Ernesto
Galli della Loggia si chiede perché solo oggi gli omosessuali
rivendicano il diritto di sposarsi e di allevare dei figli: «Come
mai la rivendicazione di un tale diritto in precedenza non era mai
venuta in mente a nessuno? Gli omosessuali non sentivano, forse, ieri
il bisogno di sposarsi e di avere figli?»;
giacché gli sembra che tale diritto sia rivendicato in nome dei
principi che informano la democrazia liberale, chiede: «La
democrazia non era abbastanza liberale? Non eravamo abbastanza
democratici, o che?». Domande
retoriche, ovviamente, perché ha già tutte le risposte: «L’ascesa
del matrimonio gay nel cielo dei diritti non deriva da alcun
principio inerente alla democrazia liberale. È solo il frutto della
specifica evoluzione storica della nostra società, della sua
progressiva secolarizzazione individualistica, e della conseguente
volontà delle maggioranze parlamentari che in essa si formano».
Solo a questo punto – e siamo ormai a metà del suo editoriale –
comprendiamo dove vuole andare a parare: intende sostenere che i veri
diritti umani precedono l’uomo,
sono inscritti nella sua natura ab
initio, e che l’evoluzione
storica si limita a scoprirli, riconoscendoli in quanto tali quando
sono tali, ma pure quando non lo sono. Potremmo anche concederglielo,
ma poi a chi spetta dire l’ultima
parola sulla genuinità di un diritto di cui ieri nessuno avvertiva
la necessità e di cui oggi si chiede il riconoscimento?
Siamo
in Alabama, nei primi anni Sessanta, e c’è
chi chiede la legalizzazione dei matrimoni misti: chi decide se si
tratta di un diritto o di un capriccio? Chi decide se la società
abbia o non abbia a trarre danno dal riconoscere a una donna bianca
il diritto di sposare un uomo di colore? E a entrambi sarà giusto
concedere il diritto di mettere al mondo dei figli che poi dovranno
sopportare il peso di essere dei mulatti? L’attenzione
non dovrebbe essere spostata sui diritti del bambino? Siamo sicuri
che autorizzare i matrimoni misti non causi sofferenza a un povero
bambino che si sentirà diverso sia dai bambini bianchi sia dai
bambini neri? Possiamo, in nome dell’amore,
dar vita a famiglie tanto bizzarre? Che fare? Lasciar decidere al
Congresso? Sottoporre il dilemma alla Supreme Court? Sì, vabbè,
’sti cazzi: «Basta
la volontà di una maggioranza, di una qualunque maggioranza
parlamentare, per autorizzare una pratica sociale, per stabilire
qualunque diritto, anche negli ambiti più cruciali riguardo il
profilo storico-antropologico di una collettività?».
Poi, «nella storia di tutte le
Corti non si contano i casi in cui il riconoscimento di un diritto a
lungo rifiutato è stato poi ammesso»,
insomma, chi potrà mai assicurarci che poi non finiscano per
consentire la celebrazione di matrimoni misti solo in base ad
un’interpretazione
eccessivamente estensiva della «pari
dignità sociale»?
Cazzarola,
il rischio è grosso. Lasciamo tutto com’è,
via, aspettiamo che tra una sessantina d’anni
Ernesto Galli della Loggia ci dica dalle pagine del Corriere della
Sera se quello che s’è
scovato in Alabama è un vero diritto o un frivolo capriccio. Ché
poi si sa come si inizia e non si sa come va a finire: oggi permetti a un
nero di sposare una bianca e domani lo slippery
slope te ne fa rotolare uno fino alla Casa Bianca.
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