Emmanuel Mieville si presenta come sound artist a tutto tondo, scrivendo nel curriculum tutte quelle cose che a un determinato pubblico fanno scattare qualcosa nel cervello: ha studiato musique concrète presso il GRM parigino, ma anche musica per film e – come tanti avanguardisti di qualche decennio fa – ha pure suonato con un’orchestra gamelan in quel di Parigi. A parte quest’ultimo aspetto, Ethers mostra in modo chiaro come a Mieville interessi manipolare le sue registrazioni sul campo, muovendosi poi tra realtà e astrazione. Quello di Ethers è chiaramente percepibile come un giorno passato su battelli e sul mare, ma non è un semplice riportare i fatti attraverso il suono, perché Mieville prende alcuni di questi elementi e li trasforma in drone del tutto irriconoscibili e molto potenti. È come se durante il viaggio, a un certo punto, ci si mettesse a sognare, ma gli sballottamenti e gli imprevisti ci lasciassero in uno stato a metà tra il sonno e la veglia nel quale percepiamo ancora rumori e voci del mondo “vero”, che entrano in quello che la nostra mente sta proiettando per noi (lo sanno, credo, tutti quelli che hanno viaggiato in treno per lavoro, specie a ore impossibili). Miglior esempio pratico possibile di questa descrizione qui è “Sur Le Pont”. Anche la trasformazione del suono di “Watt Station” è psichedelia purissima, segno che Mieville ci sa fare.
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