla come una bestia stanca,

i minuti passano come incubi schiacciati

in fuga verso la luce forse è la fine

Cristo urla come un uomo rovinato

è la fine il cielo diventa acceso e forsennato

non è ne giorno ne notte e non si vede più niente

questa è proprio la fine il mondo arriva

sull’orlo dell’ultimo giorno Cristo urlando

sale nel cielo. Tutto il cielo è nero col ladrone

salgono lampeggiando peccatori e martiri

cantano come voli di uccelli,

il tabernacolo e i gradini del tempio traballano

tutti battono la faccia sui sassi e sugli zoccoli dei cavalli

- undici uomini corrono con le loro parole

su tutte le strade -

il velo del tempio si spacca come una colomba

leggerissima e i vecchi isterici urlano

sulle soglie dei tribunali e dei mercati

la terra si rompe come una pietra dura:

questo è un temporale silenzioso un temporale

senza fulmini ed acqua senza tuoni

un temporale offeso e ferito sulla campagna

sul Golgota che sembra una collina d’alluminio.

Tutta l’acqua brucia in una sola fiammata come alcol

i colpevoli soffocano le loro mani nella sabbia

e corrono sui fianchi della collina

come ipocriti insetti atterriti che traboccano da un calice.

Solo sulla faccia del centurione

si scioglie la paura ed egli è salvo e leggero,

i sacerdoti tremano e insieme sono felici

prendono con sottili sorrisi le montagne

e le mettono contro il sepolcro,

mettono alla porta del sepolcro i soldati

e sigillano la tomba come i soldi di Giuda.

Non vogliono più inganni né uomini azzurri

che incomincino a camminare dalla parte del sole

non vogliono che nulla si muova

sopra il cielo incendiato. Tutto si consuma ma dove sono

gli undici che hanno capito?

(Adesso avete capito

correte con la fronte illuminata

sulla strada del vostro trionfo getteranno sassi e non fiori

siete undici canne che si alzarono).

Il sepolcro ha veramente sigilli

e soldati che guardano la porta?

Si sono mosse tutte le vene della terra

e lontano uomini e donne hanno tremato

per la luce bianca che è apparsa alle finestre

come un deserto fremente di santi.

Tutto sembra compiuto

ma tutto ora deve essere fatto

parola e gesto vita

e conoscenza.

Gesù fermo nel cielo

dorme e piange sulle mani degli angeli.


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