Noi esistiamo nel momento in cui gli altri testimoniano il nostro esistere e le ultime volontà sono la continuzione di questa ontologia.
Ho ripreso questa riflessione leggendo un post molto particolare, dedicato ad un twitting durante un funerale
La documentalità e l’identità digitale
Ogni essere umano è un sistema complesso. Non lo è soltanto perchè la sua architettura fisica è costituita da una sere vasta e numerosa di unità semplici combinate in forme e contesti che hanno modalità e funzioni differenti , ma lo è anche quando la sua forma fisica si astrae e assume i connotati dell’immateriale.
Quando la fisicità si ritrae e resta nello sfondo e il corpo diviene un semplice avatar, un profilo che definisce un piano diverso che è il nostro Essere Sociale, allora la documentalità diviene la fisicità immateriale.
Noi diventiamo oggetti sociali quando comunichiamo all’esterno proprietà formali che ci iscrivono nel contesto e al contrario siamo una serie di oggetti sociali perchè siamo stati iscritti in forme diverse in contesti diversi.
Siamo al tempo stesso lavoratori di un’azienda, mariti, figli, mebri di uno Stato, giocatori di scacchi, studenti ecc.
Ognuno dei nostri ruoli produce una documentazione o allega documentazione, utilizzando mezzi e canali coerenti con il loro contesto.
La nostra identità sociale non è diversa se iscritta online o in un diario cartaceo, è sempre virtuale, perchaè astaibile dal nostro essere corporeo, ma sempre fortemente reale, anceh se frammetnata in contesti e punti di vista diversi.
Se un nostro dito è concretamente sempre un dito, così non è il nostro nome, associato a iscrizioni diverse.
In questo senso parlare di Identità digitale non avrebbe molto senso, forse di identità sociale.
La nostra unità identitaria sarà sempre più formalmente riconducibile a quanto è iscrivibile a noi come corporeità, l’impronta digitale, il riconoscimento dell’iride, il tono della voce …
Alla fine corpo ed extracorporeità saranno ricondotti all’unità proprio per via dell’identità online, per quei milioni di frammenti e tracce che saranno sparsi nel cloud e dovranno reimpacchettarsi nel nostro Essere.
Il diritto all’oblio e il nostro estremo commiato
Tempo fa lessi che lo scenario del turismo prossimo venturo prevede che una nostra identità viaggi al nostro posto, visitando luoghi lontani, accumulando documentazione tattile, visiva, olfattiva, raccogliendo esperienze di vita, morte, sesso . Facendo conoscenze e imparando dai luoghi, lingue, abitudini, regole e nomi. Tutto attraverso qualcosa che potrebbe essere simile ad uno spider che invece di scannerizzare le pagine web e qualche altro tipo di formato virtuale, perlustri i luoghi del Mondo e prenda quello che la nostra sensibilità, senso e cultura avrebbe riportato a casa se fossimo stati lì con la nostra coscienza. Qualcosa riconducibile liberamente all’idea nel film Avatar. Uno scenario che con le conoscenze semantiche in continua evoluzione e la tecnologia sensoriale futura non è impossibile.
La percezione ricondotta alla profondita a cui siamo stati programmati, quello che ignoriamo e non vediamo e quello che capiamo e ci rendiamo palese. Insomma noi possiamo riprodurci per essere dove non siamo.
Magari dove possiamo esserci virtualmente perchè non saremo più.
Ecco quindi il tema affascinante.
La nostra identità digitale potrebbe persistere non solo come sbordante magazzino di nostre tracce sparse nei nostri personale cloud ma, e soprattutto, come un Io cognitivo che continua ad apprendere e fa esperienza in quell’Eterno continuum che è la Rete e l porte di essa sulla Realtà.
Saremo costretti a stabilire se il nostro Io legato al Corpo debba essere prevalente e spenderci per il Diritto all’Oblio, stabilire in un testamento digitale che tutto quello che oggi esiste in rete deve morire con noi.
Determinare che quegli Avatar che in giro nel Mondo Reale fanno esperienza in nostra vece siano spenti e tutta la loro conoscenza dispersa nell’oceano.
Oppure lasciare che vivano continuino a vedere il Mondo con il calibro dei nostri occhi, nasi, recettori tattili, orecchie e percezione della temperatura, dolore, schifo ed emozione, esaltazione e depressione, alterati e imperfetti come lo eravamo in vita, perchè terminato il viaggio le persone che ci hanno amato abbiano ancora da noi un ultimo racconto, un ultimo tweet.