Tra me e loro, tra la commissione e loro, le tracce del primo compito degli Esami di Stato. Quasimodo-il dono-nuove responsabilità-tecnologia pervasiva-violenza&nonviolenza nel '900-periferie-il secolo della prima guerra mondiale. Insomma, ormai le conosciamo tutti, se ne è scritto tutto ciò che si poteva scrivere (e forse di più). Io ho visto questi giovani, che non sono stati miei alunni, sostanzialmente tranquilli, non stupiti e alle prese con le loro idee. Quello che invece stupisce è l'infuriare delle polemiche e delle false attese su questo momento così delicato, attese che una volta confermano e una volta smentiscono senza appello ciò che ci aspettiamo dalla scuola. Qualunque sia l'idea che ne abbiamo, e anche se in pochi ancora credono nell'Esame di Stato, io trovo che nessuna delle persone coinvolte, a partire dai ragazzi, debba farsi sfuggire l'occasione di sfiorare nuove storie, nuove vite, nuovi ambiti della propria esistenza.
Proprio perché stanno perdendo rapidamente validità e dunque valore (giacché oggi il valore è di tipo economico e si basa sulla spendibilità), sarebbe bello che ciascuno cogliesse lo spunto di questa noiosissima e dispendiosa strettoia per sperimentare, per mettersi alla prova con tutto se stesso. Fare gli esami non come una recita, o peggio una sceneggiata, bensì come un'avventura.