Flavia Tomassini
Di FLAVIA TOMASSINI
ANACRUSI
Conosci nomi, uomini, donne,
conosci nuove storie,
il mandorlo, un frutto unico,
frazionato nel tuorlo delle vanità,
se il mondo è interamente astrazione di pensieri
sottili e paralleli,
voci in segmenti interrotte
di equazioni perfette.
A tempo andiamo in tempi differenti.
Conosci nomi, uomini, donne.
AORISTO
Tetra spirale saggia il suolo,
ortogonale rettile infila
l’asola del fusto erboso.
L’asse terrestre, la sfera celeste,
coassiali nel canneto
del meccanismo senza tempo.
Incalza la raggiera,
curva centrica al di sotto,
curva centrica al di sopra.
Scompare un qualunque giorno.
AUTENTICA
L’attimo che mi tocco
vorrei concedermi
tutto il tempo e la grazia.
Di contro mi muovo
come seguendo traccia
di una replica sorpassata.
Il volto si comprime denso,
il gesto incalza svelto.
Il suono di riflesso
sfugge afono al verso.
Nell’intimità
esigua è la cura
che ancor mi riservo.
Molteplici le contrazioni
in cui mi celo.
Questa è di certo
un’autentica confidenza.
Frutto schietto
di un’autentica esistenza.
BURN
È piacere di svanire,
piacere di essere altro,
piacere di ascoltare infine
il suono metallico del farsi sabbia,
di levigarti dal sapere, di ripulirti
dalla lordura, di avere la cassa pulita,
sentire il vento pulirla, grattandola in superficie.
D’ALTRE TERRE
L’acqua dell’anno torna a saziarmi in ciliegie e fermento.
Una rossa specie di abbandoni mi disseta.
D’altre terre il nétto.
Della mia anima.
CELEBRAZIONE
È impegnativo uscire dalle maglie dell’amore,
sottintese vi sono ragioni oculari – intagli
scolpiti – miniature – venate.
Le porte aperte fanno intuire del buio le forme,
delle nicchie – concavo – il volume.
Il cero consuma la presenza,
il tabernacolo – luogo nel luogo –
spazio denso – il corpo – pane – il soggetto.
In coda sei solo – l’altare perizia
della coscienza.
Tu stesso – offici – la pietra della tua casa –
l’oracolo – della tua veglia.
CORRENTI DEL SILENZIO
L’estate entra nel corridoio ospedaliero
per la serranda tirata non del tutto giù,
la penombra resta sul sedile, mi rimanda
delle vele di bambù le fantasie del di dentro.
Bevevo un caffè nella piazza anni addietro, vidi
i miei figli giocare, non avendo io figli,
un’altra me alzava gli occhi
al piccolo balcone, perfetto stretto
rettangolo suggellava
l’ondeggiare salino dei platani
sulle tende scese.
Scrivo nel silenzio finto che mi circonda,
sorvolando il riserbo apparente
del pannolone che si gonfia,
sul letto la pressione crolla,
camici corti convergono, lunghi camici assenti.
I mugolii compagni sono un coro –
non è alimento il cibo che date loro –
la solitudine è un passaggio necessario –
qualcuno ha scritto sul muro –
non si vive con quattrocento euro al mese –
un cane passa e urina sul prato – e per tanta poca cosa –
la gente – finalmente – ride.
Un uomo e una bambina avanzano svelti,
si fermano all’ultima porta,
a me dinanzi e alla finestra
la luce s’insinua ancora.
Sinistramente squillante
il saluto dei visitatori.
Hanno dimenticato di essere spettatori –
non sappiamo più attraversare – l’evoluzione.
FORTUNA
Ad esaminarle – le api – comunicano
la fortuna del piacere loro.
La vita fecondata a disegno – succhiano –
intelligente il nesso.
Ironizzo io – che la salute loro è la fortuna
nostra – e non la mia – la monocultura del tabacco.
INCOGNITA
Nel folto della decade
il nugolo delle fiammelle
lega forma noi.
La quinta si alza
soffiandomi in volto
l’eterogenesi del creato.
IRIS
Poggia l’iris
sul guanciale.
Lontano da qui
il contadino
esercita l’osservazione
nel silenzio assorto
della pioggia
che cade.
NELLA NATURA DEI CARDI
I cardi li trovi
spontanei nei campi
coriacei nei gambi
erti tra i sassi
in capolini di spine
e da corolle di fiori
adornati.
I cardi li trovi
interrati negli orti
a scavare passaggi
cercando ostinati
fiotti di luce.
È nella natura dei cardi
volere il sole e le spine.
È nella natura dei cardi
maturare teneri nell’ombra.
CATALISI
Reazione di sintesi.
La forma originaria del substrato è
destinata a mutare.
Campi tensoriali si espandono
anulari – come le orbite – librano
pianeti.
Raddoppio il concetto – plurimo
che mi sostiene – gli atomi abitano –
i vuoti.
Partecipa – va innanzi.
TEORIA DELL’ASSORBIMENTO
Come un nulla
quantico
mi muovo
tra gli spettri,
solcando
il prisma
delle relazioni
primarie.
RIFRAZIONE
Dei molti scatti
di noi due accanto,
della scelta di arrivare qui,
a cavallo di un triciclo,
per osservarci nell’evidenza.
Sorelle che condividono
medesime bende
con fare diverso.
SCARABEO
Il cantante riversa
lucciole ambrate di psiche accesa
sulla morfologia dei vissuti,
istintiva la presa,
memoria collettiva rincara,
sincronia, empatia, il talento schiude
piccole larve, coleotteri in numero maggiore,
e qualche insetto dorato.
PUNTO SECONDO; L’OSSERVARE
Interiorizzo l’esperienza.
Lampo / la noce cade / è unisono
lampo – noce – esperienza – è immagine.
È suono – il tuono – risponde.
In precedenza all’eternità affermavo / l’accaduto passa sull’istante /
Dio è con me.
La noce precipita con il lampo – il dialogo è sancito –
l’interpunzione cessa.
VULNERABILE
Effimera è la rugiada che irrora il soma,
la filigrana imbastita delle galassie,
il dorso immutabile del moto eterno.
Vulnerabile – nel ricevere la parola ebbi un fremito –
si sprigionò da noi la forza che tutela la Vita –
nulla – del morire lento – mi fu avverso.
CONFIDENZIALE
Minute rughe di espressione, promiscui barlumi di elettricità,
la risata erompe in nulla moderata
se la comparo alla sete silenziosa.
La comunanza impone un discreto giro di rum.
Guarda, avviene l’aspetto meno ordinario delle persone,
le impassibili increspate avvisaglie dell’età
pigmentano l’effettivo
che ci connota diversi, gravitazionali compiacenze
i morfemi, il lato che non sondi, erompe da te.
{vero, falso}
Non ho quaderni,
straccio gli annessi fogli
a Morfeo che li traccia.
Delle forme, lui, è il compianto.
Delle transumanze
infinitamente oltre
il corpo e il ritorno
alle opportune sorti.
Dito e macchina
mescolano la disputa
sapiente della tensione.
La natura numeraria
dell’abbecedario divino;
è la scienza
a nascondere la scrittura
di verità sicché binarie
impulso di fattezze umane
e costrutti combinati.
Residui dell’amore
per l’ammanco dei contrasti,
per i nostri occhi
ciechi di ogni senso,
chiedo.