L’estate è bella ch’è andata.
Tranne qualche fortunato, che se la spassa in qualche posto ormai poco affollato, la maggior parte delle persone ha ripreso con la vita modelloinverno.
Città, lavoro. Lavoro. Lavoro.
Eppure, è inutile negarlo, quella sì che era sembrata vita.
Relax. Zero pensieri. Amari a gogò. Mojiti. Spaghetti alle vongole.
Odore di crema solare.
Sabbia.
E la sensazione di vivere davvero.
Con la stessa spensieratezza dei bambini.
A godere di tutto il mare e il cibo e gli amici e la famiglia e i libri.
Io quest’anno ho deciso di chiudere con tutto.
Ho fatto i bagagli e sono andato al mare. Dal primo all’ultimo giorno di ferie.
Non mi sono portato nemmeno il computer.
Me ne andavo in giro con la mia macchina scassata. Rigorosamente a benzina.
E mi sentivo un figo. Con la musica gracchiante che pompava dall’autoradio a cassette.
Che fa tanto anni Novanta.
Perlomeno i “miei” anni Novanta.
Con Jon Spencer e i Cure e i Joy Division.
Verso il mare.
A percorrere strade strette circondate da colline basse coperte di grano riarso.
E cielo. Tanto cielo.
E poi la spiaggia.
A nuotare-asciugarsi-nuotare.
Con la pelle distesa e i muscoli in funzione e il sapore del sale.
E poi tornare in città.
Con la compagnia di un trittico fatto di desolazione, serrande abbassate e 40 gradi.
E la voglia di mandare tutto a puttane e andarsene ancora una volta al mare.
E, in mezzo al nulla, vedere un ragazzo con la metà dei miei anni, vestito da rocker anni Ottanta.
Stivali a punta. Jeans strettissimi, maglia e gilet.
Capelli lunghi cotonati, birra in mano.
Faccia da bimbo e sguardo fiero.
Se ne andava caracollante con il suo gilet con cucito dietro Bon Jovi.
Fuori: sempre 40 gradi.
A quel punto ho pensato: ma come cazzo si fa ad ascoltare Bon Jovi a 16 anni nel 2011?
E come si fa a vestirsi da Bon Jovi anni Ottanta?
E poi ho pensato a me nella mia macchina scassata con la musica anni Novanta.
E ho capito.