ETF (Exchange Traded Fund), la doppia tassazione sui redditi di capitale e redditi diversi. Etf armonizzati e non armonizzati. Il NAV

Da Mrinvest

Prima di affrontare il discorso un pò articolato della tassazione degli Etf, dobbiamo fare alcune precisazioni e distinzioni.
Gli Etf sono caratterizzati, oltre che dal prezzo di mercato, anche dal NAV (Net Asset Value), che è il valore del portafoglio sottostante, cioè il valore del patrimonio netto per quota. Il Nav viene calcolato alla fine della giornata di Borsa, mentre il prezzo di mercato è in continua e si forma durante le negoziazioni giornaliere.
Gli Etf sono trattati come OICR (Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio, che sono praticamente i Fondi comuni di investimento e le Sicav, cioè le Società di Investimento a Capitale Variabile) e producono tre tipologie di redditi che vanno distinte ai fini fiscali:
1) redditi di capitale (dividendi)
2) redditi di capitale (Delta NAV)
3) redditi diversi (capital gain
– profitto dato dalla liquidazione del titolo, cioè dalla differenza

tra il prezzo incassato alla vendita e quello pagato all’acquisto).
Inoltre, per determinare la diversa imposizione fiscale, è fondamentale distinguere gli Etf in armonizzati e non armonizzati. Sono armonizzati tutti gli strumenti finanziari conformi alle direttive comunitarie europee (UCITS – Undertakings for Collective Investment in Transferable Securities). Quelli che non rispettano le direttive comunitarie sono non armonizzati. Alcuni Etf sono non armonizzati, ma vengono scambiati comunque su certe borse europee. L’investitore privato italiano può acquistare qualunque tipologia di Etf, tenendo presente però alcune differenze importanti a livello di fiscalità.
Analizziamo ora la tassazione:
“Armonizzati”. La maggior parte degli Etf quotati sulla Borsa italiana appartiene a questa categoria. Per quanti abbiano scelto il regime di risparmio amministrato è previsto che su tutti i redditi (sia di capitale sia diversi) derivanti dalla negoziazione di un Etf, venga applicata la ritenuta fiscale, a titolo di imposta, del 12,50%, che viene automaticamente operata dall’intermediario (di solito la banca è sostituto di imposta). In questo caso nessun provento dovrà essere riportato nella dichiarazione dei redditi.
“Non armonizzati”. La questione è un pò più articolata. In regime di risparmio amministrato si hanno due tipologie di reddito:
1) Redditi da capitale. Gli eventuali dividendi incassati e il Delta NAV (la differenza tra il valore del patrimonio del giorno di vendita e quello del giorno di acquisto) formano l’imponibile del sottoscrittore, per cui saranno tassati secondo la propria aliquota Irpef progressiva e dovranno essere riportati in dichiarazione. La banca applicherà quindi una ritenuta fiscale del 12,50% sull’utile solo a titolo di acconto.
2) Redditi diversi. Sulle plusvalenze generate dall’Etf la banca applica una ritenuta a titolo di imposta del 12,50% e non va in dichiarazione.
Facciamo un esempio concreto. Supponiamo di avere acquistato oggi una quota di Etf a 30 euro con un NAV pari a 30,20 e di venderla domani a 31 euro con un NAV a 30,90. Il reddito di capitale è dato dalla differenza dei NAV (30,90 – 30,20) pari a 0,70. Il reddito diverso è invece dato dalla “differenza tra i prezzi di mercato” (31 – 30) meno la “differenza tra i NAV” (0,70) e sarà uguale a 0,30 euro.
Una precisazione. I redditi diversi possono essere compensati tra loro, mentre i redditi di capitale non lo possono essere. Considerando però che la differenza tra il Nav ed il prezzo di mercato di un Etf è piuttosto esigua, è evidente che la maggior parte della plusvalenza o minusvalenza viene considerata un reddito di capitale. Per cui le eventuali minisvalenze derivanti dalla compravendita di un Etf non sono fiscalmente deducibili.


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