#innamoratidelbiellese
Era una terra fertile, la lana trasformata in lavoro, le mani attive, i telai mai spenti, la notte solcata dagli operai, i giorni sempre uguali, il cibo sulla tavola, la casa pagata a rate: era lavoro.
In ogni angolo del territorio, fatto poi provincia, ora dismessa, vennero costruite piccole fabbrichette, a conduzione famigliare, marito, la moglie coadiuvante, i figli fatti studiare alle scuole alte, per poi lasciare a loro la conduzione degli operai, pochi ma fedeli; a piano terra la fabbrica, sopra la casa, il rumore del telaio a far vibrare i muri, ma era rumore del guadagno e si tollerava, la notte, nel silenzio, anche se non si chiudeva occhio: era lavoro.
I camion venivano e andavano; si sarebbe potuta costruire un’autostrada in quella terra di nessuno situata “tra Torino e Milano“, al limite del mondo, quella terra che finiva contro le montagne e non andavi oltre, ma i soldi, i maledetti soldi statali mancavano sempre e i permessi sempre negati; e quella terra rimase isolata e chi voleva fare gli affari doveva arrangiarsi e costava denaro, ma che importa, tanto era il denaro del proprietario, mica dello stato: era lavoro.
Anni di successo, anni di splendore, anni di lana e filatura e tessitura, di cashmere e lavoro duro, senza alzare la testa, anche la domenica, il padrone seduto nel suo ufficio e gli operai che facevano gli straordinari, anche la notte, i tre turni, e cosa importa se ti cambia il senso del sonno: era lavoro.
Il tempo cambia, le mode cambiano, c’è chi produce con meno qualità ma a minor prezzo, quella terra così bella ma così stretta tra le montagne e anche quella mentalità, stretta anch’essa, mai pronta al cambiamento, “perché si è sempre fatto così”, mentalità dei vecchi che hanno fatto fortuna, che hanno i soldi, la villetta, i figlia all’estero, il loro fallimento, uno dopo l’altro, le valli che si svuotano e restano bui buchi di case sfitte e scuole chiuse e uffici postali che chiudono, e mancano i servizi, le attività commerciali, il tabacchino che vende i giornali, quello resta, prepara anche il caffè e fa due chiacchiere spente e stanche: era il lavoro.
Biella è la mia città.
Chiara