UPDATE - Nel ranking internazionale IRB saliamo di un posto, al nono, superando il Galles ... Anche l'Inghilterra scambia posto con la Francia e torna quarta, ma è too late per le teste di serie Mondiali.
Tentiamo di mettere un po' d'ordine in corso d'opera, a mente più fredda, dopo Italia - Francia bis all'Olimpico. Anche la natura vuole il suo sfogo gioioso e godurioso, ci sta e va benissimo; solo, quando le lodi pur meritate tracimano all'imbrodamento, tutto rischia di finir catalogabile nel solito: prima, non c'è speranza non ne usciremo mai; dopo,siamo i campioni del Mondo (classico disturbo bipolare italico, determinato da scarsa razionalizzazione e moltobandieròn), con annesso percorso opposto in caso di delusione. Andò così anche nel 2011, ricorderete: non è per gufare ma fu "vittoria storica" anche quella volta, poi seguita dadébaclepriva di mordente al Murrayfield. Non a caso stavolta capitanSergio Parissefa segno di star zitti ai tifosi segnando la meta al quarto minuti ai Maestri d'Oltralpe: conosce i suoi polli, keep cool and carry on, questo è rugby e i morti si contano solo alla fine della guerra.
Stavolta la vittoria parrebbe aver tutti i crismi per essere storia diversa, ma è ancora presto per far proclami, a maggior ragione se fondati solo sulla goduria (invero più alta quando ce la procuriamo a danno dei Transalpini). Vittorie "di forma" o "di sostanza"? Pippe: tale è il contenuto tale è la forma, insegna il saggio; nello specifico, la partita è finita esattamente come quella del 2011, a mischie sui 5 mt. e Piave che mormorava, come di fa a dire che stavolta sarebbe diverso? Meglio provare ad analizzare razionalmente la partita, cercando lì i motivi per cui forse, chissà, usiamo i condizionali che l'italiano ce li offre lì belli pronti, potremmo essere alle soglie di una svolta epocale per il nostro rugby, un inflection point, un salto nella maturità.
Aiuta il distacco un rapido tour tra le opinioni estere. Gli anglosassoni insistono unanimi, compiaciuti pro domo sua (anche loro coi French si piglian poco), sulla "famous victory" (trad: vittoria clamorosa, cioè inattesa: come dire episodica) e lì chiudono le trasmissioni. Ci aiutano poco, a voi lettori scovar qualcosa di fruibile.
I francesi invece ovviamente pongono l'accento sulle loro magagne. Dicono chese la sono persa da soli. Bocciano pressoché tutti, in particolare la seconda linea col tallonatore e i centri, sottintendendo che se si fossero presentati all'Olimpico a livelli appena decenti e organizzati, non c'era storia. Difficile contestare questo punto di vista: il risultato finale è la somma vettoriale delle forze applicate, ma come insegna Sun Tzu la vittoria va a chi sa sfruttare meglio le debolezze altrui del momento: per definizione una vittoria è sempre "episodica".
Anche coach Saint'André pone l'accento sugli episodi: due mete in contropiede subite, trafitti da risalite Azzurre da ottanta metri di campo. Evabbé, non vincono così anche gli All Blacks?
Senza contare poi che nel caso della meta di Castrogiovanni, il coach francese lamenta la causa da una perdita di ovale di Machenaud in una incursione ficcante (meta quasi fatta, sbilancio, meta subita). Trascura che tale incursione arriva dopo una lunga serie di sterili percussioni, regolarmente bloccate a metà campo dagli Azzurri. Tanto che Venditti ricorda in una intervista a fine partita: "abbiamo capito che le cose si mettevano bene a metà del secondo tempo (eravamo in svantaggio di cinque punti, ndr), quando loro non sapevano più che fare per passare la nostra linea difensiva".
Una considerazione interessante arriva piuttosto dalla stampa francese che, controllando le statistiche, arriva a sostenere che l'Italia ha battuto la Francia con la precisione del gioco al piede e ... la rimessa laterale! Una bella lezione per noi saputelli un po' presi dall'orgasmo della partita, in effetti quei due drop contrapposti ai due errori di Michalak (una trasformazione, un piazzato corto) e i tre errori di lancio di Szarzewski hanno marchiato a fuoco la gara.
A guardar le statistiche ci si trovano anche altre evidenze più sottili. A partire da quelle di possesso e territorio: una leggera prevalenza Azzurra in ambedue i fronti, a sottolineare il fatto che l'Italia ha mosso palla e non solo fatto contropiedi.
L'altra statistica che ci piace citare per la sua ... apparente inconsistenza (per come viene letta spesso) è quella sui placcaggi: gli Azzurri meno perfetti dei Bleus, 87% di riuscita contro il 90%, ma alla fine le mete sono state due per parte; molti scoprono per l'ennesima volta che ci sono placcaggi sbagliati che contano e altri che invece no. E' invece indicativo del trend della gara il numero assoluto dei placcaggi: nonostante il finale frantic inchiodati sui nostri 5mt., si scopre che gli italiani han dovuto far (lievemente) meno placcaggi dei franchi, contrassegnando con ciò una partita, sorpresa sorpresa, sostanzialmente alla pari in quanto a fasi di attacco. Eh si caro Saint-Andrè, gli Azzurri non sono stati solo ripartenze, sennè finiva come Inghilterra -Scozia. Magari i nostri attacchi sono stati meno frequenti delle infinite percussioni francesi, ma forse parevan più corti perché molto più ficcanti, e poi eran pluri-multifase. Tra l'altro, mai visti gli Azzurri come ieri attaccare, perder palla, recuperarla e ritornare ad attaccare, senza soste!
Anche un'occhio alla disciplina offre esiti apparentemente contraddittori: gli Azzurri sono risultati ben più fallosi degli avversari. Che sorpresa. Ma anche qui si scopre che ci son falli e falli: quelli lontani dai pali, quelli fatti quando all'avversario i tre punti non bastano.
Inciso, sotto tale profilo il cartellino giallo preso da Davide Giazzon nel finale, che lo fa catalogare "villain of the match" da PlanetRugby, a nostro avviso invece ci sta, è un rischio borderline "alla irlandese" che senza esagerare si deve correre in quei frangenti.
Secondo inciso, l'arbitraggio: Nigel Owens ha diretto bene ma come Poite fino all'ora di gioco; poi s'è perso, tra una maul infiltrata malamente dai francesi e qualche ruck da punire, per tuffi dal trampolino Bleu. Ma tutto è bene ciò che finisce bene anzi, stavolta nessuno potrà dire che abbiam vinto grazie a Bryce Lawence.
La questione di fondo a nostro avviso inizia a venir delineata dall'ultima statistica: quella delle palle perse e recuperare, i cosiddetti turnover. I Bleussono stati ben peggiori degli italiani, con oltre dieci possessi perduti - soprattutto per ovali persi in avanti.
Cosa ci dice 'sto numero: è stata una partita distratta e colma di errori dei franchi? Anche; ricordando però Sun Tzu e gli skill dei Transalpini, crediamo si tratti perlopiù di errori provocati . La cosa indica la feroce determinazione e attenzione difensiva degli Azzurri. Come dice Venditti, gli avversari si sono resi conto che non avevan più modi per passare.
Questo è a mio avviso il torto dei Bleus che all'inizio ci avevan fatto traballare, puntando le bombarde sugli arretramenti in posizione cornerback di Orquera, rimpiazzato regolarmente in mezzo alla linea da Masi e con quel tentativo di passaggio al piede di Michalak, cercando il mismatch d'altezza e agilità per le loro torri alle ali. Avessero insistito, chissà. Altro elemento critico nel primo tempo, i francesi ci han messo sotto di brutto quando contavano su un possesso solido e in avanzamento - mischia ordinata, rimessa laterale - e quindi si mettevano in moto con la potenza assoluta e i loro skillnel passing game: han marcato due mete, quasi tre così. Fortunatamente il pack Azzurro tutto, non solo i loose five, ha fatto una gara di gran sacrificio, mettendo una decente pezza alle fasi statiche e limitando quindi le possibilità di decollo veloce di tutti quei cavalloni. A quel punto, interrotte le rampe di decollo, manco le cariche di Bastareaud facevan più paura, a una difesa che "studia" e si migliora dai tempi di Nick Mallett e si mette alla prova ogni weekend celtico.
Quindi la fase difensiva ha caratterizzato la performance Azzurra, con la collaborazione dei "cervelli" avversari un po' annebbiati. Essa è stata finalmente completata dalla capacità degli Azzurri di far ripartenze veloci. La strada per imitare gli All Backs (Tutti Trequarti) è ancora lunga, ma è certo che rispetto ai lenti pick and go seguiti da due cauti allargamenti, il salto alla frenesia tutta passaggi di adesso abbia sorpreso e messo in crisi gli avversari. Avevano pronte le trappole classiche contro il gioco lento: la difesa rovesciata e montante, la pressione sul punto di incontro, la fisicità; invece li abbiamo messi in difficoltà con la velocità.
Qui va dato onore al merito dei due mediani: Botes finalmente schierato nel suo ruolo, velocissimo e preciso a rimettere in circolo la palla,Orquera intraprendente, grandioso nella capacità di giocare a ridosso della linea, a dettare i tagli e dalle mani d'oro.
Con loro va lodata una linea di trequarti che finalmente "punge" quell'ovale con la forchetta e non la perde più in avanti in tutte le maniere più banali e meno forzate; al punto che, nella foga tipica del neofita quando vede tutto funzionar bene, i nostri si son messi a inventar offload improbabili, meritevoli di "richiamo all'ordine" da parte di Brunel nell'intervallo.
Sul pack non serve aggiungere nulla, c'è sempre stato, di livello, presente a sostegno e capace di portar, passar e ricever palla in fase dinamica, non a caso la meta da centro la fa Parisse e Castro marca trovandosi a sostegno di Orquera. Erano gli altri reparti, mediana e trequarti, che dovevano salire di livello. Ieri è finalmente successo, deo gratias.
La sfida per il pack ieri erano nelle fasi statiche: erano al cospetto dei maestri, in più afflitti da assenze pesanti tra chi conosce l'arte sottile del comandare la rimessa laterale. Parisse ha dovuto dedicarvicisi, per fortuna l'abbiamo trovato in forma splendida e lucidissimo come non gli capitava da anni al Sei Nazioni (che fortuna che quel Papé lì l'abbia rimpiazzato come capitano allo Stade Francais!). La capacità di sacrificio non è mai mancata ai nostri, e in più vuoi Brunel che furbo minimizza l'importanza della rimessa ("è una fase, ce ne sono altre"), togliendo pressione ai protagonisti, vuoi i francesi che fan casino in un campo dove, con Ouedraogo che marca Zanni etc., potevano avere il predominio facile, siamo riusciti a metterci una pezza e alla fine risultare persin migliori degli avversari.
Questo è a nostro avviso cosa è successo in campo, poi ci sarebbero le individualità ma qui ce la caviamo facile con un otto e mezzo sonante collettivo, che diventa nove per Orquera e sette punitivo per uno recidivo, che alla sua età e in momenti così gioiosi dovrebbe imparare a risparmiarsi uscite piccine tipo "finalmente abbiamo un allenatore" (sempre se è vero che l'ha detta; comunque che noia 'sta cosa adolescenzial-cheap del "sassolino nella scarpa"). Tornando alle lodi, ottimo il lavoro di Jacques Brunel, primapsicologico che tecnico (dove c'è poco da inventare: difesa difesa difesa e ripartenze ripartenze ripartenze): dopo tre anni di Celtic (o decenni di Top14 o Premiership), i giocatori le capacità le han dentro, si tratta di aggiunger soloconvinzione e fiducia nei compagni per farle emergere.
Ci sta anche un sonoro cinque meno ai Bleus tutti, che diventa quattro per lo statuario Fall che si permette di far trick irrisori nel segnar la meta (fan male poi, quando torni a casa con le pive nel sacco); staff incluso, e importa poco che abbiano avuto solo una settimana per ritrovarsi. Problemi loro.
Ora la domanda cruciale: fu vera svolta epocale? O siamo sempre agli episodi? Le vittorie esaltano, è importante che non appaghino. Gli obiettivi Azzurri pubblicamente prefissati (due vittorie al minimo) sono ancora fortunatamente lontani e il gruppo ne pare molto consapevole, come segnala il gesto del capitano dopo aver marcato meta, immortalato in foto. L'effetto 2011 - Murrayfield dopo il Flaminio - è sempre lì incombente.
La risposta facile è, se fu vera svolta come ci piace pensare, aldilà di episodi negativi o passi falsi che inevitabilmente arriveranno soprattutto fuori casa, lo si capirà solo strada facendo. Per adesso godiamoci pure questo "episodio": dopotutto, andare a letto con Kelly Le Brock (The woman in red, per chi se lo ricorda) e poi riportarcela, è pur sempre un episodio che diventa una serie di episodi, e chi saremmo noi per lamentarcene?
Pubblicato da Abr