L’uomo che, partendo nel 1945 da zero, era arrivato a sfidare i grandi monopoli petroliferi
Questo accadeva la sera, tardi del 27 ottobre […]
La ressa è grande, specialmente la sera e la notte del sabato, quando i giornali di carta hanno chiuso i battenti ma fuori, sui banconi invisibili delle tipografie dell’etere, restano ancora tanti fatti da comporre, da riferire: il messaggio di un potente della Terra, un altro piccolo passo verso la guerra o verso la pace, e, talvolta, un aereo che si è smarrito nella tenebra e forse sta precipitando….
Il destino volle, quella notte, che il solo fatto italiano di autentica risonanza internazionale, tale da reggere il confronto con la crisi di Cuba, recasse il nome di Enrico Mattei. Ancora una volta, l’ultima, a chiusura di una settimana tempestosa, l’ “italiano più conosciuto nel mondo”, l’ “oil man” che aveva sfidato i grandi monopoli petroliferi, entrava nella pagina tra le più drammatiche e memorabili della nostra storia d’oggi, compariva a fianco di un Kennedy e di un Kruscev, come il simbolo di una energia vitale, di un’ostinazione orgogliosa che si stentava a credere spente per sempre. […]
Il campo della politica e dell’economia era a rumore. Mattei aveva stipulato un accordo con l’Unione Sovietica per la costruzione di un oleodotto gigantesco dall’Alto Volga alla Polonia un ramo e alla Cecoslovacchia l’altro ramo. Un affare, un’opera di 200 milioni di dollari da compiere in cinque anni, che il presidente dell’ENI vantava come una conquista della tecnica e del lavoro italiani, ma che i suoi numerosi avversari criticavano con asprezza. Ire ed allarmi in Occidente, nelle cancellerie d’Europa e d’America, NATO compresa.
Mattei aveva reagito, al solito con freddo, sdegnoso distacco, esibendo le cifre degli scambi e dei profitti e mobilitando per illustrarle in modo adeguato i suoi uffici studi e propaganda. Noi diamo ai russi – egli diceva press’a poco – 240 milioni di tonnellate di tubi in acciaio, pompe e strumenti di misurazione e di controllo, motori Diesel, gomma sintetica, facendo lavorare gli italiani che ne hanno bisogno e diritto, e riceviamo in contropartita 12 milioni di tonnellate di petrolio greggio e di olio combustibile, nella misura di 2 milioni e mezzo di tonnellate l’anno dal ’61 al ’65.
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La storia di Mattei si confonde con quella dell’ AGIP prima e dell’ ENI poi: dell’ente che l’oscuro ragioniere marchigiano ebbe l’incarico di liquidare dopo la liberazione; e dell’ente che era diventato uno strumento di potenza personale e di benessere nazionale nelle sue mani. […]
“Prima ci tosavano come pecore”, egli disse, “ma adesso molte cose sono cambiate. Ho uno schieramento di tecnici, ci siamo formate delle prime e delle seconde linee che tutti ci possono invidiare. Mille ingegneri, duemila diplomati, migliaia di specialisti. I saldatori, per esempio: una volta esistevano soltanto i saldatori inglesi. Ora ne ho cinquecento, dei nostri. Bravissimi. Consegnare una raffineria, completa di tutto, con la chiave alla porta: ecco un altro lavoro di cui erano capaci gli inglesi solamente. Ne ho consegnata una, di raffineria, ad Amman, in Giordania, chiave alla porta”.
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Giorgio Vecchietti
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Estratto da “ OGGI ” – 8 novembre 8 nhttp://www.mediafire.com/?brfpu5b4mx5am1gove
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