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Esclusivo! Intervista a Marco Righi, regista di “I giorni della vendemmia”. Prima parte

Creato il 17 luglio 2012 da Onesto_e_spietato @OnestoeSpietato

Esclusivo! Intervista a Marco Righi, regista di “I giorni della vendemmia”. Prima parte

Cari amici, in attesa dell’anteprima fiorentina di questo giovedì 19 luglio al cinema Il Portico (maggiori info QUI), ecco in esclusiva un’intervista realizzata con Marco Righi, regista di I giorni della vendemmia. In questa prima parte ci racconta di come è nato il film, delle sue tematiche dominanti, di Enrico Berlinguer e… non rivelo altro! Per la “seconda puntata” dovrete aspettare solo 24 ore, domani mattina infatti sarà online.

Buona lettura!

Cominciamo con le presentazioni: Marco Righi, classe 1983, reggiano. Qual è la tua formazione e come ti avvicini al mondo del cinema?

Mi avvicino in maniera abbastanza naif, per gioco, mettendo in scena fin da ragazzino delle piccole cose. Ho studiato da perito meccanico, quale sono, poi ho fatto due corsi: regia e montaggio, entrambi a Milano.

I giorni della vendemmia è il tuo film d’esordio. Come e quando nascono soggetto e sceneggiatura? E quanto c’è di auto-biografico, e inventato, in questa tua opera prima ambientata nella tua terra d’origine?

Recentemente ho letto questa frase di Federico Fellini: “Sono autobiografico anche quando parlo di una sogliola”. Mi ha fatto ridere, un po’ credo sia così… “I giorni della vendemmia” non è un film autobiografico (sono nato nel 1983) ma sicuramente è un lungometraggio personale. La differenza? Ci sono delle esigenze e delle priorità sotto mentite spoglie; difficile da decifrarle anche per me.

Il comunismo, il cattolicesimo, la provincia, la famiglia. Tanti i temi presenti nel tuo film. Possiamo parlare di opera tematicamente corale o ce n’è uno che spicca sugli altri (o che in principio volevi far risaltare)?

Non poi così corale. “I giorni della vendemmia” doveva essere – ed è – innanzitutto la storia di Elia, della sua educazione sentimentale. Come ha scritto bene Enrico Palandri su Rolling Stone: “Religione e politica sono contorni”.

Esclusivo! Intervista a Marco Righi, regista di “I giorni della vendemmia”. Prima parte

On screen una giovane bella e sensuale, un’assolata e idilliaca ambientazione rurale, un’educazione sentimentale, come anche tu hai appena detto. Tutti aspetti che ricordano Io ballo da sola di Bernardo Bertolucci. A quali grandi maestri del cinema italiano e internazionale ti sei ispirato per girare questo tuo film?

A costo di essere ridondante devo ammettere che più che a maestri di cinema mi sono ispirato a una certa letteratura. Questo perché in prima istanza volevo portare delle sensazioni/atmosfere sullo schermo che respiravo in certi testi o romanzi di cui mi premeva, come in Pier Vittorio Tondelli. Della cinematografia c’è tutto quello che una persona ha visto in passato, che appartiene alle sue visioni, a un suo background culturale. Non c’è però un accanimento su nessuno autore filmico o regista in particolare.

Sul grande schermo vediamo anche Enrico Berlinguer. Quale la sua funzione nell’intreccio filmico? E possiamo interpretarlo anche come “veicolo” di un certo sentimento nostalgico verso un modo di fare politica vicina alla gente che oggi sembra non esistere più?

Sì, certamente… questa interpretazione è sicuramente una sottotrama di qualcosa, ci sono diverse piccole parentesi che si chiudono all’interno del film, proprio perché ogni personaggio ha una sua caparbietà. Per un film la struttura più importante rimane sempre quella narrativa, in questo Berlinguer mi, diciamo così, serviva a descrivere meglio la psicologia di un personaggio, che nel film è il padre di Elia: William.

Domani la seconda parte dell’intervista… to be continued!!



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