Era una storia

Da Chiara Lorenzetti

“Veleno” Joe Bonfante
Foto Stefania Maniscalco

Stanco, decise quella sera di poggiare la vita sul bancone del bar. Aveva ascoltato troppe storie nel suo andare tra la musica e il mare che gli si era prosciugato il respiro; aveva sorretto cuori e dispensato armonie che gli si erano incastrate dentro, negli angoli della bocca, come vetro aguzzo, un taglio netto, il sangue che non esce, e lo sai il perché. Certo che lo sai.
Un musicante era, un giullare alla corte degli amori spezzati, di quelli rinati; suonava e la gente rideva, piangeva, lui dirigeva i passi e le emozioni. Era il violino nelle notti degli amanti, la corda pizzicata del figlio mai nato, il basso greve che suona la corda quando, appesa, dondola dopo il salto.
Non s’era mai afflitto, non s’era mai dipartito; aveva retto il tempo fino a quel giorno in cui ristette ad ascoltare quel canto confuso e spinto, arrotolato a vite dentro alla pelle.
Era una storia.
Non una storia come le altre; quella storia l’avrebbe sospinto verso il buco dell’incoscienza e del lutto eterno.
Ma lui era matto, Veleno il suo nome, si sa e seppe correre il destino. Fino in fondo.

Ora era solo stanco. Aveva lacrime vere, non quelle fasulle degli scribacchini, aveva lacrime sante, benedette da sé, un dolore sordo e afflizione.
Quante sigarette avrebbe ancora fumato prima di riaprire gli occhi? E quanti bicchieri avrebbe ancora vuotato e riempito, clessidra perpetua, prima di rialzare il capo?
Non seppe contare gli anni, ma la loro essenza, quella sì. E giurò a sé che non avrebbe cambiato se stesso, che nessuno lo avrebbe mai condannato al silenzio, nessuno lo avrebbe condizionato, perché lui, no, non temeva la pazzia. E nemmeno quella storia, quella come mille altre che avrebbe ancora vissuto.

Veleno il suo nome, Amore la sua compagnia, Fiducia il suo castigo.

Chiara

Ringrazio Stefania Maniscalco per lo scatto e Joe Bonfante per l’interpretazione.