Espulsione coronale da un buco nero

Creato il 28 ottobre 2015 da Media Inaf

Gli enigmatici e strani comportamenti mostrati dai buchi neri sono diventati in qualche modo meno misteriosi grazie alle recenti osservazioni realizzate dai satelliti della NASA Swift e NuSTAR (Nuclear Spectroscopic Telescope Array). I due telescopi spaziali hanno catturato un buco nero supermassiccio in mezzo ad una gigantesca emissione di radiazione X che sta permettendo agli astronomi di ricavare preziosi indizi sulle modalità che stanno alla base di questa fenomenologia. I risultati, pubblicati su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society (MNRAS), suggeriscono che i buchi neri supermassicci esibiscono fasci di radiazione X quando la loro corona che li circonda, costituita da particelle estremamente energetiche, viene espulsa dal buco nero.

La figura illustra tre momenti durante i quali avviene l’espulsione della corona. La sfera di luce color violastro al di sopra del buco nero, la corona, contiene particelle estremamente energetiche che generano raggi X. A sinistra, la corona si raccoglie verso l’interno, diventa luminosa (al centro) prima di essere espulsa dal buco nero (a destra). Credit: NASA/JPL-Caltech

«È la prima volta che siamo stati in grado di correlare questo fenomeno di espulsione coronale con un brillamento», spiega Dan Wilkins della Saint Mary’s University a Halifax, in Canada, e autore principale dello studio. «Ciò ci permetterà di comprendere come i buchi neri supermassicci alimentano alcuni tra gli oggetti più luminosi dell’Universo».

È noto che i buchi neri supermassicci non emettono luce ma sappiamo che spesso sono circondati da dischi di accrescimento composti di materia calda e incandescente. La gravità di un buco nero attira il gas che si muove a spirale attorno all’oggetto che riscaldandosi emette radiazione sotto forma di diversi tipi di luce. Una particolare sorgente di radiazione che si trova in prossimità del buco nero è la corona. Queste strutture sono fatte di particelle estremamente energetiche che producono raggi X, anche se i dettagli su come esse si formano non sono ancora chiari.

Gli astronomi ritengono che le corone possiedono una di due possibili configurazioni. Secondo il cosiddetto modello a “lampione”, la corona appare come una sorgente di luce compatta, un po’ simile alle lampadine, situata al di sopra e al di sotto il buco nero, lungo il suo asse di rotazione. L’altro modello propone che le corone siano distribuite più diffusamente nello spazio, come una sorta di gigantesca nube che circonda il buco nero e come una specie di “sandwich” che racchiude il disco di accrescimento, tipo delle fette di pane. È possibile che queste strutture cambino la loro configurazione passando da una configurazione all’altra.

I dati di questo studio favoriscono il modello a lampione e dimostrano, in maniera molto dettagliata, come si muovono queste strutture. Le osservazioni hanno avuto inizio quando il satellite Swift, che monitora il cielo alla ricerca di sorgenti che presentano violente emissioni di raggi X e gamma, catturò un enorme brillamento associato al buco nero supermassiccio Markarian 335 (Mrk 335) che si trova a 324 milioni di anni luce nella direzione della costellazione di Pegaso. Un tempo, questo super buco nero, che risiede nel nucleo della galassia, rappresentava una delle sorgenti X più brillanti del cielo.

«Nel 2007, è accaduto qualcosa di strano quando perché la luminosità di Mrk 335 diminuì di un fattore 30», fa notare Luigi Gallo, investigatore principale del progetto alla Saint Mary’s University e co-autore dello studio. «Ciò che abbiamo trovato è che l’oggetto continua ad emettere brillamenti ma non ha ancora raggiunto quei livelli di luminosità e di stabilità visti prima». Da quell’epoca, Dirk Grupe della Morehead State University nel Kentucky e co-autore dello studio ha iniziato ad utilizzare il satellite Swift per monitorare in maniera regolare il buco nero in questione.

Sette anni dopo, nel Settembre del 2014, Swift osservò Mrk 335 mentre esibiva un altro enorme brillamento. Una volta assicuratosi ciò che stava accadendo, Gallo inviò immediatamente una richiesta al gruppo di NuSTAR affinchè il satellite fosse puntato verso l’oggetto come parte di un programma denominato “target of opportunity“, per cui le osservazioni pianificate vengono interrotte per seguire eventi astrofisici di notevole importanza. Otto giorni dopo, NuSTAR puntò i suoi “occhi” verso l’obiettivo e fu testimone della parte finale dell’evento che causò il brillamento.

Dopo aver attentamente analizzato i dati, i ricercatori si resero conto che stavano osservando l’espulsione e l’eventuale collasso della corona. «Inizialmente la corona si è spostata verso l’interno per poi essere spazzata via come un getto», dice Wilkins. «Non sappiamo ancora come si formano i getti dei buchi neri ma ciò che stiamo vedendo rappresenta davvero una possibilità unica che ci permette di poter affermare che la corona di questo buco nero abbia iniziato a formare la base di un getto prima che collassasse».

La domanda è: come fanno gli scienziati a dire che la corona si è mossa? Rispetto alla luce che proviene dal disco di accrescimento, la corona emette luce sotto forma di raggi X con uno spettro leggermente differente, cioè un insieme di “colori” X. Analizzando lo spettro X di Mrk 335 su un ampio intervallo di lunghezze d’onda osservate sia da Swift che da NuSTAR, i ricercatori hanno potuto concludere che la luce X della corona ha subito un incremento di luminosità dovuto al suo movimento.

Queste particolari strutture possono spostarsi molto rapidamente. Secondo gli scienziati, la corona associata a Mrk 335 si è spostata con una velocità pari al 20 percento della velocità della luce (circa 60.000 Km/sec). Quando la corona viene espulsa verso la direzione dell’osservatore, allora la sua luminosità viene incrementata per un effetto relativistico chiamato Doppler boosting. Insomma, se mettiamo tutto insieme, i risultati mostrano proprio che il brillamento X è stato causato dall’espulsione della corona.

Naturalmente, non è la fine della storia perchè rimangono ancora altri misteri da risolvere. Ad esempio, gli astronomi vogliono capire prima di tutto ciò che causa l’espulsione della corona. «La natura di questa sorgente di alta energia che chiamiamo corona è misteriosa», conclude Fiona Harrison, investigatrice principale del programma NuSTAR al California Institute of Technology che non ha partecipato allo studio. «Ora, però, la possibilità di osservare variazioni drammatiche come in questo caso ci sta permettendo di ricavare preziosi indizi sulla sua dimensione e struttura».


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Fonte: Media INAF | Scritto da Corrado Ruscica