Nel libro di Seel la disposizione degli aforismi ha un ritmo nel quale “appare in rapida successione una serie di virtù e di vizi che costantemente si avvicinano e si allontanano”. L’autore dimostra come ciascuno stato, sentimento o carattere da lui trattato non si trovi in un rapporto di contrapposizione totale rispetto a ciò che viene considerato il suo contrario, ma rechi in sè la propria antitesi. Così l’individuo affabile, che “in società sa combinare abilmente la compiacenza con il distacco”, mostra il suo lato oscuro quando viene meno il riparo dell’alterità, e scopre di essere anch’egli “uno di quei disperati che dipendono dalla droga della costante evasione da sè stessi”. Così il cinico, che attraverso l’uso della parola “mina le pompose affermazioni della teoria e della politica” perde la sua aura di rigore morale una volta notato che “questa avversione può essere efficace solamente se il cinico non si batte dalla parte del potere”. Basta un cambiamento della situazione materiale, oppure un’errata intensità del sentire, perchè una figura virtuosa sveli il lato nascosto della sua natura.
Il discorso di Seel si sviluppa nel senso di un ritorno al significato originale del la filosofia, alla meraviglia che “precipita l’uomo nel dubbio” e lo incoraggia a porsi domande rispetto al propio agire. Come si legge nell’introduzione : “Da questa meraviglia si determina il desiderio di chiarezza, la brama di esplorare quelle realtà intrecciate tra loro all’interno delle quali si dischiudono a noi le vie della comprensione”.
Qui emerge il richiamo di Seel ad Aristotele, non come maestro a cui ritornare, ma come ispiratore che possa guidare un tentativo di ricomporre la frattura nietzschiana, che corrisponde ad un nuovo momento costitutivo dell’etica, nel quale l’occhio scruta con stupore ed angoscia il vuoto vhre la scomparsa di Dio ha lasciato, precipitando l’uomo nel dubbio.
Riccardo Motti