Per non prendersi in ritardo un insospettabile di Mezzocorona ha deciso, nottetempo, di procedere alla sua vendemmia nel campo di un altro. Se non ché questi, scottato da una precedente potatura a raso di un suo vignale, aveva provveduto ad installare un impianto di videosorveglianza a raggi infrarossi che l’altro giorno ha immortalato il nostro assieme alla targa dell’auto infilata fra le pergole.
Il commento de l’Adige on line lascia intendere che ci potrebbe essere clemenza dato che si tratta di “soli” tre quintali d’uva. In tempi di Batman Fiorito non si sa cosa dire.
Chi invece sapeva benissimo cosa dire in proposito era lo storico frate bresciano Michelangelo Mariani che, in occasione del suo soggiorno a Trento fra il 1667 ed il 1673, ci ha lasciato uno stupendo quadro della tradizione vinicola trentina nel suo celebre “Trento con il Sacro Concilio et altri notabili”.
Dopo aver premesso che lo colpì la grande produzione al punto che “Raccoglie questa Città Grani parcatamente: Vini in gran quantità; corre perciò il Detto: Grano per tre Mesi, Vino per tre Anni.. E questi Vini con farli senza studio tal quali nascono, si tengono in credito, per la sua rendita principale; spacciandosi non solo per il Tirolo, ma per le altre parti ancora di Germania e nella Polonia”, aggiunge “se i tanti Vignati Colli a torno a Trento non hanno in sé Miniera di Metallo, forse perché la Natura Madre col fecondarli nel Dorso li sterilisce nell’utero o perché il Sole, altrove Padre de’ Metalli, qui va in amor con l’Uve, non è da stupire se l’unica Miniera di Trento è la Vena del Vino.”
“In somma, per quanto veggo – dice ancora il Mariani – questo è il Paese del Vino naturalmente; e se pressi i Chinesi per quinto elemento si dà il Legno, attesane la tanta copia et uso, appresso i Trentini direi che il quinto Elemento fosse il Vino; mentre, oltre la qualità propria e consumo, se ne fa in tal quantità. Che, come dissi, corre il Detto: Grano per tre mesi, Vino per tre anni. E tal anno se ne farà per quattro e cinque, secondo più abbondano le Vindemie”.
Più avanti continua: “Le Vindemie di Trento s’aprono per il più al Santo Michele (29 settembre, ndr) differendosi tal anno o anticipandosi secondo l’opportunità e maturanza. Sopra di che segue Pubblico Aggiunto Consiglio del Magistrato, essendo questo uno de’ primi affari pubblici d’Annona, e che fa Nervo della Città”.
Orbene, tralasciando ogni altro commento su chi e come questo Magistrato esercitava il suo fondamentale ruolo perché il riferimento all’attualità si farebbe impietoso, preme tornare alla videosorveglianza d’epoca marianesca che non è meno illuminante.
“Dura il cogliersi l’Uve più o meno secondo i siti. E come a torno la Città tutti e Colli e Costiere si vedono coperti di Vignali, così le Vindemie riescono d’ordinario ample e son liberali; mentre non si guardan l’Uve con rigor e Rusticità che si fa in altri luoghi dell’Alpi Retie, dove, oltre le Siepi, impenetrabili, stanno dì e notte in aguato o dietro le Siepi o sopra Pinnacoli di Legno i Villani e Saltari armati di Fusti e Ferri, che ad un toccar di Corno sono di repente addosso li Passeggieri o altri che ardiscono entrar nel Campo; facendosi pagar un Taiero, moneta di cinque soldi per ciascun Graspo senza replica o remissione; uccidendo anche tal’hor le Persone che doppo pasciute d’Uva vogliono per avventura pagar di piede o far testa”.
Se questi erano gli usi a nord del territorio, il Mariani dipinge la tradizione locale in modo ben diverso:
“Hor nel Trentino, rispettivamente parlando, non milita in ciò penalità, ma più tosto indulgenza; e li Saltari o Custodi (quando essi per se non habbiano troppo lunghe le mani) ben lungi con altri d’esser Arghi, serran un occhio; come si fa non meno in Val di Lagaro, dove, tutto che vengano vignali di conto, tanto è lontano, che si vieti al Passeggiere l’entrar ne’ Campi, che anzi colto sopra luoco a gustar Uve non ben buone, il Patrone stesso lo indirizza dove sono le migliori. Nel vero quando non sia più che indiscreta la mano Passegiera in coglier Frutti, ella è una grande indiscretezza, anzi empietà di que’ Rustici Saltari che osano abbreviar la mano dell’Universal Provvidenza e non temono sino per un Graspo di Vite privar la Vita”.
Altri tempi, altre situazioni. O forse no. Il frate Mariani, buonista e buongustaio, non tradisce l’ospitalità e racconta con enfasi una realtà un po’ addomesticata. Ha fatto scuola e all’opposto, critica chi ammazza per un grappolo d’uva. Vero è – l’episodio di Mezzocorona lo conferma – che nemmeno la pena di morte ha cambiato il dna di certuni, per cui di sbagliato resta solo l’approccio alla questione, sproporzionato rispetto all’obiettivo. Come prendere una mosca a cannonate, quando basta aprire la finestra. Blindare il vigneto o organizzare una festa della vendemmia?