“Esercizi di sevizia e seduzione” di Irene Chias

Creato il 19 luglio 2013 da Sulromanzo
Autore: Beatrice MantovaniVen, 19/07/2013 - 11:30

Molte volte mi chiedo se sia giusto parlare di femminicidio e creare ex ante un approccio sessista negli omicidi. Perché fare dell’assassinio delle donne una casistica a parte? Ciò non fa altro che avvalorare la visione obsoleta e logorante delle donne come sesso debole, come categoria, cioè, da proteggere a priori. L’attenzione dei media si focalizza in maniera morbosa su fatti di cronaca, in cui a morire sono donne che tentano di lasciare i propri mariti o compagni, perché stufe di una vita di maltrattamenti e soprusi e per questo vengono uccise o, magari, deturpate nel volto e nel corpo dall’acido gettato loro addosso. C’è però da chiedersi se ad aumentare siano gli omicidi delle donne o, piuttosto, sia l’attenzione della stampa ad essere patologica. Si pone anche un problema di comunicazione che non è secondario. A scatenare il raptus dell’uomo sarebbero le abitudini della vittima, la sua avvenenza, un possibile amante. Le parole sono importanti: non si può spiegare l’omicidio di una donna come conseguenza di un umano scatto di nervi.

Bisogna riflettere sul ruolo delle donne, sull’uso che si fa del loro corpo. È l’uomo che è tornato alla clava o è la donna che continua a farsi oggetto, senza divenire persona? Forse il femminismo ha fallito, rivelandosi fenomeno monco e incompiuto. Anche da un punto di vista legale, i risultati sono stati tardivi. Solo nel 1981 venne abrogato l'articolo 544 del codice penale italiano che ammetteva il "matrimonio riparatore": l'accusato di delitti di violenza carnale, anche su minorenne, avrebbe avuto estinto il reato, nel caso di matrimonio con la persona offesa. Fino al 1996 rimase in vigore la sezione del Codice Rocco per la quale la violenza sessuale ledeva la moralità pubblica. Fu la legge n. 66 del 15 febbraio 1996, "Norme contro la violenza sessuale", ad affermare il principio per cui lo stupro è un crimine contro la persona, che viene coartata nella sua libertà sessuale, e non contro la morale pubblica.

Irene Chias, giovane scrittrice di origini siciliane, indaga e approfondisce tutte queste problematiche nel libro Esercizi di sevizia e seduzione, edito da Mondadori pochi mesi fa. L’autrice sovverte tutti gli stereotipi sulla violenza sulle donne, mettendo al centro dell’attenzione il corpo maschile e scrivendo un romanzo che non si può definire femminista, bensì un romanzo sui generi. Ignazia, la protagonista, ha origine siciliane, vive a Milano ed è un architetto precario. Conosce Michele, che fa il ginecologo, e con lui intesse una storia d’amore. È stufa di vivere in una metropoli pericolosa, dove due idioti commentano ridendo gli oltre trenta punti di sutura con cui è stata ricucita una donna aggredita. «Ignazia non è un’eroina, non ha particolari traumi da vendicare, non si definisce una giustiziera: al massimo una serial scarer, una spaventatrice seriale. È una donna normale, semplicemente stanca dei luoghi comuni e delle discriminazioni che si annidano nell’immaginario di tutti, talvolta anche attraverso le pagine dei romanzi».

La letteratura, sovente, ha considerato più che normale la violenza sulle donne. Ignazia ha scelto accuratamente queste pagine e le ha riscritte al maschile. Che si tratti di American Psycho o di Arancia Meccanica o di episodi dell’Antico Testamento, poco importa. Le violenze sono le medesime; a cambiare è l’oggetto della violenza: in questo caso, è il corpo maschile a subire le angherie delle donne. La letteratura diviene metaletteratura e lo strumento – assurdo e paradossale senza dubbio – con cui Ignazia terrorizza gli uomini che seduce e rapisce, i quali sono sottoposti all’ascolto di queste pagine di riscrittura della violenza, con l’ausilio di dosi massicce di ossitocina che inibisce le aree del cervello che sono associate con il controllo, la paura e l’ansia e favorisce l’amore e l’orgasmo. Gli eventi si svolgono a Milano, ma le situazioni descritte coinvolgono il lettore in un ovunque di cliché che l’autrice puntualmente sovverte con ironia e con il costante tentativo di consapevolizzare gli uomini, o meglio certi uomini, sulla violenza verbale e fisica di cui si fanno latori.

Nel libro vi è una galleria di personaggi ben affrescati, sia quelli primari sia quelli secondari. Vi sono donne sciocche e banali, donne disinibite, uomini più o meno violenti. Vi sono donne colte e affermate professionalmente che accettano le percosse del proprio compagno e donne che divengono oggetto di stalking, i cui atti persecutori solo nel 2009 sono stati rubricati come reato. A farla da padrona è l’ironia con cui Chias problematizza tematiche che lievi non sono.

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