Molto probabilmente era un'antica divinità achea e, in origine, dovette essere un dio della fecondità della terra e degli animali: le sue prime immagini consistevano in rozze pietre allungate, infisse a terra verticalmente e spesso terminanti con la testa di un uomo barbuto. In greco erma significa roccia, pietra, e da questa parola derivò forse il nome del dio.
Col passare del tempo il carattere di Ermes si modificò profondamente, Considerato figlio di Zeus e di Maia e il più giovane degli dèi, divenne una specie di gaio e accorto fattorino dell'Olimpo: a lui si davano incarichi di fiducia e, in particolare, Zeus si serviva di lui per far giungere i suoi messaggi agli dèi e agli uomini. Per questo era rappresentato con calzari alati, simbolo della velocità.
E, come dio veloce e sempre in moto, divenne protettore dei viandanti, di coloro che viaggiano per affari e, quindi, dei mercanti e addirittura dei ladri. Anche le strade erano messe sotto la sua protezione e cippi di pietra con la sua effige, le "erme", erano poste ai trivii e ai quadrivii. Agile e svelto, tutelava anche gli sport e gli sportivi, gli atleti, i ginnasti.
Infine, dopo aver sbrigato, durante il giorno, tutte queste mansioni, di notte aveva il compito di condurre nell'Ade, ossia nei regni infernali, le anime dei morti. Per questo veniva soprannominato Psicopompo, cioè conduttore di anime. Altri suoi soprannomi erano Argicida, ossia uccisore di Argo, il mostro dai cento occhi che era stato messo da Era a custodia della giovenca Io; Cillenio perchè nato sul monte Cillene; Criòforo, o portatore di montone, perchè talora, evidentemente in ricordo del suo antico carattere di dio della terra, veniva raffigurato con un montone sulle spalle.
Oltre ai calzari alati Ermes portava, come sua caratteristica insegna, un bastoncello d'oro intorno al quale erano avvolti due serpenti, pure d'oro: il caduceo. Il bastoncello era lo scettro proprio degli araldi, che evidentemente gli spettava di diritto come araldo degli dèi e che gli era stato donato dal fratello maggiore, Apollo. Quanto ai due serpenti, racconta il mito che un giorno, vedendo due serpenti che si azzuffavano, il dio gettò tra loro il suo scettro e subito essi vi si avvolsero divenendo d'oro. Evidentemente erano un simbolo dell'interrompersi delle contese quando si presentavano gli araldi con i loro "pacifici scettri"
Nel periodo del tardo ellenismo, infine, questo dio popolare, gaio e bonario fu considerato, da alcuni appassionati di magia e di occultismo, come simbolo di verità segrete, e si parlò allora di un Ermes Trimegisto, ossia tre volte grandissimo, detentore di altri misteri. Furono scritte su di lui varie opere di significato assai oscuro, dette "scritti ermetici", e di qui derivò la parola "ermetico " per alludere a tutto ciò che è poco chiaro.