9.
Nel paesaggio urbano di SA sfatto dalle bombe – luoghi della precarietà e dell’allarme – un muro coperto di glicini violetti che abbaglia. Unio avanza su un muretto che spunta in mezzo alle macerie del dopoguerra. È Unio bambino o adulto? Ha le timidezze di allora o di adesso? O entrambe? Certo, cammina lento e impacciato, come attirato dal vuoto in basso. E s’accorge di avere addosso solo una maglia di lana grezza e d’essere nudo dal ventre ai piedi. Come i bambini poveri dei vicoli o di campagna che si vedevano in giro in quei tempi di sconfitta e miseria. Un po’ più indietro rispetto a lui, sullo stesso muretto, procedono vispe una donna e delle bambine. Ma ora che fa? Si blocca. All’improvviso, mentre incerto guardava davanti a sé, s’è accorto di quanto le sue gambe magre siano bianche, quasi cadaveriche. La donna e le bambine che lo raggiungono non paiono scandalizzarsi per la sua seminudità né colgono quell’attimo d’angoscia. Sembrano piuttosto meravigliate e un po’ divertite per la sua difficoltà di andare avanti sul muretto. Che poi sarebbe la vita, quella che ci tocca. E va presa com’è, insomma. Per la donna e le bimbe è naturale muoversi nelle sue ristrettezze. E sanno essere indulgenti anche verso uno impacciato come Unio. Si guardano negli occhi e pare dicano: Su, incitiamolo noi! Rivestiamolo noi con la fiducia che gli manca. Non facciamolo sentire così nudo, sciocco e inerme. Ma la faccenda non è tanto semplice. Noi notiamo, infatti, che proprio la donna è di nuovo svanita. E Unio si ritrova attorniato soltanto da bambine e bambini come lui. Sì, non sembrano cattivi. Ma un po’ troppo incuriositi di quelle parti basse del suo corpo seminudo. Alcuni di loro cominciano a dire che i corpi sotto i vestiti sono piatti e non voluminosi. Sì, perché loro li dipingono così. Come i pittori primitivi, aggiungiamo noi. Ed ora, invece, scoprono che quello di Unio è magro ma ha un volume. E poi – risatine – indicano la parte molliccia in mezzo alle cosce di cui hanno sentito dire – aggiungono con malizia – cose stupefacenti o orride. Che emozionano soprattutto gli adulti. Qualcuno più navigato dice che loro questo tipo di emozioni insolite le conoscono già. E poi si possono vedere a cinema avvolti nel buio.
10.
Tanto per intenderci, ecco qua una scena anche per voi. Una bellissima diva dal corpo pieno è immersa nell’acqua insaponata di una elegante vasca ovale. Un giovane le si avvicina e si piega voglioso verso di lei. Che si volta languida e si fa mordere dolcemente sulla spalla nuda. Anzi vuole che lui la tocchi. E Unio, che noi abbiamo rivestito e fatto diventare giovane per strapparlo all’imbarazzante scoperta della propria seminudità e all’angoscia di morte che la sue gambe bianche gli procurano, si tira su la manica della camicia, prima di immergere la mano e l’avambraccio nell’acqua e cominciare a toccarla. Tutto sembra lusso calma e voluttà come nel quadro di Matisse o nei film americani.
11.
Ripeschiamo ora Unio in un’aula di scuola. Sulla cattedra sono sparpagliati parecchi libri . Gli studenti si avvicinano a turno e ne scelgono uno da prendere in prestito. Sono ansiosi. Per loro scegliere un libro da portare a casa è come, affamati, vedersi offrire del cibo speciale esposto su un tavolo da pranzo. E poco importa se poi – questo lo strano compito imposto da chissà chi – dovranno svolgere nientemeno una tesi di laurea sul libro scelto. Eh, sì, siamo in una scuola che mescola sadicamente insieme piaceri e doveri! Un assistente del professore – non si conosce per ora chi sia – annota meticoloso le scelte. L’amico più caro di Unio, quello che ha il padre magistrato, prende un libro intitolato Uomini famosi. Quando viene il suo turno, Unio sceglie I romanzi di Svevo. Ma proprio in quel momento entra il professore. È un vecchietto con la barba bianca e gli occhiali neri. Somiglia al solito Freud (già apparso al capitoletto 6). E ha subito da ridire sulla scelta di Unio. Svevo è un autore estraneo alla sua disciplina. Quale? Pur somigliando a Freud, il professore s’occupa di storia. Di conseguenza Unio la tesi su Svevo non può darla con lui. Dovrà rivolgersi ad altri. Unio però insiste. Vuole a tutti i costi preparare e discutere la sua tesi proprio con lui, con il simil-Freud. Che gli ispira – così dice – fiducia. E suggerisce lui stesso una possibile scappatoia: potrebbe ad esempio trattare i romanzi di Svevo inserendoli all’interno della storia delle idee. Che fa il professore secondo voi? Le discipline hanno i loro statuti. A mescolarle si crea disordine. E dal disordine possono venir fuori mostri. Ma che può fare Unio se si sente espulso dalla storia e dalla politica e si ritrova (Cfr. capitoletto 8) incerto su cosa fare? Inoltrandosi su terreni ignoti, dove intravvede a stento alcuni sentieri tracciati, prenderà qualche cantonata o si romperà la testa, come si dice. Si arrangerà da solo? Troverà qualche aiutante?
12.
Ora osserviamo Unio proprio mentre, come tanti suoi coetanei risvegliati dal ’68, segue un congresso politico della Compagnia, in cui è entrato volenteroso apprendista politico. S’è forzato non poco. Ha messo da parte libri di religione, letteratura, poesia e arte che gli occupavano la mente. E vuole crescere – la maturità è tutto, come diceva il Piemontese del mestiere di vivere – occupandosi di politica. Con l’ansia, sospetta per noi che lo conosciamo, di chi sente di aver perso tempo o addirittura di essere corso dietro favole popolari. È l’ora del materialismo scientifico. Tenete presente che fino ad allora aveva sempre guardato le faccende politiche con disinteresse. O con la coda dell’occhio, quasi pezzo di un paesaggio in ombra. Non diciamo che le ombre non vanno a un certo punto diradate. Per quel che è possibile. Ma che fa in fondo la Compagnia in cui è entrato? Dopo la sfuriata in cui tutti hanno parlato di rivoluzione, s’è organizzata per imporre all’attenzione degli elettori tre sui dirigenti abbastanza in vista. Tutto qua. C’è da entusiasmarsi? Qualcuno già li chiama le tre volpi. Sono lì. Si aggirano solenni e seri nel salone fra i partecipanti al congresso. Quell che gira pavoneggiandosi di più è il primo delle tre volpi. Ha sul capo un cappuccio medioevale, come quelli che usano a Granada durante la processione della settimana santa. Sopra sta scritto: io sono il capo. Poi si fanno notare anche altri dirigenti. Sono quelli fuori dal giro delle tre volpi. Ma anche loro, sulla fronte però, portano scritto: io desidero essere il capo. E attorno a loro tanti giovani che discutono in modi accaniti, ma superficiali. Un’accolita di ambiziosi e confusionari, pensa deluso Unio. Vorrebbe rimproverarli. E sa anche che dovrebbe rimproverare se stesso. Ma ora sul palco è salito un dirigente di secondo piano, un bonaccione accomodante e cauto. Presiederà il congresso. Ma subito è in difficoltà. Deve difendersi da un’accusa infamante: si sarebbe appropriato del danaro della Compagnia. Tutti sanno che è una falsità. Ma a muovere l’accusa contro di lui, sono dirigenti ben più potenti di lui, coalizzatisi per liquidarlo. E nessuno nella Compagnia osa fiatare. Unio vorrebbe gridare: Perché vi mettete tanto facilmente dalla parte delle tre volpi, che è dopotutto solo una fazione della Compagnia e nemmeno ascoltate più le ragioni degli oppositori? Ma è troppo tardi. I giochi sono stati fatti. E lui con la sua preparazione politica da apprendista non conta proprio nulla.
13.
Torniamo a scuola. Anzi è Unio che torna al liceo frequentato da giovane. Accompagna suo padre nella sala dove, quando era studente, i professori ricevevano i genitori. La trova più solenne di allora. Sembra un teatro greco. Ci sono capannelli di persone attorno a qualche professore. Unio ne saluta con familiarità uno che conosce. Lui e suo padre sono in ritardo. Ma il padre continua a camminare piano. E Unio è costretto ogni poco a girarsi indietro e ad aspettarlo. Avanza sempre più silenzioso e impacciato. E, quando raggiunge Unio, mostra il volto di un paesano intimidito da un mondo che teme e non conosce. Ora è Unio che si deve imporre di essere il padre di suo padre. E quasi lo rimprovera, come se fosse un ragazzino. Avanzano ancora una decina di passi. Ma in un punto, dove Unio sa che ci vuole una certa cautela nel muoversi, suo padre mette un piede proprio dove non doveva. Sconsolato lo vede che tenta di ripulirsi alla meglio la scarpa sporca di merda. Ma cosa ci fa una merda nei corridoi di un liceo?