14.
Preparativi per un matrimonio all’aria aperta. Come si fosse a teatro. Una piccola folla s’accalca. Ci sono microfoni e cineprese. Sul palco drappeggiato, però, l’assessore (o il prete?) che dovrebbe celebrarlo svanisce. Proprio mentre arrivano gli sposi. Gli sposi? Lei neppure la vediamo. E il giovanotto, che passa per lo sposo, dimostra una fretta sospetta. Improvvisa un discorsetto evasivo. Si capisce che la cerimonia l’infastidisce. Che non vede l’ora di restare solo con la sposa. Ma lei dov’è? Chi è? Unio assiste indifferente alla sceneggiata. Eppure sappiamo che si tratta del suo matrimonio con R. La sposa assente, chiamiamola così.
15.
Adesso a Unio s’accosta un pittore. Pare sia un comunista. È vecchio, magro e tanto indebolito da non reggersi quasi in piedi. Prega Unio – ridacchiate pure – di chiamargli una onorevole democristiana. Sì, proprio quella donna bassa e tarchiata che sta entrando nella hall di un albergo. Lì di fronte, a una trentina di metri, vedete! Unio – incerto, malvolentieri, senza chiedersi perché - corre ad avvertirla. Quando però entra nel salone e i suoi occhi rintracciano di nuovo la sagoma indicatagli (sta per salire in ascensore), scopre che è un uomo. È scncertato. Il pittore ha detto proprio: «una onorevole democristiana». Ma la persona che Unio ha raggiunto non ha né l’aspetto di una donna e tantmeno di una onorevole. Eppure aveva visto entrare proprio una donna. Non poteva confondersi. Era l’unica persona che dalla strada si dirigeva all’albergo. Non si rassegna. Lo vediamo che chiede a chi sta nella hall – tutti uomini di varia età, tra l’altro – se hanno visto una signora entrata un attimo fa. No, nessuno l’ha vista. Una onorevole poi non passerebbe inosservata. Ma le signore sfuggono sempre a Unio! Sospetta che il vecchio pittore abbia voluto segnalargli qualcosa che lui non afferra. Ma cosa? Non ha tempo per pensarci. Escono dagli ascensori intere famiglie. Unio si distrae. E aumenta il suo smarrimento. Altro che studenti, operai, immigrati delle periferie, comunisti, ai quali si era mescolato nelle manifestazioni del ‘68. Vede solo nuovi ricchi lì. Gente che esibisce sorrisi, abiti di lusso, gioielli. E volti di maschere tracotanti e soddisfatte. Unio neppure lo vede.
16.
E qui compare la gatta. Diciamo per caso. Unio sta viaggiando con lei su un treno. È davvero sua quella gatta? È tenuto a nutrirla, ad accudirla? Ad evitarle magari che si metta nei guai? Sì, perché è lei a cercarli i guai, secondo Unio. Che, in continuo allarme, ne spia le mosse. È così che l’ama? E lei lo ama? A una piccola stazione, in aperta campagna, il treno si ferma. Unio non ce la fa più, scende dal treno e permette anche alla gatta di scendere. Quella, appena tocca terra, senza una spiegazione, si allontana rapida in mezzo ai campi e non la si vede più. Perché le gatte non giustificano il loro comportamento. E ora ti fanno le fusa, un attimo dopo, non si sa quale istinto le guidi, vanno. Come seguendo misteriosi odori e tornando selvatiche. Il treno riparte lo stesso. Unio è in pena. Teme di non farcela a proseguire il viaggio senza di lei. Vorrebbe tornare indietro a cercarla, a riprendersela. Ma sa pure quant’è infida. Sa che potrebbe accusarlo persino d’essere stata abbandonata da lui. Quasi se ne convince, sì, che è stato lui a lasciarla.
17.
Questa è un’altra scena d’impaccio che potremmo saltare o tenere buona per dopo. Stavolta però riguarda Unio e non suo padre (capitoletto 13). È lui che, quando sta per entrare – nuovamente, direte! – in una scuola, s’accorge di avere le stringhe delle scarpe slacciate. S’accoscia per rifare i nodi, ma nota sulle scarpe un liquido nero, che ha bagnato pure i calzini. Sembra catrame o inchiostro. Può presentarsi a scuola così combinato? Noi andiamo subito al sodo e ci chiediamo perché Unio – bambino o adulto poco importa – ha sempre qualcosa fuori posto. Da riparare, quando gli riesce. In casi estremi, da nascondere. Ma vi diciamo di più: l’impaccio del figlio ricorda quello del padre. Non riuscite più ad immaginare quanto sia costato a gente come questa mettere piede in una scuola? Un po’ di storia, diamine! Di Unio furono tutti contadini gli antenati, da parte di padre. E artigiani, da parte della madre. Gente che a scuola non s’era neppure affacciata. O, come i suoi genitori, era rotolata sui primi gradini delle elementari. Come volete che si trovi a suo agio in una scuola un loro discendente? Uno al quale, quando parla coi figli dei signori o i professori, il dialetto gli si slaccia all’improvviso e sporca l’italiano ben lucidato che è d’obbligo a scuola?
18.
No, non attaccheremo adesso con un piagnisteo sulla vita dura dei provenienti dalle classi basse. Né vogliamo farvi commuovere al suono dei tasti cupi che Unio schiaccia persino quando se ne va per sogni. Però, vedete, a sorpresa le batoste – piccole, medie, grandi – gli arrivano. E più frequenti che nelle vostre vite. Forse. Un esempio? Unio è seduto al tavolo di un ristorante. È assieme alla sua famiglia appena scombinatasi. Che lui – fedele eh! – continua a portarsela dietro. Sembra persino contento. Perché gli siede accanto lo Scriba. (Vi diremo di costui più avanti). Che ha accettato di pranzare con tutti loro. Un grande onore per Unio. Dura un lampo, però. Noi già sappiamo che adesso s’allontanerà. E senza dargli una spiegazione (o una consolazione?) anche lui! Unio ha capito che lo Scriba non ci tiene più di tanto a stare con lui. E – figuriamoci! – con la sua ex famiglia. Ma perché nasconde il dispiacere con un eccesso di zelo e si premura persino di conservargli libera la sedia, nel caso tornasse?
19.
Da queste parti (sul lungomare) abita la Folle. Quella è andata fino in Grecia per vendicarsi del suo ex fidanzato, studente in Italia, che, tornato in patria durante una vacanza, s’era sposato con un’altra. Senza neppure annunciarglielo. La Folle abbandonata, ha sofferto, dunque. All’incirca come Unio. Al quale ha confidato le cose pazzesche che ha combinato lì, ad Atene. Individuata la casa del suo ex, per smascherarlo e vendicarsi e dar sfogo al suo dolore, ha cominciato a chiamarlo al citofono di giorno e di notte. Con interventi burocratici, un po’ divertiti e un po’ pesantucci verso la straniera uscita dai gangheri, di poliziotti, interpreti e commissari greci. Tutti complici, pare, del fedifrago connazionale. Unio è attratto da lei, bella e feroce. E magari anche dalle sue follie. Vuole telefonarle. Starsene un po’ con lei. Distrarla da quel passato. Ricominciare. Ma il filo della cornetta è spezzato. Forse un avvertimento a non cercarla? A non aggiungere i veleni di lei al veleno che già gli circola dentro di suo? Eppure la vita, pur avvelenata, continua. La gente non fa che telefonare. Follemente. Illegalmente. Corre dei rischi, si sa. Toh, vedi quei due che congiungono fili spezzati, pur di sentire almeno la voce delle persone amate o perse. Potrebbero ricevere una scossa mortale mentre lo fanno. Unio però non se la sente di imitarli. Va in un negozio, dove ha visto un telefono di quelli regolari. Chiede al padrone se può usarlo. Quello glielo permette. Ma gli impone di essere breve. E soprattutto di non far trasparire dalla voce il suo desiderio per la Folle. La sua ex moglie e la figlia – dice – non devono sapere.
20.
Eppure R, la sua ex moglie, non sembra interessarsi più a Unio. Attorniata da conoscenti, ha esposto su un tavolo i dolciumi che le sue amiche femministe le hanno mandato. Per congratularsi con lei. Quanto è stata coraggiosa a lasciare Unio e ad unirsi, senza più falsi compromessi, alla Compagnia Femminista! Lei sorride compiaciuta. E si permette persino di regalare un dolce incartato a Unio. Come fosse anche lui lì per festeggiare la nuova libertà di lei. E Unio l’accetta. Pensa ancora, chissà, a un riavvicinamento. Noi non possiamo avvertirlo. S’accorgerà presto del suo sbaglio. Ed infatti, scartato il pasticcino, Unio se lo trova tutto sbriciolato. Una vecchia golosa, che gli sta accanto, chiede subito se può mangiarlo lei. Ah, sì, sì. Unio glielo offre senza esitare. E torna alla sua solitudine.
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