Il Monviso.
E' una cosa inspiegabile, forse una falla nel meccanismo evolutivo. Ditemi voi che siete spettatori neutrali. Non c'è posto più gradevole di un tavolino della Rosa Rossa, sotto la morbida ombra di un grande ombrellone che filtra ed attenua il morso feroce del sole agostano, dove sorbire un delizioso aperitivo o un'orzata condita di ricordi di gioventù, godendosi il passaggio e filosofando sui grandi problemi dell'umanità oppure dibattendo i differenti punti di vista sull'economia politica o altre piacevolezze del genere. Invece no. Un drappello, che possiamo definire come parte consistente del gruppo, forse per qualcuno lo zoccolo duro, incurante delle manchevolezze che l'aggiungersi delle primavere rendono ogni anno più insidiose, come a voler proclamare una impossibilità ad arrendersi, sceglie a giorni alterni di autopunirsi con sgambatelle, tanto per tenersi in allenamento, un giorno sì e l'altro magari anche, che li conduce su e giù per tutte le cime circostanti.D'accordo che allora non avevano tra i piedi schiere di No Tav assatanati, ma non deve essere stata facile l'impresa. Oggi il finale del tunnel è un po' rovinato, ma i nostri camminatori l'hanno superato senza difficoltà, anzi con un certo gaudio. Son tornati a valle stanchi, distrutti, coi piedi fumanti ma, come si dice, felici per la bella giornata trascorsa, mentre chi, sereno li attendeva, li ha accolti con affetto, come si confà a chi non riesce a capire, ma accetta comunque benevolmente il furore marciatorio-escursionistico dei sodali un po' matti. Gli aperitivi ambrati continuano a fluire, i piedi riposano, i muscoli provati di cosce e polpacci smaltiscono con lentezza progressiva il cumulo di acido lattico, domani sarà un'altro giorno. Altre cime, altri sentieri scoscesi, altre fatiche. Se son contenti loro...
Emergere dal Buco del Viso
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