Esselunga: mito tossico e realtà

Creato il 30 novembre 2011 da Biagio1972 @l_immateriale


Il sopra o il sotto; davanti o dietro: vi sono tanti modi di guardare o di pensare un’impresa. Preferiamo quasi sempre la prima opzione, forse perché è appunto la prima che conosciamo, quella più facile, quella che guardiamo più spesso, quella più curata e per questo più gradevole.
La comunicazione d’impresa (in tutte le sue varianti: dalla pubblicità alle variegate declinazioni del below the line) si è sempre occupata del davanti e del sopra. Funziona ancora oggi?
Due mesi fa Esselunga ha lanciato una campagna ambiziosa quanto esosa: produrre un filmato promozionale firmato da Giuseppe Tornatore e stamparne 5 milioni di copie per regalarne una a ogni cliente. Il regista premio Oscar a corto di idee riprende l’idea del ragazzino che scopre l’incanto non più del cinema ma del supermercato. Tornatore mette in scena lo spettacolo della merce (per citare un testo di Vanni Codeluppi), intuendo che esso è una categoria estetica prima ancora che sociologica. Ovvero ritengo che una parte della popolazione dei paesi cosiddetti avanzati abbia conformato la propria estetica sulla base di quella che assorbe passivamente frequentando i grandi centri commerciali e gli ipermercati. Tornatore racconta un mito tossico, quello del supermercato come epitome ultima dell’opulenza occidentale e a produrre il thauma non è più la scoperta del mondo ma la molteplicità cangiante di beni che accende il desiderio.
Dal punto di vista tecnico quella di Esselunga è un’operazione che si avvale di investimenti in produzione e postproduzione digitale notevoli. Il mito tossico è raccontato (invevitabilmente) con la patina glossy del racconto fantastico e il risultato sono immagini estremamente levigate. Appunto, cosa possiamo desiderare di più di un davanti e di un sopra levigato, senza sbrecciature, armonioso? Quella che noi chiamiamo bellezza è spesso il frutto del potere.
Ma il dietro? il sotto? Possiamo oggi credere che sia possibile nasconderli, renderli anonimi, afoni, a causa dell’imbarazzo che ci crea la loro bruttezza, la loro imperfezione, la violenza che l’immagine pacificante cela?No. Oggi basta una telecamera digitale da pochi euro per mostrare a tutti la violenza di ogni rapporto di potere. E così emergono dal web i lavoratori in sciopero della logistica di Esselunga, che non sono gli attori della famiglia italiana modello del film di Tornatore ma immigrati brutti, sgraziati, rabbiosi, con un linguaggio povero come la loro realtà.
Provate a vedere i video degli scioperi dopo aver visto il minifilm di Tornatore. Non noterete solo la radicale differenza estetica che passa tra essi. Forse capirete anche come l’accettazione di certi rapporti di potere (e, ovviamente, di indirizzo dei consumi) passi anche attraverso un’adesione estetica.