Ci sono artisti che si nutrono della loro stessa fama, e ce ne sono altri che della fama in fondo non sanno cosa farsene e nemmeno la cercano. Questo è il caso di Chuck Ragan, ragazzotto americano di cui biograficamente parlando si sa gran poco, talmente poco che persino la sua data di nascita è introvabile in rete, e santa Wikipedia questa volta non è d'aiuto.... Da quel che si può apprendere scandagliando la rete, Chuck dovrebbe avere circa 37 anni e viene da Gainesville, Florida, città natale di un "certo" Tom Petty. Non si trovano nemmeno particolari aneddoti o notizie sulla vita privata, ma fortunatamente si trova la sua musica....
Per gli appassionati Chuck non può di certo considerarsi uno sconosciuto, la cui carriera è legata principalmente agli Hot Water Music, band principalmente punk-rock da lui fondata nei primi anni '90, e che può vantare una discografia non da poco, visto che dal 1995, anno del loro debutto ufficiale, Ragan e soci hanno inanellato 7 album in studio, 2 raccolte, 2 album live e ben 26 EP. In meno di 20 anni i quattro hanno viaggiato con una media di pubblicazioni decisamente alta, nonostante due scissioni, per quanto brevi, datate 1996 e 2006, ed è proprio dopo questa seconda scissione, terminata poi con la reunion del 2008, che Chuck decide di intraprendere una delle carriere soliste più interessanti degli ultimi anni, che lo porta a staccarsi dal punk e dal post-hardcore degli Hot Water Music degli inizi e lo avvicina sempre più al folk, all'indie-rock e a tratti al country.
La carriera solista di Ragan inizia ufficialmente nell'agosto del 2007 con l'uscita del suo primo lavoro in studio, "Feast or Famine", composto da 12 splendide ballate tra il country e il folk, seguito l'anno successivo da "Bristle ridge", registrato a quattro mani insieme all'amico Austin Lucas, e a distanza di un altro anno dal terzo capitolo, "Gold country", viscerale album country-folk che rappresenta la sua conferma come solista e fissa forse il punto di non ritorno per gli Hot water music.
Da qui una pausa di 2 anni, pausa soltanto discografica, perchè Chuck è quel che si dice un animale da palcoscenico, e ne sono prova i ben 6 album live ufficiali e la miriade di concerti in giro per il mondo. Proprio da questa passione per la musica live e dalle migliaia di avventure vissute on the road arriva il quarto album solista di Ragan, uscito quasi in sordina il 13 settembre scorso, dal titolo "Covering ground", letteralmente "Copertura di terra", ma più logicamente traducibile in "terra calpestata", e ascoltando l'album sembra che Chuck negli ultimi 2 anni non abbia fatto altro che "calpestare terra", viaggiare da un angolo all'altro del pianeta con la chitarra tra le mani e un'armonica su cui appoggiare le labbra, portando la sua musica tanto in grandi città quanto in polverosi paeselli dimenticati da Dio. Accompagnato come sempre dall'affiatatissima squadra formata dal barbuto Jon Gaunt al violino, George Rebelo dietro piatti, rullanti e tamburi, Joe Ginsberg al contrabbasso e l'ottimo Todd Beene alla pedal steel, il cantante ha macinato chilometri su chilometri portandosi dietro sensazioni ed emozioni che è riuscito a tradurre e riassumere nei 10 brani che compongono "Covering ground", brani malinconici, sofferti, ma anche romantici e a tratti davvero potenti, eseguiti con una passione davvero invidiabile e contraddistinti dalla voce di Chuck, consumata da whiskey e sigarette, compagni inseparabili di una vita on the road.
Chuck non si può certo considerare un veterano, almeno a livello anagrafico, ma come spesso accade la pratica è diversa dalla teoria, e il rimboccarsi le maniche e lavorare fa crescere in fretta. Chuck è un rocker da strada, non è un veterano ma canta come se lo fosse, scrive come se avesse vissuto 200 anni e racconta le sue storie come se le stesse vivendo nel momento esatto in cui le si ascolta, canta di nostalgia di casa, di notti insonni, di amori da un paio d'ore e di paure costanti, il tutto con una ricetta tanto variegata quanto azzeccata, che prende il punk-rock e lo contorna di violini, unisce un'abbondante dose di folk e la rassegnazione nervosa del grunge, il tutto sotto una patina di country che non guasta, anzi, diventa la vera ciliegina sulla torta....
Già dalla traccia di apertura è chiara la linea dell'intero album, nessuna distorsione, sound ridotto all'osso e parole, tante parole. E' infatti la voce la protagonista assoluta di tutto il disco, una voce sofferta che viene direttamente dal cuore, come in "Nothing left to prove", ballata dal suono carico che dà il via all'album, in cui Chuck chiarisce che non ha più niente da dimostrare a nessuno, e in cui spunta sprezzante e netta la frase riassuntiva del pezzo. "Say what you want, I don’t mind", "Dite quelche vi pare, non mi importa!". Davvero molto sentita anche la seconda traccia dell'album, la malinconica "Nomad by fate" dal sapore d'Irlanda grazie ai ritmi celtici dettati dal violino di Gaunt, così come la splendida "Wish on the moon", paragonabile ai Waterboys e ai nostri Modena city ramblers. Per la registrazione dell'album però oltre alla sua solida squadra, Chuck si è avvalso della collaborazione di Brian Fallon dei Gaslight Anthem, Chris Thorn dei Blind Melon e soprattutto della coinvolgente voce al controcanto di Audra Mae, con la quale duetta nella ballata d'altri tempi "Come around" e soprattutto nella splendida "Valentine", traccia di una dolcezza destabilizzante.
Chuck però viene dal punk, e ciò non si può dimenticare. A ricordarcelo, seppur non nel sound che rimane principalmente legato al folk-rock, arriva trascinata dalla sua voce rabbiosa "You get what you give", ballata nervosa anche se suonata soltanto con la chitarra e l'onnipresente violino a far da sottofondo alle parole senza filtro di una mente allo stesso tempo incazzata e rassegnata. In "You get what you give" si fa spazio uno stile di canto che a tratti ricorda moltissimo un pilastro del grunge come Eddie Vedder, e questo basta a garantire l'ottima qualità del pezzo....
Quello a Eddie Vedder non è l'unico paragone che viene alla mente ascoltando "Covering ground", anzi, di paragoni ne spuntano parecchi, come fossero ricordi evocati dalla voce rauca di Chuck, e più ci si addentra nell'album più i riferimenti diventano lampanti, come in "Seems we're ok", ballata folk da brividi, dove a farla da padrone è un'armonica che non può non riportare alla mente il menestrello Dylan, oppure "Meet you in the middle", dal suono facilmente confondibile, e scuate se è poco, con il più classico sound del Coguaro John Mellencamp, fino ad arrivare al brano probabilmente migliore di tutto l'album, in lotta per il titolo con "Come Around", "Right as rain", ottimo pezzo, eseguito con magistrale passione e accompagnato da mandolino e violino, in cui la vibrante voce di Chuck si avvicina non poco a quella del Boss.
L'album si chiude con "Lost and found", gran pezzo acustico di 4 minuti, seguito da 5 minuti di suoni registrati dalla strada, rumori di macchine che sfrecciano e suole che si consumano lungo il cammino, quasi a significare che Chuck non ha ancora smesso di "calpestare terra", e che si conclude a sorpresa con un'emozionante traccia nascosta ancora senza titolo .
Insomma, Chuck Ragan si conferma un songwriter di rara bravura, e questo "Covering ground" si candida ad essere il suo album migliore, oltre che una delle uscite discografiche più interessanti di tutto il 2011. Un album che pur essendo principalmente folk riesce a non essere "di genere", affascina e conquista come purtroppo negli ultimi anni troppi pochi album sanno fare. E' proprio il caso di dire che il ragazzo ne ha fatta di strada....
Tracklist:
1. Nothing Left To Prove
2. Nomad By Fate
3. You Get What You Give
4. Wish On The Moon
5. Come Around
6. Seems We're OK
7. Valentine
8. Right As Rain
9. Meet You In The Middle
10. Lost And Found + Hidden track