Si chiama così il diritto di ciascuno di noi a non dover fare i conti in eterno con il proprio passato, a non doversi sentire ‘rinfacciare’ anche dopo anni, decenni di distanza, errori e colpe commessi molto tempo prima. Paradossalmente, più è grave la colpa di cui ci siamo macchiati, più deve essere garantito il diritto all’oblio, perché più pesante sarebbe il fardello di stigmatizzazione che ci toccherebbe portare sulle spalle, anche se proprio in questi casi dimenticare è estremamente difficile, talvolta impossibile. Eppure a questo deve ambire uno Stato di diritto, uno Stato nel quale sovrano è, appunto, il diritto, non gli umori, le pance, i cuori della gente.
All’oblio ha diritto anche Erika, che oggi ha 27 anni e che quando ne aveva 16 ha ucciso insieme al «fidanzatino» Omar sua madre e suo fratello, in uno dei delitti che più hanno colpito l’immaginario dell’opinione pubblica del nostro paese.
Erika ha scontato la sua pena e da oggi per lo Stato italiano è una donna libera. Per questo non avremmo dovuto vedere il suo volto di adulta in tv e sui giornali. Sarebbe dovuta tornare libera nel silenzio e nell’anonimato, per quanto possibile. Prima di ieri, io non ricordavo il suo volto, se l’avessi incontrata per caso non l’avrei riconosciuta e lei sarebbe potuta andare avanti per la sua strada senza i miei occhi addosso. Adesso sarà difficile per tutti girare lo sguardo dall’altra parte di fronte al viso che tutti i media ci hanno mostrato, quasi a volerci ammonire: «Guardate questa donna, non dimenticate il suo volto».
L’istinto forse di tutti noi di fronte a un delitto atroce e inspiegabile come quello di Novi Ligure è quello di chiedere «pene esemplari», di «gettare via la chiave». Ma le leggi servono proprio a dare «forma» all’indistinto desiderio di vendetta, a tramutare la richiesta di una pena «esemplare» nella (difficile) ricerca di una pena «giusta». Scontata la quale, anche il peggior assassino ha diritto a voltare pagina. Certo, scontare la pena non equivale ad un bagno purificatore che cancella le azioni commesse e le responsabilità, che continuano ad avere i loro effetti anche sul futuro. Che Giovanni Scattone, condannato per l’omicidio di Marta Russo, insegni nel liceo che aveva frequentato la stessa Marta è una beffa: ma non tanto perché era proprio quel liceo, quanto perché forse Scattone avrebbe dovuto essere interdetto dall’insegnamento. La questione è delicata, camminiamo sul filo, in bilico tra la tutela del diritto all’oblio di ciascuno di noi e la difesa della sicurezza sociale. Ma una cosa è certa: la gogna mediatica non serve né all’uno né all’altra.
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