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Empatia: per capire gli altri, leggi i romanzi di Tolstoj!

Da Quipsicologia @Quipsicologia

Il benessere mentale è fatto di tante cose e, come ha sottolineato l’Organizzazione mondiale della sanità una decina di giorni fa, in occasione della Giornata mondiale della salute mentale, tra le cose che una persona può fare per stare bene ci sono le attività che stimolano la creatività e mantengono attivi mentalmente: imparare a suonare uno strumento musicale, scrivere, andare alle mostre, a teatro o al cinema, giocare a carte, leggere. In questo articolo voglio soffermarmi sulla lettura e su come leggere possa aiutare a sviluppare quelle abilità utili a capire gli altri oltre che se stessi.

Capire gli altri: empatia e teoria della mente

Ci sono molti studi che hanno cercato di individuare gli effetti che leggere ha su di noi e molte ricerche hanno riguardato due abilità connesse al capire gli altri: l’empatia e la Teoria della mente (ToM).

Lucy, Charlie Brown e la Teoria della Mente

Lucy, Charlie Brown e la Teoria della mente. Fai click sulla vignetta per vederla ingrandita.

L’empatia è la capacità di mettersi nei panni di un’altra persona e coglierne emozioni e idee, la capacità di immaginare come possa essere la sua vita, anche quando questa persona si trova in una situazione con cui non abbiamo molta familiarità. Ad esempio, provare empatia può aiutare a capire e ad accogliere persone che appartengono a culture diverse dalla nostra ed è uno degli elementi che spingono a offrire sostegno a chi ha bisogno di cure o di soccorso. È una capacità centrale nelle relazioni: basti pensare che, in linea di massima, se la persona con cui stiamo parlando ci ascolta con empatia, chiedendosi cioè cosa proviamo, noi ci sentiamo capiti.

Un’altra abilità, affine all’empatia, che potrebbe essere influenzata dal leggere romanzi è la Teoria della mente (ToM). La Teoria della mente è una capacità molto complessa e consiste di diversi aspetti:

  • ritenere che ciascuna persona contenga “stati mentali interni”, cioè desideri, pensieri, intenzioni, conoscenze;
  • cogliere quali siano nello specifico questi stati mentali;
  • considerare che gli stati mentali interni di una persona potrebbero essere diversi dai nostri.

Conoscere le intenzioni o i bisogni degli altri ci permette di prevedere quello che faranno, di capire il senso del loro comportamento. Per fare un esempio pratico, pensiamo a un colloquio di lavoro: riuscire a intuire cosa vuole la persona che ci sta valutando, cioè i suoi stati mentali interni, può essere di enorme utilità, perché ci può aiutare a modellare di conseguenza le nostre risposte.

I romanzi e la capacità di capire gli altri

Le ricerche di Bal e Veltkamp, psicologi olandesi, hanno rilevato che leggere può aumentare la capacità di provare empatia, a patto che chi legge trovi la storia coinvolgente e vi si immerga emotivamente. Se chi legge si sente trascinato dentro la storia, comincerà a chiedersi come si sentono i vari personaggi, cosa pensano e intendono fare, e cercherà di vedere le cose dal loro punto di vista: si farà cioè le stesse domande che, nella vita quotidiana, gli permettono di capire gli altri. Leggere farebbe così da palestra per sviluppare l’empatia e imparare a capire gli altri, una palestra sicura, in cui è possibile vivere le emozioni in modo libero perché la storia finisce quando smettiamo di leggere e resta separata dalla vita reale.

Secondo altri studi, questo aumento di empatia stimolato dai romanzi non è limitato al solo momento della lettura ma sarebbe presente anche dopo, nella relazione con persone in carne e ossa. Così, essere capaci di empatia grazie alla lettura di un romanzo influenzerebbe la nostra vita sociale, rendendoci più attenti ai bisogni degli altri e più propensi a prestare loro aiuto in caso di necessità: essere in grado di capire gli altri ci renderebbe cioè più propensi ad attuare comportamenti prosociali.

Empatia - per capire gli altri leggi i romanzi
Cosa leggere per capire gli altri?

Non ogni romanzo è però in grado di spingere il lettore ad accrescere la sua capacità di capire gli altri, di sentirne le emozioni e i pensieri.

Per diventare più empatici e migliorare la propria Teoria della mente, deve essere un romanzo che cattura chi lo legge, dicono Bal e Veltkamp, ma questo non è di per sé sufficiente.

Deve essere un romanzo che racconta una storia in modo incompleto e imprevedibile e che, proprio per questo, obbliga il lettore a immaginare quello che il testo non dice e a dare un senso alla narrazione, soprattutto al comportamento dei personaggi. Deve essere un romanzo che spinga chi lo legge a interrogarsi sugli stati mentali interni dei personaggi, a fantasticare su cosa avrebbero potuto fare di diverso da quello che lo scrittore ha deciso, a essere creativo. Kidd e Castano, della New School for Social Research di New York, descrivono così le storie raccontate da Don DeLillo, Alice Munro, Cechov, contrapposte a quelle chiuse, coerenti e prevedibili di Danielle Steel e Rosamunde Pilcher.

Sono risultati incoraggianti, che, se confermati, dovrebbero spingere i politici a rivedere certe decisioni riguardo i programmi di studio nelle nostre scuole e potrebbero avere interessanti applicazioni nel campo della riabilitazione di persone con diagnosi di autismo o schizofrenia, due disturbi in cui la percezione delle emozioni e delle intenzioni degli altri è problematica. Andrebbe però innanzitutto chiarito se davvero per capire gli altri sia sufficiente la lettura, cioè una simulazione letteraria che non prevede il confronto con un’altra persona in carne e ossa.

Chi volesse partecipare alle ricerche di Kidd e Castano, può sottoporsi al Reading the Mind in the Eyes di Baron-Cohen e scoprire quanto è bravo nel capire gli altri basandosi sull’espressione dei loro occhi. Buon divertimento!

Photo credit: Ned Horton


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