[ESPERIENZE VIDEOLUDICHE] Skyrim e i dintorni

Creato il 08 settembre 2013 da Rostislav @videogiochiword
Scritto da ronizuka Approfondimenti, Esperienze Videoludiche, News, Opinioni domenica, settembre 8th, 2013

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Sono ormai mesi che gioco a Skyrim e in questo articolo voglio raccogliere quelle impressioni che non possono essere raccolte in un articolo. Sono quelle piccolezze che se raccolte tutte insieme diventano un grande bagaglio di emozioni. Credo che sia inutile ragguagliare su cosa sia Skyrim, ma per il rispetto di tutti quanti lo farò. Skyrim è il quinto della saga di The Elder Scrolls ed è un gioco GDR ambientato per l’appunto nella regione di Skyrim. Uscito su PS3, Xbox360 e PC questo gioco è riuscito a conquistare non solo i fan e la critica, ma ha raccolto anche coloro che questa serie non la amavano e tra questi c’è il sottoscritto. Sì lo so, merito la morte per impalamento, ma abbiate pazienza, continuate a leggere e forse finirete per cambiare l’idea come l’ho cambiata io. Ah, dimenticavo che il gioco è stato sviluppato da Bethesda.

“Brindiamo al domani e alla sua gioventù
perché l’oppressore non torni mai più.

L’Impero è il passato e il suo fato segnato
col sangue e la spada riavremo una casa.

Lode a te Ulfric, o sommo sovrano,
il tuo nome nel canto non echeggerà invano.

Siamo i figli di Skyrim, lottiam con ardore
nel Sovngarde alfine troveremo l’onore.

Ma la terra è la nostra e mai esiteremo,
il cuor del nemico marcirà nel terreno.”

Quando accendi la prima volta il gioco e ti ritrovi su un carro, trasportato verso il luogo della tua esecuzione non ti rendi davvero conto di cosa tu stia facendo e quindi segui tranquillo il proseguire di una vicenda che sembra essere tutt’altro che all’inizio. “E vabeh” ti dici, è un classico per la Bethesda far iniziare cosi i suoi The Elder Scrolls e quindi ci sta. Dopo un brevissimo tutorial finalmente capisci quali sono i comandi, ma non ti senti ancora abituato al gameplay, infondo sono poche decine di minuti che stai giocando, quindi è anche ovvio. Un mondo cosi vasto è accompagnato da un sistema di gioco complesso e poco fruibile dai primi minuti di gioco. Tra un tasto sbagliato e uno giusto inizia il duro percorso per diventare il famoso sangue di drago. Ah, ho dimenticato di dire che probabilmente ci saranno degli spoiler (anche se ne dubito), quindi siete avvisati.

Sempre durante il tutorial, quando fuggiamo dal villaggio in fiamme e ci ritroviamo oltre le grotte che accade qualcosa di incredibile. Come nel mito della caverna di Platone anche noi veniamo abbagliati da una luce immensa e restiamo ammaliati dalla quantità di colori presenti sullo schermo. Naturalmente il paragone con il mito della caverna è forse un po’ troppo grande, visto che qui si tratta di una bellezza visiva, mentre il mito è un parallelismo con l’intelligenza e il libero pensiero, ma ormai la cosa è fatta… e poi non sembra cosi malaccio. Il miscuglio di colori che si presenta davanti ai nostri occhi è paragonabile all’effetto del LSD su una persona e quindi converrete anche voi che restare ipnotizzati sembra davvero il minimo sindacale. Abituati a questo primo aspetto ci rendiamo subito conto della fluidità dei movimenti, che durante la fuga dal villaggio non si sentiva, chissà perché. Forse è la frenesia del momento, unita alla preoccupazione dell’inizio a creare questo effetto. I movimenti fluidi non solo ci fanno fare letteralmente ciò che ci pare e piace, ma creano quasi un affinità elettronica tra il gioco e il giocatore.


Viaggiamo attraverso le terre di Skyrim. Cosi vaste ed eterogenee da rendere quasi un secondo mondo quello dentro lo schermo. Naturalmente non è cosi all’inizio. Piuttosto la cosa che si prova è quella dello smarrimento completo e quindi non si percepisce praticamente niente di positivo nel titolo. Il volgersi degli eventi iniziali è uno scorrere troppo veloce di acque torpide che non abbiamo le forze di attraversare. Veniamo quindi travolti da questo scorrere delle impetuosità. Forse se prendiamo la trama e la separiamo dal resto del gioco allora ci ritroveremo tra le mani nient’altro che un banalissimo racconto fantasy che non aggiunge né toglie niente al panorama letterario odierno, ma è l’insieme che fa la forza. L’insieme di vicende, luoghi, culture, storie.

“Brindiamo al domani e alla sua gioventù
perché l’aggressore non torni mai più.

Dei Manto di Tempesta la sorte è funesta,
col sangue e la spada riavremo una casa.

Preparati Ulfric, assassino di re,
che il dì tuo fatale rideremo di te.

Siamo i figli di Skyrim, lottiam con ardore
nel Sovngarde alfine troveremo l’onore.

Ma la terra è la nostra e mai esiteremo,
il cuor del nemico marcirà nel terreno.”

Come un pesce che viene travolto dalle acque di prima, che dopo un po’ prende la via della corrente e riesce a manovrare il proprio corpo per spostarsi, cosi anche noi veniamo finalmente orientati nella giusta direzione. Le vie diventano finalmente come delle vie parallele della nostra vita. Tra la strada per andare al supermercato e quella per la scuola c’è quella per Winterhold ed è perfettamente normale. Le vie della vita reale e di quella digitale iniziano ad unirsi e a comporre un mosaico che in fin dei conti dopo una ventina d’ore sembrava quasi banale per noi.  Come potevamo perdersi in un mondo cosi fantastico? Come potevamo non renderci conto delle potenzialità del titolo fin dall’inizio?


I draghi, quella novità assoluta nel mondo di The Elder Scrolls. La novità che doveva stravolgere completamente il gioco è forse la novità meno sconvolgente e anzi, oserei quasi dire che la delusione nel trovare i draghi comandati da dei semplicissimi pattern è stata davvero grande e forse era meglio non inserirli, migliorando però la qualità visiva del titolo. Insomma, parliamo di una massa di poligoni che girano su dei binari invisibili e fanno le stesse cose in sequenza, noioso, vero? Purtroppo nessun gioco è esente di difetti e lo stesso vale anche per Skyrim, che tuttavia riesce a limare questi difetti rendendoli quasi dei pregi. Quindi lasciamo i draghi svolazzare nel cielo, uccidiamoli e urliamo un bel Fus Ro Da a tutto il mondo.

La vera avventura inizia però dopo una quarantina di ore di gioco. No, non avete sentito male. Dopo quaranta ore di gioco di circa sembra di stare direttamente nel gioco e ogni vicolo diventa più famigliare della strada per andare al cesso. Questo non succede solo in questa saga, ma anche in tanti altri giochi. Pensate a Fallout. In quel gioco è ugualmente importante l’immedesimazione con l’alter ego digitale. Quasi fosse una parte organica di noi, questa condivisione di personalità diventa evidente come il doppio volto di Due Facce, il famoso nemico di Batman.

L’anima di un titolo targato Bethesda non sa però nel comparto grafico, nel gameplay oppure nella trama. L’anima dei giochi targati Bethesda sta nella sua colonna sonora. Sembra strano, vero? Di solito la musica serve per trasmettere delle ulteriori emozioni e se unite bene al contesto allora sono dei veri motori che ci portano lontano. La differenza con un titolo Bethesda qualsiasi consiste appunto nel suo utilizzo. Quando fai una passeggiata e ti metti ad ascoltare la musica di un Tomb Raider, le emozioni ci sono, certo. Il problema è che si tratta di emozioni di un vecchio momento che non sarà più lo stesso. Possiamo dire che sono delle statiche emozioni irriversibili. La potenza di un titolo Bethesda sta proprio qui. Durante la tua passeggiata accendi la colonna sonora di Skyrim e provi delle emozioni completamente diverse da quelle provate nel gioco. A volte riesci a percepire l’odore di Solitude o di Riften e allora ti rendi conto di quanto siano movimentate queste emozioni, che si modellano in base al luogo e allo stato d’animo. Sono delle emozioni che lavorano per noi e non siamo noi che lavoriamo per cercare di provare qualche emozione.

Questa probabilmente è una prima parte di un lunghissimo speciale riguardante Skyrim. State sincronizzati per leggere il nostro secondo articolo.


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