"Una volta entrati nella galleria dei doppi, tutto sfugge e si prolunga una prospettiva dove nulla è ultimo". Roberto Calasso, Le nozze di Cadmo e Armonia.
La doppia istallazione dei De Serio esposta al Macro gioca con l'identità di chi osserva e di chi è rappresentato: la propria. Gemelli, i due filmaker, mostrano ognuno sé e l'altro che poi, a sua volta, è uguale a sé, attraverso una sequenza, complessa lenta e metodica, di inquadrature proiettate, senza soluzioni di continuità, nell'atto di fotografare con una Polaroid. La macchina fotografica diventa dunque l'occhio con cui raccogliere il tema del divenire delle identità celate, dirette a rappresentare un "core" come dice la lingua inglese, ovvero un nucleo, un nucleo fluttuante dell'esistenza potremmo noi aggiungere.
Su Core, ma su Core dell'antica Grecia, scrive anche Roberto Calasso:
"Allora Core fu rapita dall'invisibile, verso l'invisibile. Core non significa soltanto "fanciulla", ma pupilla. E la pupilla, come disse Socrate ad Alcibiade, "è la parte più eccellente dell'occhio", non solo perché è "quella che vede", ma perché è quella dove chi guarda incontra, nell'occhio dell'altro, "il simulacro di chi guarda". E se, come voleva Socrate, la massima delfica del "Conosci te stesso", la pupilla diventa il tramite unico della conoscenza di sé."
Per concludere, è verosimile riconoscere nel pensiero artistico dei De Serio anche una citazione affettiva del Michelangelo Antonioni di Blow up o di Zabriskie point: la dilatazione del significato della realtà nella riproduzione filmica o fotografica del celebre maestro ferrarese motivo di conoscenza, autocoscienza e dunque, a seguire, del disorientamento e perdita di sé rimane uno dei temi da cui sembra, ancora oggi, non possiamo prescindere, anche nel core (questa volta inteso più comunemente come "cuore") di Roma.
MACRO
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