Quello che del calcio si preferisce far finta di non vedere e che quasi tutti sanno, Luca Vargiu ha deciso di raccontarlo in un libro, Procuratore? No, grazie (Mazzanti Libri – lo trovate in libreria o in formato digitale sugli store online). Una serie di racconti che spiegano la gavetta e le difficoltà di un agente di calciatori sconosciuto che inizia a muovere i primi passi nel mondo del calcio. Ed è proprio da quello che accade intorno ai campi di periferia dove i giovani calciatori crescono, che l’autore prende spunto per descrivere in modo “brutale” i vizi, l’immoralità e la contraddittorietà del mondo del calcio. Giovani promesse, genitori, dirigenti tutti pronti a tutto pur di raggiungere il proprio scopo perché, si sa, che il Calcio è visto come il mezzo più veloce e semplice per arrivare al successo. Non è così lo si capisce leggendo le pagine di questo libro che riesce a catturare l’attenzione anche dei non appassionati di calcio.
Abbiamo incontrato Luca in occasione della prima presentazione del Libro a Carrù. Con Chiara Beretta Mazzotta (blogger, editor e conduttrice di “Libri a colacione” su Radio 105) a condurre una bella chiacchierata che ha visto tra gli ospiti il mister Roberto De Simone, l’avvocato e assessore allo sport Nicola Schellino e la scrittrice Elisabetta Bucciarelli che nel libro compare nella postfazione con un racconto “I bambini subbuteo” e che nel suo intervento, ha definito Luca Vargiu “uno strano procuratore ancora in tempo a cambiare mestiere e che come i piccoli considera il calcio un gioco maledettamente serio” raccontando poi anche la sua esperienza di mamma a bordo campo.
Luca, perché questo titolo?
“Procuratore? No, grazie” perché spesso è quello che dicono le famiglie dei giovani calciatori salvo poi cercarne uno disperatamente non appena il piccolo di casa diventa più grande e le ambizioni di carriera diventano prioritarie. Non solo però, il No al procuratore viene spesso detto dalle società cui fa comodo dire così per passare da vittima dei capricci di questi personaggi e dei giocatori loro assistiti, piuttosto che prendersi responsabilità di giustificare davanti all’opinione pubblica scelte impopolari o dettate da necessità economiche o interessi personali. Infine è anche il mio No alla nuova figura del Procuratore sportivo entrata in vigore ad Aprile che cancella quella dell’agente di calciatori e dell’Albo di riferimento rendendo la categoria di facile accesso a chiunque senza alcun tipo di competenza abbassandone notevolmente il livello di professionalità.“
Scomodo o coraggioso raccontare il mondo del pallone dal tuo punto di vista?
“Nessuna delle due per me, entrambe invece per gli altri. Forse un po’ rischioso ai fini della mia professione, ma lo avevo messo in preventivo.”
Perché dici rischioso?
“Perché pur non facendo nomi qualcuno si riconosce in quello che scrivo e da buon pallonaro permaloso ricambia con i suoi mezzi. Ecco così che con alcune società diventa più complicato collaborare o che alcuni dei ragazzi che seguo vengano spinti e invogliati ad andare con altri agenti, ovviamente molto più docili e soprattutto amici della società nella quale giocano.”
Ti occupi principalmente di giovani calciatori, alcuni episodi raccontati nel libro mettono in evidenza le difficoltà nel portare avanti il rapporto nel tempo, soprattutto quando le cose iniziano ad andare bene. Qual è l’aspetto più complicato in questo percorso?
“L’aspetto più complicato nel lavorare con i giovani è riuscire a far mantenere a loro e alle loro famiglie i piedi per terra quando le cose vanno bene. Far capire che il calcio a una certa età è principalmente un gioco che non deve essere rovinato da troppe aspettative e sogni di successo, che niente è semplice come molti raccontano, che diventare calciatori è un’impresa che riesce a pochi, lo dicono i numeri, nonostante la qualità. Che bisogna pensare anche al resto, non sacrificare lo studio per una carriera che nemmeno è partita e che certe scorciatoie proposte non portano a nulla.”
Ci riesci?
“No. Non sempre. Molte volte a dire la verità si diventa molto meno credibili rispetto a chi invece racconta che la scalata verso il successo e la conquista di grandi piazze calcistiche è semplice. Se ci si affida a loro ovviante, a questo punto, tu sei fregato perché non vali più nulla.”
Tutto queste opportunità offerte hanno un prezzo?
“Sì, purtroppo ci sono personaggi, anche all’interno delle società calcistiche professioniste, che forti della fame di successo delle persone che si ritrovano davanti, propongono dietro pagamento di somme di denaro, varie opportunità di sistemazione nel mondo del calcio. Dal provino in una squadra “importante”, a quello all’estero dal tesseramento in un settore giovanile al contratto in una squadra professionista. Tutto spacciato come investimento sul futuro, ma che in realtà rappresenta solo l’inizio della fine, perché quando si entra in questo giro difficilmente si riesce a raggiungere un risultato. Questo però molti non lo capiscono o non lo vogliono capire.”
Leggendo quello che scrivi nel libro, ma anche sul tuo blog Palle, calci e palloni (s)gonfiati, si comprende la fatica che fai nel portare avanti determinati discorsi legati al mondo del pallone. Parli di regole, etica, rispetto dei valori dello sport, è davvero così difficile la tua professione da, come dici tu, bordo campo?
“Sì è così, parecchio faticoso! Soprattutto quando ci si deve muovere in un mondo che è abituato a passare sopra a qualsiasi cosa in nome del successo o, peggio ancora, del businnes. Il Calcio ha una grande responsabilità nei confronti della società essendo uno sport che attira un numero enorme di persone, e non può permettere che comportamenti scorretti e di pessimo esempio di pochi ne rovinino la reputazione. Gli esempi, purtroppo, sono sotto gli occhi di tutti ogni giorno e visto che il cambiamento e l’esempio fanno fatica ad arrivare dall’alto, dal governo del calcio, occorre che ognuno nel proprio piccolo faccia qualcosa. Parlare dei problemi del calcio dei suoi lati più nascosti che molti conoscono ma che si preferisce far finta di non vedere, porta a instaurare una discussione, a riflettere e rende tutti più consapevoli. Provo a portare avanti il mio lavoro e le mie idee forte dei valori in cui credo e del fatto che, nonostante tutto, in questo mondo pallonaro la maggioranza delle persone la pensa come me.”