A ventiquattro anni ho imparato a prendermi le mie responsabilità, a capire gli errori e ad ammetterli umilmente, perché sbagliando si impara e tutte quelle cose lì.Quindi, ritrovandomi sulla spiaggia, in pieno Gennaio, senza il muco che scende dal naso e senza un colbacco di visone sulla testa, ho partecipato ad un simpatico pic-nic per il compleanno della ragazza tedesca. Non le sembrava possibile di non avere i geloni ai piedi come nel suo paese, era felice e non ha fatto una smorfia di disprezzo per noi italiani che come al solito ci siamo presentati due ore dopo.“Happy birthday” le ho strillato nell’orecchio abbracciandola.“Thanks” mi ha risposto dandomi una leggera pacca sulla schiena.Come per dire “Sì, ok, però ora scrollati che io sono tedesca e odio le effusioni in pubblico.”Nella gioia comune si rideva e si scherzava tra castelli di sabbia abbattuti per far spazio a pietanze tipiche e pediluvi suicidi a causa di un mare gelido.Sdraiati su un lenzuolo sapendo che sarà dimenticato in Spagna perché è già un miracolo riuscire a chiudere una valigia che custodisce sei mesi della nostra vita, ci siamo goduti un sole tiepido e il sottofondo delle onde.Accanto a me Guia, toscana verace, cercava di far capire a Mihai detto Mishu, rumeno, la dinamica della “c” aspirata che caratterizza il suo accento, in un mezzo inglese con simultanea traduzione spagnola.“Perché un cane non ha la c, ma due e tre cani sì” delirava.“E perché mai?” le abbiamo chiesto anche noi italiani.“Non ne ho la più pallida idea” ha sentenziato chiudendo l’argomento per sempre.Mi auguro che almeno Benigni sappia questa regola del fiorentino così da spiegarla una volta per tutte. Esausta di queste barriere linguistiche ha fatto l’errore madornale di alzarsi.“Visto che sei in piedi..” Sguardo di dissenso.“Mi prendi un dolcetto?”“Mi passi un bicchiere?”“C’è ancora la Sangria nel cartoccio?”“Vorresti dire nel Tetrapak?”“Non si chiama Domopak?”Qui si apre un mondo.Quello che io per sei mesi, o forse per 24 anni, ho chiamato Domopak in realtà si chiama Tetrapak.Ecco l’errata corrige.
Per la conservazione della faraona ripiena che avete ancora da Natale.
Sembra quasi un design di quelli pazzeschi.
Una volta tornato a casa, con le relative cautele, mi cimento in adeguate ricerche su internet per capire le varie dinamiche che possano aver legato questi due materiali verificando poi i miei collegamenti mentali.Scopro cose che avrei già dovuto conoscere ma non è mai troppo tardi per imparare.Il Domopak è la pellicola trasparente che si utilizza per la conservazione degli alimenti, per quegli avanzi che ogni madre del mondo ricicla quando ha solo voglia di cadere in catalessi davanti alla sua telenovela preferita.“Che mangiamo?”“C’è la pasta di ieri nella schiscetta rossa, due minuti al microonde e via.”“Ma non c’è altro?”Nessuna risposta, è iniziato Un posto al sole e l’universo si ferma.Il Tetrapak invece prende il nome dalla prima confezione a forma di tetraedro creato per la confezione del latte.Infatti è un contenitore impenetrabile all’aria utilizzato per gli alimenti liquidi.Latte, succhi di frutta, panna liquida e come nel nostro caso Sangria spagnola Don Simon. Io che per mesi ho scritto Domopak al posto di Tetrapak mi sento uno stolto di altri tempi, chiedo scusa a tutti i contenitori di cartone del mondo e al loro inventori, Ruben Rausing e Erik Wallenberg, svedesi pre-Ikea.Come punizione divina aprirò tutte le buste del supermercato alle signore anziane con i guanti di pelo e una mano sola tutte le volte che arriverò alla cassa.