[Esclusiva]Intervista a Luca ‘ The Town Of Light ‘ Dalcò!

Creato il 26 novembre 2013 da Rostislav @videogiochiword
Scritto da alextonoli Interviste, News martedì, novembre 26th, 2013


Vi abbiamo sempre sottolineato come per noi il videogioco sia in grado di veicolare messaggi culturalmente e sociologicamente importanti, oltre il suo restare, comunque, un gigantesco contenitore delle migliori espressioni artistiche di questo e quell’altro tempo . Argomentazioni che si sposano perfettamente, neanche a dirlo, con quel genere che oggi finalmente trova gran voce; l’Indie.
Sta nell’etimologia stessa la sua migliore, quanto difficilmente sostenibile, qualità: indipendenza.
L’indipendenza, sfuggendo per sua natura ad obbligazioni e mediazioni in questo caso derivanti dai publisher, può fregiarsi di compiti scomodi come l’innovazione e ‘l’urlo a gran voce‘. Un urlo che porta con sé tematiche importanti, ormai seppellite dal silenzio mediale, che per uno sviluppatore su cui pesano determinate logiche di mercato e di censura, possono risultare difficilmente trattabili .

Vi avevamo parlato, durante il nostro speciale sulla Games Week di Milano (link), di un particolare studio Indie italiano che, a parer nostro, stava creando un piccolo gioiello.
Il gioco è The Town Of Light (link al sito : The Town Of Light), gioco per PC in soggettiva che porta con sé un fardello importante, quello della denuncia. Denuncia, in questo caso, degli eventi storici svoltisi nel manicomio di Volterra, poi dismesso a seguito della legge 180, le cui mura abbandonate ancora sembrano chiedersi se siano appartenute effettivamente ad un istituto ospedaliero, oppure ad un carcere.
Per sondare queste mura e porre fine a questo triste, e poco concreto, dubbio, potremo avvalerci direttamente di una tecnologia che sembra studiata ad hoc per questa indagine. Il progetto prevede infatti l’integrazione niente meno che dell’avveniristico Oculus Rift, strumento capace di immergerci integralmente in queste atmosfere grigie, che lo studio “LKA.it.”, ha abilmente ricreato.
Vi proponiamo ora  l’intervista esclusiva redatta grazie alla collaborazione del responsabile di progetto, Luca Dalcò, a cui giriamo nuovamente i nostri più sentiti ringraziamenti, augurandogli inoltre le migliori fortune.


Redazione: Ciao Luca, benvenuto tra noi Paladini. Partiamo subito con la prima domanda: puoi spiegarci come è nata l’idea?

Luca :  Ho scoperto l’esistenza del manicomio di Volterra per caso, la prima volta che mi sono trovato davanti a quelle strutture fatiscenti e surreali ho subito pensato che quella sarebbe stata l’ambientazione perfetta per un videogioco, poi la curiosità, la ricerca, i consulti … e il progetto ha piano piano preso corpo.

Redazione: Da quanto state lavorando al progetto?

Luca:  Non è facile da dire. Il gruppo si è formato sul progetto stesso, in corsa. Ho iniziato io un anno e mezzo fa con il supporto di Francesco a buttar giù qualcosa, poi mi hanno cominciato a dare una mano Arianna ed Alessio, quindi è arrivato Lorenzo e la voce di Daniela, prossimamente forse il gruppo si allargherà ulteriormente.

Redazione: Cosa volete raccontare esattamente con questo gioco?

Luca: Vogliamo raccontare che cos’è stato il manicomio, l’istituzione totale che per decenni ha privato dei propri diritti migliaia di esseri umani, persone deboli e malate relegate dietro le sbarre e sottoposte a terapie inumane. Nel manicomio veniva rinchiuso tutto quello che la società non voleva vedere o accettare. Si poteva finire in manicomio anche per omosessualità o alcolismo. Una storia incredibile, di orrore reale, ma anche di umanità che ancora oggi in parte persiste, nonostante la legge 180. Sono convinto che in un gioco si possano raccontare senza mancare di rispetto e banalizzare situazioni drammatiche con grande forza ed efficacia.

Redazione: Potete dirci i vari tipi di ricerche in cui vi siete immersi per ricreare l’ambiente di gioco?

Luca: Visite in vari manicomi, contatti con chi ha svolto ricerche analoghe e voglio citare il fotografo Giacomo Saviozzi, autore de “l’Interruttore del buio”, per il suo grandissimo contributo, poi moltissime letture (il titolo avrà una bibliografa), testimonianze ecc. Le ricerche sono ancora in corso, a breve in visita all’archivio di un ex mancomio per consultare altre cartelle cliniche, in programma incontri e interviste con ex infermieri, psichiatri ecc.

RedazioneQuale credete sia il punto di forza del vostro progetto rispetto a giochi stilisticamente simili come Gone Home o Dear Esther?

Luca:  Credo che il valore aggiunto nel nostro titolo sia l’aspetto di “realtà storica”. Tengo a specificare che la protagonista è inventata e che la location, per quanto ricostruita fedelmente, è solo un set di partenza piegato poi alle esigenze narrative. Non presentiamo la storia del manicomio di Volterra e di una sua ricoverata insomma, ma più in generale la storia dell’istituzione manicomiale. Consideriamolo un romanzo storico, per capirci, come si può dire? Un gioco storico? No suona male … ci vorranno dei nuovi termini per definire i nuovi generi che il mercato indie sta portando alla luce rinnovando finalmente l’ormai statico mercato dei titoli AAA.

Redazione: Ci sarà una sorta di storyboard da seguire o volete puntare solo sull’effetto sensoriale, lasciando la narrazione totalmente all’ambiente di gioco?

Luca: C’è una storia da seguire, la voce della protagonista cercherà di guidarci nella ricostruzione della sua personalità. Noi dovremo capirla, viverne le sensazioni, i ricordi, le allucinazioni.

RedazioneQuando avete deciso di implementare l’Oculus? Era già previsto ad inizio progetto?

Luca : L’Oculus è arrivato solo quest’estate.E’ la periferica PERFETTA per immergersi in un ambiente come quello che stiamo ricostruendo e in una storia come quella che stiamo cercando di raccontare.

RedazioneCos’è la cosa che più vi ha messo in difficoltà?

Luca:  L’implementazione dell’Oculus su Unity è una delle cose più semplici che si possano immaginare, hanno fatto un lavoro eccezionale. Ciononostante le difficoltà ci sono. Il nostro è un titolo che punta molto sulla grafica e che quindi non è propriamente leggerissimo da far girare. Oculus usa due camere e raddoppia le chiamate di render, questo ci costringe a fare un lavoro immenso di ottimizzazione e anche a cambiare radicalmente alcune scelte che erano state prese e già sviluppate, ma ne vale assolutamente la pena.

Redazione: Ci accennavate a dei problemi di rifinitura per l’equilibrio…Meglio giocare in piedi o seduti?

Luca:  Qui si apre un capitolo vasto e complesso. Oculus è una periferica che rivoluziona fortemente la fruizione del gioco. L’uso della tastiera diventa scomodo perchè non possiamo vedere l’ambiente che ci circonda e se stacchiamo le mani dalla tastiera diventa poi problematico ritrovare i tasti, con il solo mouse si gioca male e quindi occorrerà usare un controller per fruire appieno dell’esperienza. Con l’uso di un joypad la posizione più naturale sarebbe quella che il nostro alter ego digitale ha nel gioco, ovvero in piedi. Occhio però alle perdite di equilibrio che ogni tanto inevitabilmente si sperimentano.

Redazione: Essendo il fattore immersivo primario, la versione senza Oculus (è giocabile anche senza no?) non pensate rischi di risultare eccessivamente troncata? O avete studiato metodi per ampliare comunque l’esperienza?

Luca:  Il gioco nasce senza oculus e rimane valido e completamente fruibile senza Oculus, certo una volta provato l’oculus cambia tutto! Diciamo che nella versione monitor potremo godere appieno della definizione grafica del gioco che su Oculus è un po castrata vuoi per la bassissima risoluzione dell’Oculus stesso, vuoi per il necessario “adattamento” di cui parlavamo prima.

Redazione : Il qui presente ha provato in prima persona al vostro stand le potenzialità del prodotto Oculus…quanto pensate possa diventare importante per l’industria major nel prossimo futuro?

Luca: Onestamente non ti so rispondere, non so farmi un’idea. E’ una periferica incredibile, straordinaria, ma ha anche i suoi problemi. Mi chiedo ad esempio se sia pensabile usarla per sessioni di gioco di diverse ore; riusciranno a risolvere i problemi di nausea e giramenti di testa che molti sperimentano? Credo che il successo o meno sarà decretato da quello che gli sviluppatori riusciranno a fare per sfruttarla al massimo minimizzandone i difetti. Noi qualche idea l’abbiamo… ma è troppo presto per parlarne!

Redazione: Da Jonny Mnemonic finalmente appare qualcosa che sembra veramente poter creare quell’atteso gaming 2.0 che si stava aspettando…c’è più next gen nella vostra demo che in tutto quanto provato alla fiera (Games Week) lo sapete vero?

Luca: Non lo sapevamo, ma lo abbiamo scoperto sul posto, abbiamo avuto file per noi incredibili se pensiamo che eravamo lì su una semplice scrivania senza neanche una scritta luccicante a richiamare l’attenzione. La realtà è che il giocatore è ormai stanco della solita minestra riscaldata con 4 poligoni e un filtro in più. C’è voglia di nuovo ed Oculus da questo punto di vista è una vera BOMBA! Chi non l’ha provato non faccia l’errore di confonderlo con occhialetti 3D o porcherie simili, con l’Oculus si entra letteralmente nel gioco … qui in studio dopo aver provato HalfLife 2 con l’Oculus possiamo dire di essere stati a City 17

Redazione: Come avete vissuto la Games Week? Avete notato attenzione da parte del pubblico?

Luca: Tantissima attenzione dovuta all’effetto Oculus, ma anche, fortunatamente, un buon interesse verso il titolo. Non ci aspettavamo nulla di simile, è stata un’esperienza molto importante ed una bellissima sorpresa.

Redazione: Avete notato attenzione da parte della stampa videoludica italiana?

Luca: Abbastanza, qualcosa si muove anche da noi finalmente?  Il mercato indie tira perchè, un po come l’Oculus, riesce a portare idee nuove che i grandi titoli da anni non riescono più ad offrire intrappolati come sono nel marketing di investimenti ciclopici che non ammettono rischi ed azzardi.

Redazione: Alcuni durante la prova con l’Oculus urlavano dalla paura…vi sentivate contenti per il lavoro svolto in quel momento, vero?

Luca: E’ stato divertente, davvero. Tutti i ragazzi che hanno provato si sono divertiti, chi si è spaventato chi si è esaltato per l’immersività. E’ stato bellissimo distribuire emozioni e vedere che chi provava per 2 minuti dopo aver fatto un’ora di fila era comunque contento!

Redazione: Entro quando contate di finire?

Luca: Entro la fine del 2014 … speriamo!

Redazione: Avete provato a chiedere aiuti alla regione? Visto che il vostro progetto ingloba un argomento culturale locale…

Luca: Ci stiamo muovendo da poco su questo terreno, vedremo cosa troveremo ad attenderci!

Redazione: Difficile essere uno studio che tenta di proporre un certo tipo di giochi in Italia?

Luca: Difficile essere in Italia quando si cerca di lavorare, questo si! Il titolo ha avuto per ora un’accoglienza eccellente anche e proprio in Italia, non me lo aspettavo, evidentemente non è poi così vero che il giocatore italiano non sia aperto alle novità e attento al mercato indie. Mi ha fatto molto piacere su Steam sentire l’entusiasmo dei nostri connazionali mosso anche dal fatto che siamo sviluppatori  Italiani e che nel nostro gioco parliamo del nostro paese!

Redazione:’ A noi il vostro progetto piace terribilmente, penso lo abbiate notato. Cosa possono fare i nostri utenti per sostenervi al meglio?

Luca: Votarci su Steam Greenlight! Per ora non abbiamo avviato campagne di crowdfunding, stiamo valutando come muoverci.

Redazione: Un ringraziamento sentito da tutta la redazione

Luca: Un grandissimo grazie a voi per l’interessamento, la simpatia ed il supporto che ci date, sia qui che al Games Week!

Dopo questa interessantissima intervista vi lasciamo all’alpha-video dimostrativo di The Town of Light


 

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