Enrico Pea, Cinquale

Da Paolorossi

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Quando sessant’anni fa, dai colli che guardando il mare fanno scarpata ai monti tra Montignoso e Fulgoreto: Lunigiana e Versilia, scendevo, d’estate a vendere frutta ai «firenzini», il Cinquale […] era tutto una palude.

[…] Adesso se guardo la prateria convertita in campo d’aviazione, al di là del Cinquale ormai imbrigliato  come un misero fiumicello, risalgo gli anni e misuro i tempi di quando questo prato era acqua accidentata da cespugli affioranti, di una vegetazione magica. Chi di voi, villeggianti, conosce i «sordoni» del lago? I «camucioli» odorosi di timo. I gialli gelsomini che incensano l’aria quanto le rappe  mature dei tigli. E si aprono di notte sulle spiagge vergini? Qui crescevano i falaschi per far lettiere alle bestie, i biodoli per le stuoie, e cannelle per rivestire le capanne dei pescatori e per far siepi di riparo contro il libeccio, di fronte al mare a difendere i vigneti, distesi dove ora sono le ville dei Signori.

Camucioli

(Enrico Pea, “Addio dal Quarto platano”, 1953 – Memorie e fughe 1926-1958 – pag. 107/108 – Edizioni ETS – 2001)


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