Vediamo ora cosa succede quando l’espansione si esplichi mediante concessione di crediti ai produttori senza che questi trovino una corrispondenza in un aumento di risparmio da parte degli agenti; se, quindi, la maggior facilità di accesso al credito non si verifica a causa di un mutamento nelle preferenze e nelle condizioni di mercato, ma si verifica a causa di una decisione di natura politica circa la necessità di creare delle condizioni di accesso alla liquidità siano più facili (in Prezzi e Produzione Hayek pone esplicitamente l’ipotesi che la Banca Centrale decida di abbassare autonomamente i tassi di interesse, influenzando in questo modo gli operatori di mercato).
La tesi di fondo è che quando l’espansione non trovi corrispondenza in una diminuzione della domanda dei beni di consumo (aumento del risparmio), la serie di fenomeni che si mettono in moto, molto simili a quelli visti nel paragrafo precedente, e che portano all’allungamento della struttura produttiva, non costituiscano una trasformazione stabile, d’equilibrio, con caratteristiche permanenti: “quando il mutamento della struttura era provocato dal risparmio, eravamo giustificati nel supporre che il mutamento nella ripartizione tra beni di consumo e beni di produzione fosse permanente, perché frutto di decisioni volontarie degli individui”1.
Quando invece l’espansione non è sostenuta da un aumento di risparmio, la maggior produzione di beni di produzione (che dovrà implicare in un certa qual misura una diminuzione delle risorse destinate ai beni di consumo, stante la situazione di pieno impiego) avviene non in accordo con le scelte degli individui, nelle vesti di “risparmio forzato”: “i consumatori, a causa dell’accresciuta concorrenza tra gli imprenditori che hanno ricevuto la moneta aggiuntiva, sono costretti a rinunciare a una parte di quanto erano soliti consumare. E questo avviene perché ricevono meno beni in cambio dei loro redditi monetari, non perché essi vogliano consumare meno”2
In questo caso, nel corso del processo di ristrutturazione del sistema produttivo, entreranno in gioco delle forze che tenderanno ad invertire gli effetti che l’espansione monetaria aveva prodotto sui prezzi relativi e sulle quantità prodotte. Gli imprenditori si renderanno conto di aver seguito una politica degli investimenti sbagliata, e procederanno all’eliminazione di questi con conseguente accorciamento del processo; questo è quel che avviene quando sopraggiunge la crisi: la distruzione della quantità di capitale che l’espansione monetaria aveva contribuito a generare.
Prendiamo a prestito le parole di Ludwig von Mises: “il ribasso dell’interesse viene a falsare il calcolo imprenditoriale. Nonostante non ci sia una maggior quantità di beni di capitale disponibili, si includono nei calcoli parametri che saranno conformi solo nel presupposto di aver aumentato le formazioni di beni di capitale. Il risultato, di conseguenza, induce all’errore. I calcoli fanno sì che sembrino profittevoli e praticabili attività che non lo sarebbero se il tasso di interesse non fosse stato ribassato artificialmente mediante l’espansione creditizia. Gli imprenditori si imbarcano nella realizzazione di tali progetti. L’attività commerciale viene stimolata. Comincia un periodo di auge o espansione (boom)”3
Teniamo sempre presente il confronto tra i due casi, quando aumenti il risparmio reale e quando invece questo non accade. Nel primo caso la diversione di risorse dagli stadi vicino al consumo ha un effetto depressivo, diminuisce la domanda di consumo, diminuiscono i prezzi dei beni consumo, e contemporaneamente il saggio di salario reale aumenta relativamente al saggio di interesse; tutti questi effetti rafforzano la tendenza a spostare risorse verso i beni di produzione; nel caso in cui i maggiori investimenti non trovino corrispondenza nel risparmio, non si verifica una diversione di risorse dai beni di consumo: le risorse sono artificialmente aumentate dalle banche, senza alcuna riduzione.
Gli imprenditori, attratti dalle nuove possibilità di profitto che si verificano in un mercato ove la liquidità sia più a buon mercato, si lanciano in nuovi investimenti a più lunga scadenza, e domandano sul mercato risorse per effettuare tali investimenti, in termini di manodopera e prodotti intermedi. Non essendosi liberate risorse dovranno convincere i lavoratori a impiegarsi negli stadi più lontani, aumentando le retribuzioni. La prospettiva di maggior redditività dei processi più lunghi mista alla disponibilità di credito fa si che essi non esiteranno di fronte a questa situazione: “come risultato dell’incremento della domanda di fattori originari di produzione negli stadi più lontani dal consumo, senza che la stessa sia accompagnata da un aumento dell’offerta, è inevitabile che gradualmente si finisca per produrre una progressiva salita nel prezzo di mercato dei fattori produttivi”4
I prezzi dei beni di produzione ed in generale dei beni più sensibili alla variazione del tasso cresceranno, ma rispetto al caso di aumento del risparmio ora aumenteranno, in ragione di quanto detto detto su, anche i prezzi dei beni di consumo, anche se nella prima fase non tanto quanto i primi. L’ondata di benessere e ottimismo creata dall’espansione e sorretta dal credito bancario, dovuta al fatto che realmente si fronteggia una situazione in cui redditi e profitti sia vicino che lontano dal consumo aumentano, andrà avanti e, fintanto che rimanga sorretta dalla disponibilità di credito, gli imprenditori procederanno lungo questa strada.
Con il passare del tempo, crescendo i redditi dei lavoratori a causa dell’accresciuta quantità di moneta di cui dispongono gli imprenditori per gli investimenti, aumenteranno la domanda di beni di consumo (d’altronde non c”è motivo di supporre un cambiamento in corsa delle preferenze temporali, ed ipotizzare che l’aumento di reddito verrà più risparmiato che speso); queste decisioni non incideranno immediatamente sulle scelte allocative degli imprenditori, ma con il tempo porteranno ad inversione del processo di ristrutturazione che stiamo analizzando: allungamento della struttura produttiva vuol dire che cambia la proporzione tra domanda di beni di consumo e domanda di beni di produzione, a favore di quest’ultima; la caduta del saggio interesse provoca uno spostamento in questo senso; quando però il ribasso non sia conseguenze delle preferenze individuali, il processo tende ad invertirsi: i prezzi dei beni consumo cresceranno relativamente ai prezzi dei beni di produzione, e si verificherà un “cambiamento in senso inverso, della proporzione tra domanda di beni di consumo e domanda dei beni di produzione in favore dei primi”5.
Tale fenomeno porterebbe al ritorno a metodi produttivi meno indiretti, a meno che l’aumento delle domanda dei beni di consumo non venga compensato da ulteriori finanziamenti delle banche; e Hayek conferma che è estremamente probabile che avvenga questo; secondo Hayek, però, questa espansione continua dei crediti bancari, volta a finanziare e sostenere gli investimenti dei produttori nei settori più lontani dal consumo non può continuare molto a lungo (per ovvie ragioni, dice), e che, se pure avvenisse “gli altri effetti di un rapido e continuo aumento dei prezzi imporrebbero, dopo qualche tempo, di bloccare questo processo inflazionistico”6
Nel saggio “Capitale e Fluttuazioni industriali”, nel quale replica a un saggio di Hansen e Tout, all’idea di questi secondo cui sarebbe bastato un saggio costante di espansione del credito per garantire una quantità di risorse agli imprenditori tale da consentir loro di ultimare gli investimenti e portare fruttosamente a termine il processo di ristrutturazione della struttura produttiva, Hayek sostiene che, per quanto questo sia possibile, la conseguenza di un’espansione continua del credito porta, prima o poi, a generare delle conseguenze inflattive (in particolare come spinta sui beni consumo e sui prezzi dei fattori produttivi) tali da mettere in moto un processo inverso a quello che aveva incentivato l’allungamento della struttura (o, vista in altro modo, lo spostamento di risorse dagli stadi vicini al consumo a quelli più lontani).
La rincorsa degli imprenditori (che ricordiamo hanno a loro disposizione maggiori risorse monetarie) nei vari stadi per accaparrarsi le risorse produttive spingerà verso l’alto il costo degli stessi; inevitabilmente questa spinta si riverserà sul mercato dei beni di consumo e, complice la diversione di risorse immediatamente volte ad alimentare il flusso verso di questo, il prezzo dei beni di consumo volgerà verso l’alto. La salita dei prezzi al consumo, nel momento in cui diventasse maggiore di quella dei beni di produzione, darà luogo da un lato ad una diminuzione dei salari reali, dall’altro farà diventare comparativamente meno conveniente l’utilizzo di beni capitali rispetto alla manodopera. E’ l’effetto Ricardo di cui abbiamo parlato nella sezione precedente, ma che qui si manifesta in senso opposto: “l’aumento dei redditi dei fattori di produzione fa si che, in termini reali, questi, e in concreto, i salari, diminuiscano, e con questo gli imprenditori hanno un potente incentivo per sostituire, in virtù dell’Effetto Ricardo, macchinari e capitale immobilizzato con lavoratori”7.
Quando vada avanti questo processo, inizierà a diventare sempre più marcata la differenza di profittabilità tra stadi lontani e stadi vicini al consumo, a favore di questi ultimi; le imprese che si erano lanciate in progetti a lunga scadenza inizieranno a subite perdite contabili; non appena il flusso di risorse creditizie inizierà a rallentare, inizieranno alcuni imprenditori a mollare quei progetti; sul mercato si avranno progetti lasciati incompiuti, inizieranno i licenziamenti, le banche inizieranno a soffrire perdite dovute alla mancata restituzione dei prestiti: sta per sopraggiungere la crisi
Alla fine i nodi verranno al pettine: degli investimenti non realmente vantaggiosi, ma visti come tali a causa della facilità di accesso al credito (che non trovava corrispettivo in un vero risparmio), si riveleranno come tali; in questo tipo di analisi non è possibile fare previsioni sui tempi che occorrono per il generarsi di una crisi di questo tipo; d’altronde entrano in gioco tutta una serie di altri effetti, complementari o di segno opposto, che possono contribuire a prolungare considerevolmente un fenomeno di questo genere; negli ultimi decenni abbiamo assistito a boom della durata nell’ordine anche di più di dieci anni, durante i quali sembrava che tutto sarebbe sempre continuato in quel modo (ottimismo generalizzato, tipico di ogni momento di espansione); ma, anche non potendo prevedere nel dettaglio e quantitativamente, questa teoria sostiene che, necessariamente, ad una fase espansiva finanziata da credito, non può che seguire una crisi, in cui i progetti non redditizi verranno liquidati, con tutte le conseguenze del caso, che anche solo leggendo i giornali saranno ben chiari ai lettori.
Come già visto nel grafico nella sezione precedente ove descrivevamo un espansione che trovava origine in un aumento reale del risparmio, anche ora partiamo da un’economia in condizioni di crescita nulla in equilibrio intertemporale. Il tasso interesse sul mercato finanziario è quello di equilibrio, e come già in precedenza ha le caratteristiche di tasso naturale. L’espansione ha inizio con l’iniezione di nuova liquidità nei mercati del credito. La banca centrale adotta un interest-rate target che mira al conseguimento di un livello inferiore a quello che si sarebbe avuto senza la sua iniezione di liquidità. Il modo in cui questa cerca di conseguire il suo obiettivo è aumentando l’offerta di fondi prestabili con l’introduzione di credito di nuova creazione. Farà in modo di acquistare titoli in quantità sufficiente da poter pilotare il tasso verso il basso, verso il livello desiderato. In genere misure di questo tipo il tasso viene portato ad un livello inferiore. Il fatto è che azioni di questo tipo non riescono a far diminuire i tassi a lunga scadenza tanto quanto quelli a breve scadenza, senza però riuscire ad eliminare gli effetti perversi di tale espansione creditizia. Più in generale, le banche centrali hanno sviluppato vari metodi per conseguire il risultato, e le considerazioni che ci impegneranno da qui in avanti risultano indipendenti dalle particolari azioni messe in campo dalla Banca centrale per far abbassare il tasso di interesse. Una espansione del credito pilotata mediante una riduzione del tasso di sconto o mediante una riduzione degli obblighi di riserva, producono degli effetti sostanzialmente analoghi, certamente descrivibili allo stesso modo. Producono infatti i medesimi effetti macroeconomici, avendo tutti il fine di creare nuovo denaro, e ripercuotendosi sul tasso di interesse.
Per facilitare il confronto, l’espansione del risparmio che abbiamo visto qualche pagina più sopra, e che trovava origine in un cambio autonomo delle preferenze degli operatori, è esattamente uguale all’espansione artificiale del credito che ci accingiamo ora ad analizzare; lo spostamento della curva di offerta nel grafico dei fondi prestabili è esattamente uguale quindi.
L’espansione così congegnata, invece che creare un nuovo tasso d’interesse d’equilibrio e una conseguente eguaglianza di risparmio ed investimento come accadeva nell’espansione indotta dal nuovo risparmio, genera un doppio disequilibrio per un tasso d’interesse inferiore al tasso naturale. I risparmiatori infatti, che non hanno mutato le loro preferenze in fatto di risparmio, fronteggiando un tasso d’interesse diminuito sono indotti a prestare di meno; i prestatari (chi prende fondi in prestito) ne prendano invece in quantità superiore, stimolati dai minori tassi.
La distanza orizzontale tra l’offerta (di risparmio) e la domanda ( di credito) indica graficamente la quantità di credito fornita dalla banca centrale mediante i suoi interventi.
Rappresenta fondi presi in prestito (e di conseguenza poi trasformantesi in investimenti) che non trovano un corrispettivo effettivo nel risparmio prodotto nella società. L’idea è che gli investimenti reali non possono risultare superiori alla parte di prodotto non consumata (leggasi risparmio); si verifica cioè, nel lessico di Hayek, ormai desueto, il fenomeno del consumo del capitale Dire che l’espansione creditizia va a coprire la distanza tra la domanda e l’offerta come li vediamo nella distanza orizzontale sul grafico non vuol dire che si annulli il problema di tale discrasia. Piuttosto mette da parte il problema, e lo fa soltanto temporaneamente. Aggiungere credito di nuova creazione nel modo che abbiamo detto crea di fatto una sorta di cuneo tra risparmio ed investimento.
Gli effetti immediati sono 1) non si assiste ad una carenza di credito disponibile 2) un boom economico in cui il suddetto problema apparentemente nascosto, generando un mismatch tra risparmio ed investimento si acuisce 3) un inevitabile bust come fine della storia ed inevitabile risoluzione dei problemi.8
Il doppio disequilibrio nel mercato dei fondi prestabili si riflette nei due punti limite sul grafico della frontiera delle possibilità produttive. Risparmiare meno vuol dire consumare di più; ma, fuorviati da un tasso d’interesse artificialmente basso, consumatori e investitori ingaggiano una sorta di tiro alla fune. Se a vincere fossero i consumatori, ci si muoverebbe in senso anti-orario lungo la frontiera fino a raggiungere il vertice ovest. Se a vincere fossero gli investitori, ci si muoverebbe in senso orario, e ci si assesterebbe sul punto limite verso est degli investitori. Con questo vogliamo dire che in un caso sarebbero i consumatori a determinare il punto di equilibrio sulla frontiera, nell’altro gli investitori. Di fatto invece nessuno dei due può determinare il punto in cui si colloca senza la partecipazione dell’altro. Entrambe le scelte, quelle di investitori e consumatori, hanno le loro reali conseguenze.
Graficamente, quindi, la tensione tra questi due punti sulla frontiera, con i consumatori che spingono da una parte e gli investitori dall’altra, fa si che l’economia si spinga al di là della frontiera, combinando entrambi i punti in un punto che conciliano le pretese di entrambe le posizioni.
Avendo definito la frontiera produttiva in termini di sostenibilità dei livelli di output, possiamo pensare che l’economia si muova al di là di quanto teoricamente possibile solo se ipotizziamo che si tratti d’un qualcosa di temporaneo, non duraturo (anche se andrebbe indagato il senso temporale di questa affermazione) C’è la possibilità che per un po’ di tempo l’economia nel suo complesso produca una quantità al di là delle sue possibilità teoriche.
Il cuneo creatosi tra risparmio ed investimento nel mercato del credito e la sorta di tiro alla fune tra i due estremi sulla frontiera si manifesta nell’impatto sulla struttura nel triangolo di Hayek, il quale, come si può vedere dal grafico di fatto collassa, creando una figura non più triangolare; nella parte più sulla sinistra, che indica gli stadi più lontani dal consumo, trova graficamente luogo il malinvestiment (cattivi investimenti), mentre nella parte di destra l’overconsumption (l’eccesso di consumo).
Nel caso di un’espansione guidata da un aumento di risparmio abbiamo visto come gli effetti derivati dalla domanda derivata e dallo sconto temporale agivano nella stessa direzione, producendo uno ristrutturazione sostenibile, tale che portava le risorse liberatesi nei pressi dello stadio del consumo a muoversi verso gli stadi più lontani; il tutto si traduceva graficamente in una diminuzione in senso assoluto della pendenza nel triangolo, la cui ipotenusa risultava alla fine più appiattita. Nel caso dell’espansione guidata dall’espansione nel credito i due effetti lavorano in direzioni opposte. L’effetto derivante dallo sconto temporale, essendo più marcato nei primi stadi, attrae risorse per la produzione di progetti a lungo termine. Il basso tasso d’interesse stimola la produzione di beni di capitale durevoli, lo sviluppo dei prodotti ed altre attività il cui rendimento diventerà tangibile solo in un futuro non immediato.
L’effetto derivante dalla domanda derivata si fa invece sentire maggiormente nei pressi dello stadio finale (consumo), drenando risorse in senso opposto allo sconto temporale, in modo da soddisfare la mancata riduzione nella domanda per beni di consumo. Il triangolo risulta spinto verso i due estremi, come se avessimo allo stesso un allungamento della struttura produttiva (l’ipotenusa diviene più piatta), ed un restringimento della stesso (l’ipotenusa diviene più ripida). Graficamente è chiaro il collasso della figura, che rappresenta l’inevitabilità del sopraggiungere della crisi
1Hayek, F A, 1990, Prezzi e Produzione, pg 49
2Hayek, F A, 1990, Prezzi e Produzione, pg 51
3von Mises L., 1959, L’Azione Umana, p. 656
4De Soto H, Moneta, Credito Bancario e Cicli Economici, pg 242
5Hayek, F A, 1990, Prezzi e Produzione, pg 71
6Hayek, F A, 1990, Prezzi e Produzione, pg 71
7De Soto H, Moneta, Credito Bancario e Cicli Economici, pg 246
8Garrison R, 2005, The Austrian School, pg 32